Don Pablo: la coerenza del pensiero critico

Questo è un itinerario attraverso la proposta teorica di Pablo González Casanova, le sue creazioni all’interno dell’UNAM e la sua vicinanza ai movimenti sociali e indigeni per i suoi 100 anni di vita. Testi e foto: Daliri Oropeza, traduzione a cura di Lorenzo Faccini. Riprendiamo questo testo in seguito alla morte di Don Pablo qualche settimana fa.

Il comandante Insurgente Tacho parla al microfono di Pablo González Casanova quando il Comité Clandestino Revolucionario Indígena dell’EZLN lo nomina Comandante Pablo Contreras:

“Durante tutti questi anni, abbiamo visto un compagno che non si è stancato, che continua a mantenere lo stesso spirito di lotta e che non si cura degli anni, gli interessa la vita del nostro popolo. Questo compagno non si è arreso, questo compagno non si è venduto, questo compagno non ha zoppicato. Al contrario continua a rafforzare la lotta assieme a tutti noi e per il nostro popolo del Messico”.

L’auditorium dell’allora CIDECI, ora Caracol Jacinto Canek, è pieno. È il climax del seminario “Los muros del capital, las grietas de la izquierda” convocato a San Cristobal de las Casas nell’Aprile del 2017 dall’Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale (EZLN). C’è un gran silenzio nella grande aula che ascolta e riceve in modo inaspettato le parole della comandancia.

“Questo compagno per noi si chiama Pablo Contreras, e come diceva bene il subcomandante Moiés: il regalo è che gli daremo più lavoro (…) che continueremo a lottare, non è che qui si finisce, continueremo a lottare e pertanto questo compagno si integrerà in questo grande collettivo, a questa grande squadra del Comité Clandestino Revolucionario Indígena- Comandancia General (CCRI-CG)

In questo momento il silenzio pieno di aspettativa si ruppe in una grande ovazione. Ogni integrante della Comandancia, dalla bambina Esperanza Zapatista fino agli anziani, sollevò la sua mano sinistra alla fronte guardandolo negli occhi per dare il benvenuto, alcuni fermamente con forza e convinzione altri con un tenero abbraccio, al nuovo integrante, che aveva da poco compiuto 96 anni. Tutti fecero loro eco e si aggiunsero al saluto della Comandancia per più di cinque minuti.

Il Subcomandante insorgente Moisés aveva descritto in un precedente messaggio come, per essere parte del CCRI-CG, non c’è da dire alla gente quanto lavori né andare di villaggio in villaggio in campagna. Tutto il contrario. Bisogna lavorare, affinché lo stesso villaggio riconosca il lavoro e ti nomini, con più lavoro. Senza paga. Ascoltare per portare e restituire la parola. Trascorrere i compleanni nella lotta.

“A noi che stiamo al fronte della lotta, non importa dove siamo, l’importante è che stiamo lavorando per la vita del nostro popolo e questo lo abbiamo chiaro”, ha detto poi Tacho durante la nomina.

In questo seminario del 2017, l’EZLN assieme al Congresso Nazionale Indigeno appoggiavano la campagna di Marichuy, processo nel quale Don Pablo fu molto attivo con l’Associazione Civile “È arrivata l’ora della fioritura dei popoli”.

Ancora prima di sapere che sarebbe stato nominato comandante, Pablo González Casanova ha prodotto una riflessione per il seminario sulle trasformazioni che lo zapatismo del Chiapas ha causato:

“È quello che non vogliono fare con i popoli indigeni sin dalla conquista: non vogliono capire che qui si pensa con più profondità che in qualsiasi altra regione del mondo. O come in poche regioni del mondo, per essere modesti. Questa trasformazione della realtà è una trasformazione che produce novità su tutti i piani, nell’arte, nella filosofia, nella politica, nell’approccio e nell’utilizzo di tutte le risorse, nei generi letterari teatrali, appare un nuovo mondo. Quello che lo zapatismo sta costruendo è un progetto che può salvare l’essere umano e la vita della terra. Con Cuba e Venezuela, uno dei tre progetti attraverso i quali l’America latina sta contribuendo alla sopravvivenza dell’essere umano”.  

