Eccedenze produttive: per un’analisi marxista dell’autoritarismo pandemico e di guerra

di Nico Maccentelli

Prologo

La società dello scambio (valore di scambio) nel passaggio al dispositivo o pass che discrimina, seleziona, divide e e gerarchizza il corpo sociale aggredisce ed elimina quella conquista fondamentale, nata con le rivoluzioni della seconda metà del millennio scorso, in cui prendeva corpo il diritto universale dell’essere umano a essere uguale davanti alla legge e ai diritti più elementari, affrancato cioè dalla subalternità verso i nobiili, ma anche da quella pervasività nscente mercantile (mercatista) propria del capitalismo e che tendenzialmente non conosce limiti. I limiti erano stati posti dalla forza materiale delle classi popolari che si ergevano a rompere le catene dello sfruttamento della servitù della gleba, divenendo cittadini da sudditi che erano stati. Or bene il processo che si compie oggi è esattamente l’inverso e nello scambio diritti per comportamento la società dello scambio totale arriva a permeare l’intero corpo sociale, le istituzioni, divenendo società disciplinare e del controllo. Il citoyen torna suddito, non più di un re per virtù divina, ma di sua maestà le capital in virtù della sua potenza, non più di una classe nobiliare per titoli, ma di un’oligarchia per censo.

In questo intervento tratterò di ECCEDENZE PRODUTTIVE. Infatti, alla faccia di chi in tutti questi mesi ha cercato di scollegare l’emergenza vaccinale e le restrizioni culminate nel green pass come una sorta di necessità dovuta alla pandemia, non ha capito proprio nulla dei dispositivi messi in atto dal capitalismo e delle nuove forme di fascismo biopolitico finalizzate al controllo sociale e al disciplinamento della popolazione per mezzo della discriminazione, del ricatto e della trasformazione dei più elementari diritti come persino il lavoro (che solo diritto non è ma necessità per sopravvivere) in premi sulla base dei comportamenti.

ECCEDENZE PRODUTTIVE dicevo, sì perché la storia del capitalismo della sua riproduzione sociale, ossia dei suoi processi di riproduzione della società è fatta di eccedenze produttive, ossia di una massa di forza lavoro eccedente che, proprio perché eccedente, fa entra in concorrenza i lavoratori tra loro e abbassa così il potere contrattuale. Dunque una forza-lavoro il cui costo e condizioni di lavoro e di vita si abbassano in funzione dei profitti del capitale. Per questo questa storia è storia della lotta di classe, di contesa tra borghesie e capitalismo da un parte e proletariato e masse popolari subalterne dall’altra sulla ripartizione della ricchezza sociale.

Le ECCEDENZE PRODUTTIVE pertengono ciò che determina profitto, salario e condizioni di lavoro, ossia il potere contrattuale della forza-lavoro. Ma più in generle, se consideriamo il salario come attuale, differito e indiretto, il conflitto tra classi sociali riguarda anche la ripartizione della richezza sociale, quanto cioè diviene reddito e servizi e quanto rendita. Tutta la lotta di classe si basa su questa contesa, determinando i rapporti di forza tra classi, gruppi sociali, sino a raggiungere una dimensione politica nella coscienza e nell’organizzazione di classe e divenire lotta per il potere politico, nell’intera società. Tale dimensione informa la classe da classe in sé a classe per sé.

Le eccedenze produttive in ultima analisi allontanano i mezzi di produzione dall’appropriazione sociale, collettiva. dalla loro gestione popolare socialista. Non è solo un fatto contrattuale. Ciò contrasta la necessaria socializzazione epocale dei mezzi che riproducono la società.

Ecco allora cosa sta alla base di questa torsione autoritaria che abbiamo vissuto con l’avvio della fase pandemica da covid-19, fino al passaggio dei conflitti intercapitalistici su scala internazionale da tendenza alla guerra imperialista a guerra vera e propria tra NATO e Russia verso il terzo conflitto mondiale, anche se ancora camuffata da guerra Ucraina-Russia. 

