Covid: la corsa dei giovani al vaccino e il bombardamento mediatico su di loro

Il racconto della pandemia abusa di slogan e di frasi fatte. All’inizio fu quell’ “Andrà tutto bene” con relativo arcobaleno, esposto da finestre e balconi e tristemente chiusi, seguito da un ”Niente sarà come prima” ripetuto ossessivamente. Entrambi sono stati smentiti dal numero di morti e dai costi sociali, economici ed umani che continuiamo a pagare per l’assenza di riforme o provvedimenti radicali. Tutto è peggio di prima.

Si è fatto ricorso a metafore militari nella “battaglia” contro il virus, nella ricerca di “armi” efficaci. Il vaccino è stato paragonato allo “sbarco in Normandia”, con una rappresentazione troppo semplicistica perché la comparsa di questo nuovo virus, ancora oggi poco definito per origine e in alcune sue caratteristiche, pone problemi complessi, di ordine medico, sanitario, economico, ecologico, etico, sociale, culturale e politico.

Confinamento, “Io resto a casa”, chiusura delle scuole: abbiamo sacrificato, le nostre libertà, i diritti civili e la nostra stessa esistenza si è così trasformata in una condizione sospesa fra la vita e un’infezione incombente, pronta ad ammalarci, ad ucciderci. Unico obiettivo: sopravvivere, difendendo il corpo e rinunciando alla vita affettiva, spirituale, intellettuale. Malattia e isolamento, ansia e depressione. 

Da questo nasce la corsa dei giovani al vaccino, dalla voglia disperata di tornare alla vita come la conoscevamo prima, dal bisogno primordiale di una socialità che è essenziale soprattutto in alcune età. Un bombardamento mediatico: “O ti vaccini o non vai in vacanza, ai concerti, o ti vaccini o non puoi abbracciare gli amici, o ti vaccini o sei un cittadino di serie B”. La possibilità di una libera scelta è annullata dall’assenza di voci critiche, di chi solleva interrogativi, si pone e pone dubbi. Non perché non ce ne siano, ma semplicemente perché non viene dato loro spazio, perché non si può comunicare che questi vaccini riducono ma non azzerano la trasmissione, che sono meno efficaci su alcune varianti già emerse che possono diffondersi velocemente; che non è ancora nota l’entità e durata della protezione da vaccino, che non è stata ancora stabilita la necessità e la frequenza di dosi di richiamo per mantenere l’immunità (già si parla di rivaccinazioni almeno annuali); che ritardando l’età d’insorgenza di una infezione naturale, nei bambini e nei giovani adulti quasi sempre lieve o asintomatica, si espongono quegli individui, con l’avanzare dell’età, a infezioni da Sars-CoV-2 che comportano rischi maggiori e malattie progressivamente più gravi.

“Libertà di pensiero, libertà di scienza, questo è il nostro più alto baluardo e così deve rimanere se vogliamo progredire. Nessun tipo di dispotismo, nessuna regola unica, nessuna soppressione del pensiero” scriveva Christoph Wilhelm Hufeland, medico tedesco (1762-1836).

Per questo i giovani in fila fino a tarda notte, al ritmo della musica da discoteca mi creano grande tristezza, e infinito dolore quando si apprendono dai giornali notizie di reazioni avverse gravi e gravissime dopo la vaccinazione. Il ricordo della confusione sulle controindicazioni di alcuni vaccini in determinate fasce di età, prima negati, poi ammessi, poi liberalizzati in Italia ma non in altri Paesi, svanisce nel sogno di un’estate al mare. Ma alcuni di questi giovani non potranno mai più mettere piede in discoteca.

Fonte: assis.it

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