Fu anche invitato da Fidel Castro in varie occasioni, sottolineando il discorso che fece il Primo Maggio 2003 a L’Avana, a proposito di “Ya es de Abajo” e a proposito di un incontro internazionale di Artisti e Intellettuali a difesa dell’Umanità e contro il Neoliberalismo.

Una sociologia degli sfruttati

Pablo González Casanova è un teorico accademico fuori dal comune. Ha studiato contabilità nella Scuola Bancaria e commerciale, laurea in Storia alla Scuola Nazionale di Antropologia e il Collegio del Messico e poi il dottorato in Sociologia alla Sorbona di Francia. Al suo ritorno ha cominciato ad insegnare e 15 anni dopo pubblicò una delle sue opere più importanti: La Democrazia in Messico. 

“Lui si forma una visione propria del pensiero sociologico nella quale somma una visione eterodossa del marxismo, pone al centro lo sfruttamento, o meglio, la lotta di classe e lo sfruttamento, alle quali somma la Sociologia Empirica nordamericana e la matematica” descrive Luis Hernández Navarro, coordinatore de La Jornada, il quale conosce da vicino don Pablo da più di 30 anni. In questa parte empirica, Pablo González Casanova è stato molto vicino ai movimenti sociali, indigeni, operai e studenteschi. Alleato della Rivoluzione Cubana e dal 1994, assieme J’tatik Smuel Ruíz, vescovo di San Cristobal, pensatore vicino all’insurrezione zapatista. Ha avuto un ruolo fondamentale, dalla formazione della Commissione Nazionale di Intermediazione (Conai) sino ai dialoghi di San Andrés e oltre.

“Da molto tempo Don Pablo insiste su questo concetto della lotta per la vita come un asse centrale della lotta dei nostri tempi. Questo è un altro aspetto permanente del suo lavoro e quando nasce l’Altermundismo nel 1999 a Seattle, lui interpreta un ruolo fondamentale nel cercare, nel pensare questo tipo di movimenti sociali. Dar loro spinta assieme a pensatori che inoltre sono suoi amici: Samir Amin, Immanuel Wallerstain, François Houtart, i quali giocano anch’essi un ruolo molto importante nel mondo dell’Altermundismo” ricorda Luis Hernández Navarro.

Secondo Guadalupe Valencia García, coordinatrice di Scienze Umanistiche alla UNAM, “in Don Pablo abbiamo un intellettuale indefinibile per la sua complessità, perché è realmente un erudito, è un intellettuale che è cittadino del mondo nell’accezione più ampia del termine, perché non c’è un tema o problema, che sia un tema umano, sociale, un tema che abbia a che vedere con la disuguaglianza, con la giustizia, con la dignità che non sia di suo interesse”. 

Valencia lavora come ricercatrice e accademica al fianco del sociologo dagli anni ’80. È stato presente in prima fila alla sua nomina come direttrice del CEICH e ora nel suo incarico come coordinatrice. Per lei, Pablo González Casanova è un intellettuale dal pensiero complesso, dallo sguardo complesso.

“Don Pablo è uno dei più grandi intellettuali latinoamericani viventi. Creatore di un pensiero ricchissimo e eccezionale nel quale si incrociano Socialismo, democrazia, questione nazionale, con una grande originalità e ricchezza” secondo Luis Hernández Navarro.

Gli studi e le ricerche di González Casanova iniziano con la storia delle idee e passano per la Sociologia della Conoscenza del Pensiero Francese sull’America quando studiò a Parigi. Da lì passò all’Utopia della Modernità ed è la prima tappa del suo pensiero che, il suo amico e collega Raúl Romero chiama Sociologia della Conoscenza e Storia delle Idee.