Ma se partiamo dall’avvio del tentativo egemonico delle élite mondialiste atlantiste avviato con la pandemia, quella che viene chiamata impropriamente “dittatura sanitaria”, non è altro che la dittatura del capitale su ogni ambito sociale. Il ricatto, le restrizioni, l’esautoramento delle vecchie democrazie borghesi, ritenute inadeguate dai poteri forti della Trilateral e del Bilderberg già qualche decennio fa, questo combinato bio-autoritario, consente di condurre con successo sia una guerra interna che annichilisce i settori sociali in una sorta di controrivoluzione preventiva a tenaglia: istituzioni, partiti di regime, sanità privatizzata di fatto e media mainstream, che una guerra esterna nella crisi strutturale di capitale che già dalla fine del secolo scorso attanaglia il capitalismo costringendolo a cure non risolutive. 

Le eccedenze produttive di capitale fisso e quelle di capitale variabile, ossia mezzi di produzione e forza-lavoro eccedenti in questo passaggio possono venire distrutte per la terza volta (guerra imperialista) nel tentativo di effettuare una “demolizione assistita”, una guerra glocal, ossia globale ma circoscritta al nostro continente.

Ma vediamone i vari passaggi.

Non sappiamo e forse non sapremo mai se questa pandemia sia stata voluta e creata da circoli ristretti a guida statunitense delle classi dirigenti a livello mondiale. Ma quello che ormai possiamo dare per assodato è che l’uso che il capitale monopolistico finanziario e i suoi esecutivi hanno fatto di questa pandemia è stato in direzione di una grande ristrutturazione capitalistica che non ha coinvolto solo le catene del valore, la produzione e la circolazione del capitale, ma i rapporti sociali stessi in un cambiamento antropologico devastante.

Concentrazione di capitali, assoggettamento delle economie locali alle filiere delle multinazionali (la cd amazonizzazione), vedi i lockdown e le regole paranaziste sull’economia di prossimità, sono gli elementi fondativi di una nuova società irrigimentata alla pura logica del profitto dei grandi gruppi finanziari e multinazionali.

In questo processo autoritario di vera e propria guerra sociale interna, tutte le tecniche per gestire con efficacia un esercito industriale di riserva e precario si sono condensate nell’avvio di un dispositivo interoperativo con il quale il comando capitalista potrà decidere come usarlo e quando per concedere diritti o toglierli, selezionare, discriminare: aspetto essenziale per mettere in concorrenza la forza-lavoro, ricattarla per renderla sempre più flessibile e creare un mondo dove persino i bisogni primari diventano un optional, ossia condizionati allo scambio diritti e servizi per comportamenti. Mi riferisco a quello che Osvaldo Costantini in un recente e mirabile intervento su Carmillaonline definisce: «creazioni di differenze all’interno del corpo proletario mediante la gerarchie delle cittadinanze» e ancora specificando: «… il bisogno costante del capitalismo di creare un sistema a geometria variabile che produca una gerarchia sociale nella popolazione, in modo da estrarre plusvalore dalla diversità» e «Una sostanziale e continua operazione di creazione di barriere all’esercizio di diritti e al mantenimento degli status che, seguendo David Harvey, possiamo notare onde svelare la diffusa abitudine del capitalismo a prosperare sulla produzione della differenza»(1)

Dunque le eccedenze produttive, che da sempre il capitale gestisce per abbassare i salari e intensifcare lo sfruttamento, in Italia sin dal pacchetto Treu fino al renziano jobsact, giocano un ruolo fondamentale in questo avvio dell’autoritarismo bio-politico e ipertecnologico. Se da una parte infatti, si attacca il piccolo capitale imprenditoriale, il lavoro autonomo con le restrizioni, dall’altra si annichilisce ogni possibilità rivendicativa e di ricomposizione politico-sindacale del proletariato combinando in un mix devastante per il corpo sociale e operaio dispositivi ben collaudati di scomposizione delle soggettività con quelli nuovi utilizzati con la pandemia.

Il green pass, che oggi si chiama così, domani avrà altri nomi con altre modalità di controllo premiale o sanzionatorio, ha fatto da apripista verso il dispositivo interoperativo. Mentre schiere di illustri marxisti, una vasta compagneria non capiva neppure quanto fosse necessario e vitale difendere i milioni di lavoratrici e lavoratori messi a casa senza stipendio perché non volevano vaccinarsi. Il tutto nel nome di una necessità emergenziale completamente gestita dal capitale: dalle cure negate per imporre alla popolazione i sieri, ai megaprofitti.

