È appena uscito l’ultimo report Istat sulla situazione libraria italiana per l’anno 2019. Come ogni magno aggregatore, i dati riportati vanno contestualizzati e interpretati. Di certo, però, un’idea di trend, anzi di stato di salute del “mondo libro”, lo fornisce.
Nel 2019 la media di pubblicazioni al giorno è stata di 237 testi, la maggior parte sono state novità e poco meno del 10% le nuove edizioni. Solo il 45,3% di ciò che è stato stampato in carta è stato allo stesso tempo reso disponibile in formato ebook.
Con questa varietà, che lo sappiamo bene non coincide in automatico con qualità, come hanno risposto le persone? Beh, sopra i 6 anni pare che il 40% abbia letto almeno un testo. Se guardiamo tra fasce di età sono sempre i più young a leggere con maggiore intensità e sono soprattutto le ragazze tra gli 11 e i 17 anni il profilo delle lettrici più accanite. Di certo prima ancora che la scuola pare evidente che l’imprinting del lettore lo diano i genitori, dato che 80% di chi legge, rileva Istat, ha figure genitoriali che sono in prima battuta topini da biblioteca. Non sarà quindi un caso che ben il 10% di tutta la produzione libri del 2019 è stata coperta da editoria per ragazzi. Un tipo di settore che sperimenta e traduce anche testi. Un piccolo, grande mondo che permetterà, si spera, di osservare futuri numeri in crescita per chi legge.
Ma se questi sono i dati del pubblicato nel 2019 e tali i profili delle persone che leggono, come – vi chiederete – leggono? Analogico o digitale? Ben oltre la maggior parte, ovvero il 77,2% preferisce il formato cartaceo. Questo potrebbe già spiegare la modesta riconversione anche in formato elettronico delle opere edite. Se poi azzardiamo un collegamento tra popolazione di lettori certamente “non forti” (lettori che leggono meno di 12 libri l’anno) e preferenze cartacee, viene da pensare che strumenti come l’ebook siano legati non solo a fasce di età, e quindi siano da considerarsi strumenti generazionali, ma siano propensione di chi è più o meno attivo alla lettura.
Certo che non parleremmo di tutto questo se non pensassimo che a produrre i numeri di titoli appena visti non vi fossero gli editori. Un mondo composito e vario il loro. Una galassia che comprende oltre 1,706 imprese che hanno come scopo primario la pubblicazione. Di questo mondo fanno parte i micro-editori per il 53% e i piccoli per il 38%. Sono però il 6,8% dei medi e il 2,1% dei grandi editori che coprono il 90% delle tirature annue e oltre la metà della produzione di titoli. Un bel mix di numeri che merita attente riflessioni.
In questa galassia il Covid ha infine avuto un impatto notevole, che sarà rilevato precisamente solo con i report futuri. Alcune evidenze, però, si possono già notare. Se da un lato, soprattutto nella prima fase, si è rilevato il ruolo fondamentale della lettura in quarantena è oltremodo vero che la maggioranza degli editori prevede un fatturato 2020 ampiamente in calo. A questo andrà aggiunto una prima fase pandemica con biblioteche e librerie chiuse, che ha certamente spiazzato o reso impossibile letture nuove a una serie difficilmente conteggiabile di persone.
Questa via lattea fatta di libri, in cui molti sono gli attori in gioco e dove forti sono – anche qui – gli effetti delle nuove tecnologie, dovrebbe essere un punto programmatico nelle agende politiche. Punto che preveda di superare problemi atavici e soprattutto di riporre al centro dello sviluppo del Paese l’intera filiera libraria. Che – vogliamo ricordarlo nuovamente – è fatta da editori, piattaforme, negozi, dipendenti e chiunque prenda un testo in mano.