Itinerario sulle sue teorie: dalle scienze ai movimenti

Negli anni ’60 Pablo González Casanova si orienta verso la Sociologia dello sfruttamento e gli Studi sulla Democrazia con le quali arriva ad una tesi chiave dei suoi postulati: il tema del colonialismo interno. Questa proposta teorica aiuta a spiegare la dominazione, non solo il colonialismo esterno ma come si replica tra classi ed etnie all’interno dello stesso paese. 

“Don Pablo aiuta rompendo con i dogmi della sua epoca, non solo recupera l’analisi dialettica e il pensiero marxista ma in più li incorpora nell’analisi empirica con il rigore scientifico che acquisisce in molte università degli Stati Uniti e in Francia dove insegna come professore e ricercatore” descrive Raúl Romero. 

In tutta la sua proposta teorica, ha affrontato campi di ricerca come la democrazia, il potere, la resistenza, le lotte, i movimenti sociali o le lotte di liberazione in America Latina. Tra la fine degli anni ’80 e l’inizio degli anni ’90 adotta il tema delle analisi dei sistemi sul quale ebbe un dialogo importante con Immanuel Wallerstein, Samir Amin e François Autard, rispetto al pensare il mondo come un sistema nel quale le scienze della complessità e i sistemi impartiscono anche il pensiero critico. Costruisce inoltre una conoscenza rispetto al sistema mondo ed al modo di pensare nei movimenti anti-sistemici e le alternative per un cambiamento. 

Raúl, il quale ha seguito da vicino le ricerche González Casanova afferma che “in questa tappa della sua ricerca sviluppa anche uno dei suoi libri chiave, Le nuove scienze e le discipline umanistiche dall’Accademia alla politica, dove finisce per sviluppare questa idea di come il Pensiero Critico debba nutrirsi anche delle Scienze della Complessità, di una Rivoluzione Scientifica, dice, di Tecno-Scienze e Nanotecnologie che aiutano, che contribuiscono a generare nuove alternative politiche organizzative”.

“Lascia il segno avendo trasformato l’UNAM in un centro intellettuale, un nodo intellettuale mondiale. Qui, non più rettore ma direttore delle istituzioni che coordinava quali Scienze Politiche, l’Istituto e il Centro. È un grande convocatore oltre ad essere riconosciuto come un uomo che crea istituzioni, come un intellettuale che ha in sé una traiettoria di lavoro impressionante. Ha anche una capacità di convocazione che lascia il segno nei lavori collettivi e ha anche questo riconoscimento morale da parte di tutti: accademici, dirigenti”, afferma la coordinatrice di scienze umane della UNAM.

Don Pablo è il primo dottore in Sociologia del Messico. Grazie a lui la sociologia si separa dal Diritto e dalla Filosofia, fonda il proprio sguardo e il proprio modo di procedere per comprendere il mondo in modo critico, sempre con rigorosità empirica, che permea l’UNAM in accordo con l’amica e collega Guadalupe Valencia.

CCH: una nuova forma di apprendere

Pablo González Casanova è fondatore del Collegio di Scienze e Scienze umanistiche e del suo modello pedagogico, con una visione di apprendimento collettivo e di intelligenza collettiva.

In queste scuole, il centro della cultura pedagogica è in Scienze dei materiali, Scienze della vita e Scienze umane, con un profilo molto multidisciplinare e inclusivo. 

Luis Hernández, coordinatore di La Jornada e editore di Don Paolo la descrive come un’iniziativa che cerca di promuovere lo studio a partire dall’idea di vincolare la teoria e la pratica: 

“Un’educazione che non si basi sull’apprendere a memoria ma che metta al centro le letture, i dibattiti, la partecipazione degli studenti al loro stesso processo educativo costruendo discussioni, conferenze, facendo ricerca. Un sistema di moduli. Quella che a un certo punto è stata una vera trasformazione” assicura. 