Questo dispositivo interoperativo che potrà decidere se puoi avere un alloggio o te ne devi andare come sta sperimentando l’ACER di Fidenza dopo aver azzerato il punteggio, o se meriti un premio perché non hai avuto multe, come sta sperimentando il comune di Bologna con un inizio soft, è l’espressione più sofisticata di gestione delle eccedenze produttive, in grado di colpire ed emarginare chi si oppone e disobbedisce, in grado quindi di imporre la pax del capitale anche per la sua guerra imperialista, anche per la guerra esterna: la guerra interna in funzione della guerra esterna.

Ma di più: in un’era in cui il capitalismo si rivela pura accumulazione per il profitto, senza alcuna funzione positiva per l’umanità che diviene secondaria se non azzerata, le spinte conflittuali e le tensioni sociali vanno preventivamente contrastate. Questo dispositivo interoperativo separa ancora di più i mezzi di produzione, della riproduzione sociale, dalla forza-lavoro, già prima menzionati, poiché aumenta notevolmente il potere del capitale sui lavoratori e nella società in genere, aggiungendosi come dispositivo di comando a quelli già utilizzati sulle eccedenze produttive in tempi normali.

Come vedete l’approccio che abbiamo dato alla nostra scelta di sostenere e lottare con il movimento contro il green pass e l’obbligo terapeutico è tutt’altro che una scelta circoscritta alla dimensione sanitaria.

Questa ristrutturazione sociale, sul piano marxista, è paragonabile all’accumulazione originaria descritta da Marx nelle enclosure del capitalismo pre-industriale, in cui la terra veniva alienata ai contadini che si inurbavano trasformandosi in forza-lavoro, formando una sovrappopolazione sempre più ricattabile in quanto già da allora eccedenza produttiva. Una massa di forza-lavoro eccedente per questa ristrutturazione digitale e delle filiere andrà a peggiorare il potere contrattuale dei lavoratori e la miseria sociale sempre più dilagante. Se prima avevamo “semplicemente” le delocalizzazioni e la progressiva espulsione dai cicli produttivi di manodopera nell’aumento del capitale fisso, oggi la devastazione delle piccole e medie imprese a favore dell’amazonizzazione, della concentrazione dei capitali nella catena del valore, rappresenta uno scarto epocale avviato con la gestione capitalistica di questa pandemia.

Sempre Osvaldo Costantini osserva:«uno dei pilastri del capitale è la sottrazione di autonomia delle popolazioni nell’accesso ai mezzi di sussistenza, più precisamente la separazione tra la forza lavoro e i mezzi di produzione; una operazione mediante la quale la forza lavoro è trasformata in merce tra le merci. Brutalmente riassunta in questo modo la famosa accumulazione originaria di Marx, su di essa va costruita la necessaria riflessione che tale processo sembra essere in costante e continuo funzionamento all’interno dello stesso controllo capitalistico della riproduzione sociale (più o meno la tesi di David Harvey della accumulazione per spossessamento)» (2)

E ancora Marx sulla classe operaia inglese e le contraddizioni con quella migrante irlandese (3) con criteri di gerarchia e divisione nei diritti, nelle paghe, nel lavoro stesso, ma soprattutto di divisione per imperare. Come non leggere infatti, la diversa scelta fatta in materia di vaccinazioni e di accesso con il green pass allavoro stesso, se non una grande divisione capitalistica tra lavoratori e nel sociale tra la stessa popolazione a partire dai settori più disagiati e subalterni?

Le tecniche di controllo della produzione, di determinazione dei costi della forza-lavoro li abbiamo già visti attraverso l’attacco ai bisogni e ai diritti delle parti più deboli del proletariato. Come il diritto di cittadinanza e il relativo permesso di soggiorno per i migranti quale strumento di gestione del mercato del lavoro con l’immissione di forza-lavoro a basso costo, creando precarietà diffusa, divisione nella classe su basi razziali, zero diritti sul lavoro e bassi costi di produzione. Aspetto che i vari sovranisti non hanno compreso proseguendo con questa divisione oscena tra autoctoni e migranti, quando invece è l’unità di tutti i lavoratori salariati e precari a essere il centro di un’opposizione anticapitalista.

