Rosso intenso, questo il colore assunto dalle acque del fiume Ambarnaya in Siberia. La causa? Ventimila tonnellate di diesel che si è riversato nel corso d’acqua a causa del crollo di un serbatoio di carburante in una centrale termoelettrica vicino Norilsk, nella Siberia settentrionale.
Gli ambientalisti non hanno dubbi: è il più grave incidente di questo tipo nell’Artide. Greenpeace valuta la portata del disastro analoga a quella dell’incidente della petroliera Exxon Valdez, avvenuto in Alaska 30 anni fa.
Putin ha ordinato lo stato di emergenza e ha annunciato di voler concentrare quante più risorse possibili nell’operazione di decontaminazione, ma è lo stesso governo russo ad ammettere che la situazione appare “molto difficile” e c’è chi teme che il gasolio possa raggiungere anche il lago Pyasino, dove si tuffa l’Ambarnaya, e da lì il fiume Pyasina.
A complicare ulteriormente le cose potrebbe essere stato il presunto ritardo di due giorni col quale le autorità sono state avvisate dell’incidente dalla Ntek, la società che gestisce la centrale di Norilsk ed è a sua volta controllata dal gigante Norilsk Nickel, leader mondiale della produzione di nickel.
L’incidente risale al 29 maggio, ma il governatore della regione di Krasnoyarsk, Aleksandr Uss, avrebbe detto di esserne venuto a conoscenza solo due giorni dopo, cioè domenica scorsa, dalle “informazioni allarmanti” provenienti dai social media. La Norilsk Nickel assicura che tutto è stato riferito “in tempo e in maniera appropriata”, ma Putin evidentemente la pensa in tutt’altro modo e davanti alle telecamere della tv russa ha riservato una lavata di capo al numero uno della Ntek, Serghiei Lipin, per il modo in cui è stato gestito l’incidente. “Perché le agenzie governative hanno saputo di questo solo due giorni dopo i fatti? Dobbiamo sapere delle emergenze dai social media?”, ha detto il leader del Cremlino. Gli investigatori russi hanno poi aperto un’inchiesta e preso provvedimenti.
A provocare l’incidente potrebbe essere stato indirettamente il riscaldamento globale che minaccia il nostro pianeta. La zona della centrale di Norilsk è infatti coperta dal permafrost, che si sta sciogliendo a causa delle temperature sopra la media, e – stando alle prime ricostruzioni – il diesel che ha inquinato il fiume Ambarnaya era contenuto in un serbatoio che è crollato perché i pilastri che lo sostenevano stavano cominciando ad affondare nel terreno. Secondo i media statali russi, l’area contaminata è vasta 350 chilometri quadrati e la situazione preoccupa non poco le associazioni ambientaliste. Secondo l’ex vice direttore dell’agenzia federale per il monitoraggio delle risorse naturali, Oleg Mitvol, “non c’è mai stato un incidente del genere nell’Artide” e per rimettere le cose a posto potrebbero volerci tra i cinque e i dieci anni.