Secondo Raúl Romero, ricercatore del CEIICH, “Don Pablo ha un peso chiave nell’UNAM, nelle università e nel settore dell’istruzione, non solo per la sua innovazione, insisto, così come lo è stata la creazione dei Collegi di scienze e scienze umane e l’Università Aperta e a Distanza, dove uno dei suoi slogan, nei suoi discorsi da rettore e poi come piano di lavoro, diciamo, è sempre stato “Migliore educazione per più persone””. 

“Don Pablo è importante e rispettato per molti motivi, uno è per l’eredità istituzionale che lascia: è l’ideatore del CCH (Collegi di Scienza e Scienze umanistiche), che ancora oggi è uno dei nostri tesori, in termini di forme di insegnamento e in termini di formazione di una cultura, in un nuovo modo di apprendere”, afferma Guadalupe Valencia.

Dal ’68 al ‘99

Raúl Romero ha studiato al Collegio di Scienze e Scienze umanistiche Sud. Racconta che tra gli insegnanti e gli studenti il ​​​​suo nome veniva ripetuto con rispetto come uno dei fondatori. Da lì ha dovuto vivere lo Sciopero UNAM del ‘99 in difesa della gratuità dell’istruzione.

Guadalupe Valencia racconta l’aneddoto di quando gli scioperanti sono entrati nel CEIICH, sono arrivati ​​alla Humanities Tower II e sono saliti al quarto piano per sgomberarli. Volevano chiudere la struttura. Ricorda che stavano chiudendo a poco a poco prima le facoltà, le scuole, poi istituti e centri. Racconta che González Casanova era il direttore e gli fu detto: ‘Don Pablo, ci sono gli scioperanti’ e lui disse —descrive Guadalupe— così: “Apri l’auditorium, che entrino i ragazzi”. Passarono e si sedettero per ascoltarlo.

“Portate libri su quello che facciamo qui”, ha detto il ricercatore e ha regalato loro dei libri: “Guardate qui analizziamo il mondo, la società, il paese, la disuguaglianza” e ne ha dati loro. “Questo è quello che vogliamo fare qui.” Lo hanno ascoltato, sono andati in un auditorium, si sono seduti a un tavolo guardandosi in faccia. Rimasero in silenzio. L’hanno ascoltato e sono stati sfrattati comunque. Ma rispettavano Don Pablo e ringraziavano per i libri.”

“Ha tentato questo dialogo perché ha compreso anche le ragioni profonde del movimento. Quel gesto di dare loro dei libri mi ha molto colpito perché non era il direttore che usciva per discutere ma piuttosto usciva per dire: “Guarda cosa stai cercando di chiudere”, dice Valencia.

Raúl sottolinea che González Casanova, nel 1966, fu nominato direttore dell’Istituto di Ricerca Sociale dell’UNAM, con il movimento che sarebbe culminato nel 1968, e fu rettore dell’UNAM tra il 1970 e il 1972. Gli studenti riconoscevano già nella sua carriera che egli era una persona vicina al Movimento studentesco del 1968. La maggior parte dei rettori dell’UNAM sono stati avvocati o medici, motivo per cui Don Pablo si distingue nella sua gestione, per essere un giovane sociologo.

Il movimento del 1968 per il dottore in sociologia “è una delle tappe più incredibili della mia vita. Mi ha dato l’opportunità di vivere l’Università in modo molto profondo” e l’intero Paese era in un momento politico difficile, quella crisi si stava delineando tra i giovani di tutto il mondo, si è espressa soprattutto nel campo universitario e il nostro è stato uno degli atenei che ha manifestato quella crisi con più forza, con più presenza del movimento studentesco.

“Ho avuto l’opportunità di vedere lo spirito universitario” dice Don Pablo in un documentario.

Si trova di fronte a situazioni molto complicate come rettore per continuare a mantenere viva l’autonomia, la gratuità e, dall’altro lato, il radicalismo dei movimenti sociali che sono nati lì. Dal punto di vista di Luis Hernández Navarro, “deve intraprendere un progetto per un’università di massa, in questo contesto di un ateneo che avanza nei suoi progetti di democratizzazione ma in un momento molto difficile del Paese”.