Stessa logica del green pass è il decreto Lupi che attacca il diritto all’abitare, attaccando quei comportamenti trasgressivi che puntano alla riappropriazione di condizioni di vita minimali attraverso le occupazioni abitative. La tecnologia digitale, biometrica, la concentrazione dei dispositivi di controllo in un unico dispositivo interoperativo, riassume tutte queste esperienze biofasciste, creando giorno dopo un giorno un grande frankenstein foucaultiano che trasforma le istituzioni e le relazioni sociali stesse in istituzioni totali, governate non dall’essere umano, ma da tecnomacchine, computer, reti di dati, algoritmi che determinano cosa puoi o non puoi fare in base a parametri di volta in volta prefissati. Detto per inciso, il credito sociale cinese, sul quale non mi dilungo, è un’esperienza all’avanguardia per il comando del capitale sulla forza-lavoro e sul controllo sociale della popolazione, che ci fa dire che non è questo il socialismo che vogliamo.

Questa chiave di lettura sostanzialmente materialistico-dialettica, ci porta a vedere i movimenti reali che hanno fatto irruzione nella società in opposizione a questi dispositivi di controllo e discriminatori in due anni di restrizione, come elementi di un’autonomia popolare, operaia. Nella lotta dei portuali di Trieste non abbiamo visto i santini e i rosari, ossia il sostrato culturale che permea la classe da decenni di subordinazione al mainstream e alla religione, ma il tentativo di esercitare rigidità di classe, incidendo in un ganglio vitale della catena del valore del capitale: la circolazione delle merci.

La sovraneria vede solo gli interessi degli autoctoni e rappresenta un’opzione nazionalista, mentre non sono gli interessi corporativi, non sono i confini e le culture, le etnie a essere elemento dirimente questa contraddizione che è di classe e non nazionale, bensì internazionalista e meticcia, da campi di Foggia a Parigi, dai riot di Amburgo a Manchester, a Lisbona.

Invece la compagneria vede le schifose discriminazioni sui migranti ma non quelle su milioni di lavoratori messi a casa senza stipendio, vede le lotte della logistica, ma solo quelle che non mettono in discussione la sua credenza quasi religiosa su una scienza neutra, su un scientismo fideistico, un ossimoro. Quindi ecco le distanze dalla lotta dei portali triestini, quasi fossero degli ammorbati, che di già sarebbero no vax, no?

Invece di lavorare politicamente nei movimenti per come essi si presentano si fa del facile sociologismo: quelli sono fascisti, terrapiattisti, oscurantisti e via dicendo. Per questo l’assemblea antifascista contro il green pass, forse per intuito e necessità di liberazione più che per analisi, ha saputo andare oltre questi pregiudizi che stanno ammazzando la sinistra di classe. Il suicidio finale di chi da anni non esce dal suo guscio autoreferenziale.

È per questo che oggi, il controllo sulla popolazione accumulato con l’esercizio dispotico delle restrizioni con la censura e la propaganda dei media di regime, e con l’ignavia complice delle forze politiche che si dicono d’opposizione, la guerra interna per ora vinta serve quella esterna con le medesime pratiche di criminalizzazione del paria: dal no vax al filo-putin. E l’opposizione contro la guerra ha un vulnus nell’incomprensione di questi due anni di attacco autoritario, di stravolgimento della convivenza civile, dei diritti nati con i citoyen del 1789.

Senza lotta alla gestione autoritaria e ai dispositivi di comando come il green pass, non può esservi una reale lotta contro la guerra. Senza la disobbedienza e il boicottaggio per riappropriarci della nostra vita sociale non ci può essere diserzione dalle logiche della guerra. Le liturgie del comando sono le medesime. Non si può fare una lotta a metà, glissando su uno degli aspetti costitutivi oggi del dominio capitalistico sui lavoratori e sulla società.

Unità popolare contro il capitalismo biofascista, e guerrafondaio significa questo.

In definitiva l’eccedenza produttiva, l’eccesso di forza lavoro è la condizione strutturale del rapporto capitale/lavoro, su cui si articola poi un reticolo di dispositivi che selezionano, gerarchizzano, sanzionano, premiano, escludono o includono. 

Ma le eccedenze produttive sono anche destinate al macello della guerra. Ossia lo sbocco alla crisi del capitalismo. Sono fattore fondamentale nella gestione autoritaria della pandemia ai fini del comando sulla forza-lavoro e nel contempo possono essere “smaltite” nella guerra che oggi può estendersi a tutto il continente con armi nucleari tattiche.

