Esce domani, 30 agosto, a pochi giorni dal cinquantennale della morte di J.R.R. Tolkien, la nuova edizione riveduta e corretta di Difendere la Terra di Mezzo, il saggio monografico di Wu Ming 4 uscito per la prima volta nel 2013 per i tipi di Odoya, e oggi riproposto da Bompiani. Pubblichiamo qui la copertina e la nota alla nuova edizione. Buona lettura.
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Difendere la Terra di Mezzo è stato pubblicato per la prima volta sul finire del 2013. Ha poi avuto una seconda edizione nel 2018, con l’aggiunta di una seconda appendice e alcune migliorie al testo. In quegli anni in Italia si combatteva una battaglia per liberare J.R.R. Tolkien dalle etichette che gli erano state appiccicate addosso nel corso del tempo – escapista, legittimista, fascista – e con le quali si pretendeva di liquidarne l’importanza nel panorama letterario contemporaneo. Già autore di culto della Nuova Destra negli anni Settanta, poi riscoperto dagli ambienti confessionali cattolici, e infine rilanciato nel mainstream dal cinema hollywoodiano, in Italia Tolkien era considerato dalla critica paludata tutt’al più un fenomeno para-letterario, buono per la sociologia della letteratura.
Il libro nasceva come contributo a quella lotta di riabilitazione compiuta attraverso la critica letteraria, e si presentava nella veste di saggio divulgativo, in linea con i più noti studi internazionali. Si trattava di risollevare Tolkien dalle interpretazioni riduttive che ne hanno garantito la ghettizzazione per decenni, e di collocarlo nel posto che gli spetta nella storia della letteratura e della cultura.
Questa prospettiva non poteva non suscitare la reazione di chi – magari per motivi opposti – avrebbe voluto mantenere l’autore dentro una nicchia identitaria. In una curiosa convergenza di interessi, intellettuali di destra e di sinistra, laici e confessionali, hanno voluto inquadrare la suddetta impresa critico-letteraria come il tentativo di alienare Tolkien dal suo contesto ideale [1], dimostrando così di non cogliere una semplice evidenza. Infatti non c’è mai stato alcun bisogno di negare o stravolgere la concezione del mondo condivisa da Tolkien per riscontrare che la sua narrativa – al pari di quella di altri grandi «arretrati reazionari» [2], come Conrad o Borges – ha un afflato universale proprio perché eccede l’appartenenza culturale dell’autore ed è irriducibile a una mera visione conservatrice o confessionale. La storia stessa della progressiva ricezione di Tolkien nella cultura di massa lo dimostra.
Lo studio e la divulgazione sono andati avanti imperterriti, guadagnando terreno passo dopo passo, tant’è che oggi la battaglia si può dire in gran parte vinta. Da alcuni anni anche nel nostro paese si tengono convegni accademici su Tolkien; si dibatte del suo stile e della sua poetica; si è avviata la ritraduzione della sua opera e la traduzione della parte che ancora mancava all’appello; il suo capolavoro, Il Signore degli Anelli, dopo mezzo secolo, ha avuto una nuova traduzione letteraria, realizzata da Ottavio Fatica. Oggi è raro imbattersi in giudizi superficiali e liquidatori come capitava fino un paio di lustri fa. Tuttavia rimane non poca strada da percorrere, perché, come riscontra uno studio recente, «non è ancora stato trovato un approccio adeguato per integrare Tolkien nella storia della narrativa novecentesca. Esiste ancora un divario tra il mainstream, a cui appartengono gli autori modernisti […], e la marginalità della narrativa fantastica, in cui Tolkien viene relegato» [3]. Questa è una battaglia che si spinge anche oltre il singolo caso di studio, abbraccia un intero genere letterario, e prosegue tuttora.
Allo stesso modo proseguono l’espansione e il radicamento del fandom, che, nell’epoca della cultura partecipativa [4], non andrebbe considerato un ambito separato o contrapposto allo studio critico. L’opera di Tolkien viene vissuta e studiata anche come fenomeno culturale che coinvolge varie generazioni, grazie non solo ai libri, ma anche alle trasposizioni: film, serie tv, giochi e videogiochi. La Terra di Mezzo è ormai parte dell’immaginario contemporaneo e produce comunità di fan in tutto il mondo. Se il testo è sempre anche contesto, e la sua ricezione è in divenire, la ricerca assomiglia sempre più all’osservazione partecipante dell’antropologia culturale, rendendo labile il confine tra chi studia e chi si appassiona a un universo fantastico.
Alla luce di questi progressi, perché ripubblicare Difendere la Terra di Mezzo?
Per almeno tre buoni motivi.
Innanzi tutto, il passare del tempo non ha intaccato la funzione basilare del volume: offrire una panoramica sull’opera di quello che è ormai un classico del Novecento.
In secondo luogo, questo libro rimane un buon viatico per una riflessione critica che privilegi la contestualizzazione storica e le suggestioni letterarie rispetto ad altri tipi di approcci.
Infine, la data simbolica del cinquantenario della morte ha offerto l’occasione per riproporlo proprio all’editore italiano di Tolkien, revisionando e migliorando il testo. Le citazioni sono state aggiornate con le nuove traduzioni pubblicate nel frattempo; alcune formulazioni e passaggi sono stati perfezionati, alla luce degli sviluppi negli studi tolkieniani; la bibliografia è stata integrata; qualcosa è stato tolto, qualcosa aggiunto.
In definitiva, questa versione implementata di Difendere la Terra di Mezzo assomiglia parecchio al libro che era, ma al tempo stesso è un libro nuovo, pronto a essere messo nello zaino di chi vuole intraprendere il viaggio per la Terra di Mezzo.
Bologna, 2023
NOTE
1.Esempi emblematici di questa convergenza sono il libro di Alessandro Dal Lago, Eroi e mostri: il fantasy come macchina mitologica, Il Mulino, 2017, e le posizioni espresse da Vittoria Alliata di Villafranca e Gianfranco De Turris in occasione della ritraduzione del Signore degli Anelli: Cfr. G. De Turris, La guerra dei 50 anni (della sinistra) contro l’antimoderno JRR Tolkien, “Barbadillo”, 28/01/2019; O. Cilli, Giù le mani da Tolkien. Sì alla poesia, no all’ideologia [intervista a V. Alliata di Villafranca], “Il Giornale”, 13/01/2019; S. Parmeggiani, Tolkien, il ritorno della guerra dell’Anello, “La Repubblica”, 19/01/2019.
2. Così Tolkien definiva se stesso: vedi lettera n. 53 in J.R.R. Tolkien, Lettere 1914/1973, Bompiani, 2018, p. 105.
3. T. Kullmann, D. Siepmann, Tolkien as a Literary Artist: exploring Rethoric, Language and Style in The Lord of the Rings, Palgrave Macmillan, 2021, p. 303 [T.d.A].
4<. Cfr. H. Jenkins, Participatory Culture: Interviews, Polity Press, 2019; Fan, blogger e videogamers: l’emergere delle culture partecipative nell’era digitale, Milano, Franco Angeli, 2008; Cultura convergente, Milano, Apogeo, 2007.