“Che Don Pablo, a quel tempo ancora Direttore del Centro di Ricerca Interdisciplinare in Scienze e Scienze Umane, da lui stesso fondato, appoggiasse o esprimesse la sua posizione contro l’aumento delle tasse all’UNAM, rappresentava l’incarnazione, nella figura di Don Pablo, non solo di una tradizione del pensiero critico latinoamericano, ma anche di una tradizione di università laica, pubblica, scientifica, critica, autonoma, che si incarnava anch’essa nella figura di Don Pablo, il quale accompagnava e sosteneva la critica che il Movimento studentesco faceva in quel momento.”, afferma il sociologo ricercatore Raúl Romero.

“Essendo direttore ero anche studente, cosa che feci molto quando ero rettore, non ho mai studiato tanto all’università quanto in quel periodo pieno di incidenti e cose meravigliose” narra González Casanova in un documentario.

“Non ho mai fatto lezioni con lui però è il mio maestro, letteralmente, se ho un maestro nel mondo delle scienze sociali, della Storia, della Sociologia è Don Pablo” assicura enfaticamente Luis Hernández Navarro.

La sua coerenza e la Teoria della Selva

“Il progetto che è nato in queste terre è un progetto universale, una volta che sono riusciti ad essere visti, e lo hanno fatto con la forza, usando la forza affinché li vedessero. Dopo hanno fatto tutto il possibile, e io sono qui visibilmente dal 1994, perché qui non hanno fatto altro che lottare per un cambiamento pacifico”, ha detto don Pablo agli zapatisti prima di essere nominato comandante nel seminario “Los muros del capital, las grietas de la izquierda”.

“Quando gli zapatisti lo nominano Comandante Pablo Contreras, beh, è ​​il risultato di un reciproco incontro di ascendenza, direi: “andata e ritorno”, giusto? di un enorme rispetto da parte dei comandanti nei suoi confronti per quanto si vede all’esterno. È come il punto di arrivo di un processo di incontro, convergenza, un riscontro naturale”, dice Luis Hernández Navarro, giornalista e scrittore de La Jornada, che quel giorno scrisse la cronaca.

Nelle sue ricerche più recenti, Don Pablo abbonda in qualcosa che definisce la Teoria della Selva e consiste nel riconoscere gli apporti filosofici dei popoli indigeni. Guadalupe lo descrive:

“Don Pablo sta innovando e in modo molto importante quando riconosce nello Zapatismo una Teoria della Natura Universale, una teoria politica che chiama la Teoria della Selva con un potenziale… non solo con un potenziale di analisi ma come un indescrivibile potenza politica, nella misura in cui fonda ogni altro modo di guardare il mondo e di fare politica”.

«È affascinato dallo zapatismo, lo affascina davvero intellettualmente, e penso che lo catturi affettivamente, è un neozapatista convinto. E questo lo porta ad agire, no? In difesa dello zapatismo ma anche a teorizzare, non tanto teorizzare quanto capire e difendere l’idea che vi sia contenuta una teoria di carattere universale, la Teoria della Selva, che si fonda su un’idea di potere come nuova forma di democrazia dove si comanda obbedendo, dove il “noi” prevale sull’individuo e dove la delibera si afferma sulla rappresentanza come la forma più completa di democrazia”, così la interpreta Guadalupe.

“La Teoria della Selva lo richiama a quello che faceva, a quello che gli zapatisti stanno formulando e che lui riconosce come valore teorico, non solo come valore propagandistico o come valore politico-ideologico, sebbene lo abbia anche. In questo senso è un grande innovatore e uno che osa riconoscere in quel contesto ciò che altri non possono riconoscere” afferma la coordinatrice di Scienze Umanistiche.

“Don Pablo dice che la nomina della Comandancia è stata una delle emozioni più grandi che abbia vissuto. Dice sempre che il suo post dottorato l’ha fatto nella Lacandona e questo è molto interessante perché racconta come non sia solo un insegnante, ma un insegnante che continua a imparare”, dice Raúl Romero.

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