Con l’avvento dell’autoritarismo biopolitico, della sorveglianza e del controllo sociale le eccedenze produttive, articolate in una massa precaria, precarizzata, vanno schiacciate con un sistema interoperativo ad algoritmi che decide automaticamente chi e cosa in base ai comportamenti. I centri di comando del capitalismo, dei suoi apparati statali definiscono i criteri e le modalità del controllo e della selezione sulla massa precaria e in generale, precarizzando e gerarchizzando ancora di più il corpo sociale. Poi il dispositivo interoperativo opera con un “pilota automatico”, formattato sugli obiettivi da conseguire. Che una prassi luddista post-industriale e anti-transumanista diventi l’espressione della resistenza popolare collettiva (e individuale nelle circostanze di vita di ognuno) al processo di irrigimentazione e macchinizzazione del corpo sociale? È questa forse l’espressione conflittuale dell’autonomia di classe in un mondo-capitale totalmente dominato dalla digitalizzazione delle relazioni umane? Sono queste le “gocce di sole nella città degli spettri”, per parafrasare un’opera scritta da Curcio nelle carceri speciali?

Ho dunque accennato che nell’analisi marxista in generale il capitalismo risponde alle sue crisi economiche di sovrapproduzione o sovraccumulazione con la guerra, ossia con la distruzione di capitale eccedente: impianti, infrastrutture e forza-lavoro. C’è il rischio molto forte che la gestione delle eccedenze produttive sul fronte europeo si traduca in un ridimensionamento delle eccedenze produttive stesse, in particolare del nemico, ma anche degli alleati da parte del paese imperialista dominante, ossia gli USA e con essi la Gran Bretagna, quella che viene definita l’anglosfera. Ma per il capitalismo occidentale a guida USA, per la NATO che ne è suo strumento di comando sull’intero blocco di paesi imperialisti, il nemico, ovvero il competitore, qual è? 

Il nemico per gli USA-NATO è di fatto duplice: l’Europa da una parte e la Russia dall’altra. L’entità europea per gli USA e la Gran Bretagna (ecco spiegata una delle ragioni dell Brexit…) non deve infatti unirsi in un polo euroasiatico economico-sociale che riassuma Russia ed Europa insieme, fatto di mercati, impianti e infrastrutture a tecnologia avanzata, risorse energetiche e funzionali alle nuove tecnologie: ciò sarebbe un grave problema per gli USA in quanto sarebbero in presenza di un gigantesco player affacciato tra l’altro sui mercati asiatici. La vera partita si gioca per questa contesa, che gli europei non stanno affrontando nel giusto modo, ponendo un freno alla strategia bellica del dividi et impera degli USA. 

Gli esecutivi dell’UE sono in diversi modi tutti assoggettati alla politica di Washington, che detta legge, che determina i tempi e i modi dell’azione bellica, disattivando ogni possibilità diplomatica con la Russia. Sul piano geostrategico un conflitto che divida la Russia dal resto dell’Europa per gli USA è un toccasana. E la guerra in Europa con mezzi nucleari tattici e limitati al solo continente europeo, non è un’ipotesi peregrina. Gli esecutivi vassalli sottostanno a questa strategia che nella migliore delle ipotesi distrugge l’Europa con un’economia di guerra lunga degli anni e nella peggiore fa leva sul fatto che la Russia e la NATO impieghino mezzi nucleari tattici in una guerra “glocal” limitando la distruzione al solo continente europeo. 

Ecco il perché di un dominio autoritario. Prima educhi all’obbedienza le masse, ritardando i tempi della giusta e ovvia rivolta sociale… e poi le distruggi al momento giusto evitando la rivolta generalizzata, tensioni sociali che superino il livello di guardia. Ecco perché è un imperativo mobilitarci contro la guerra imperialista e contro la NATO che ci sta portando alla miseria dilagante se non al disastro di una guerra su vasta scala. È una strategia che va attaccata rispondendo colpo su colpo, con la lotta e l’organizazione autonoma di classe, alla guerra sociale interna che ci stanno facendo senza avercela dichiarata. Dobbiamo metterci in queste condizioni, non ci sono altre vie.


Note

  1. Osvaldo Costantini, Pandemia, stato, capitale, Qualche bilancio
  2. Ibidem
  3. Lettera di Marx a Sigfried Meyer e August Vogt, Marx, 9 aprile 1970
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