
Il 26 gennaio 2025, nell’ambito di Sherbooks – Festival di editoria indipendente, si è svolta un’intensa tavola rotonda dal titolo “Editoria antirazzista e decoloniale – indagare pratiche e metodi”. Moderato dall’energica Elena Bax, l’incontro ha visto la partecipazione di Anna Matilde Sali di Eris Edizioni, Cristiano Armati di Red Star Press, Gustavo Alfredo García Figueroa di Oso Melero e Marie Moïse di Capovolte, che ha partecipato in collegamento.
Elena Bax ha dato il via alla discussione chiedendo ai partecipanti di presentare le loro case editrici. Marie Moïse di Capovolte ha parlato di intersezionalità e politica dai margini; Cristiano Armati di Red Star Press ha raccontato del loro impegno nel movimento operaio dal 2012; Gustavo Alfredo García Figueroa ha descritto il difficile percorso di Oso Melero, chiusa recentemente; mentre Anna Matilde Sali ha rappresentato Eris, che omaggia con il suo nome la dea greca della discordia.
L’importanza di discutere di editoria antirazzista e decoloniale, come ricordato da Elena, è sorta durante le assemblee aperte tenutesi presso la sede di Radio Sherwood in preparazione a Sherbooks Festival. Agganciandosi poi ai temi di attualità come la rielezione di Donald Trump come presidente degli Stati Uniti d’America, ha chiesto ai partecipanti alla tavola rotonda quali pratiche possano essere adottate dalle case editrici.
È intervenuta per prima Anna Matilde Sali, affrontando la complessità della questione antirazzista e decoloniale. Ha evidenziato la necessità di una consapevolezza costante del proprio privilegio bianco, riconoscendo l’importanza di non dimenticarlo mai. Ha parlato dell’impegno di Eris nel creare spazi di discussione culturale ed editoriale, sempre in ascolto dei movimenti dal basso e dando voce a persone direttamente coinvolte nelle lotte antirazziste e decoloniali. Ha sottolineato l’importanza di vedere queste tematiche come lenti attraverso cui operare, includendo tali prospettive in ogni collaborazione editoriale. Matilde ha anche parlato della necessità di fare rete con altre realtà editoriali, di fare attenzione a ciò che accade nel resto del mondo e di essere un nodo in una rete editoriale più grande, consapevoli della piccola scala del loro operato.
In seguito, il contributo di Cristiano Armati ha condiviso la storia di Red Star Press, nata dal diritto all’abitare romano negli anni ’70 con le lotte di San Basilio. Ha parlato delle grandi occupazioni romane a Ostia negli anni ’90, che sottolineavano l’importanza di lottare per la casa e per il permesso di soggiorno come prerequisiti per la propria umanità. Cristiano ha spiegato come il colonialismo e la razzializzazione siano strumenti di oppressione, mantenendo persone al di sotto di una soglia di diritti per interessi economici. Ha evidenziato il ruolo delle case editrici nel rendere ingovernabile un Paese dominato dal colonialismo, attraverso lotte che spesso portano a denunce e incarcerazioni. Ha citato frasi emblematiche come “Agnelli l’Indocina ce l’ha in officina”, attribuita agli operai FIAT, e “È ora che anche i poeti imparino a lottare” di Ho Chi Minh.
Gustavo Alfredo García Figueroa ha raccontato le sfide affrontate da Oso Melero, nata come casa editrice per l’infanzia. Ha evidenziato come il loro progetto sia un atto politico e come abbiano dovuto affrontare pregiudizi razziali e difficoltà finanziarie. Gustavo ha parlato della fatica di trovare finanziamenti e del sostegno ricevuto dall’Europa, che tuttavia non è stato sufficiente a evitare la chiusura della casa editrice. Ha sottolineato l’importanza di andare oltre le buone intenzioni, riconoscendo le strutture oppressive che schiacciano chi produce cultura decoloniale e antirazzista, e ha ribadito il valore del lavoro collettivo e delle collaborazioni.
Infine, Marie Moïse ha criticato il colonialismo culturale e la razzializzazione nell’editoria, evidenziando il problema del tokenismo, dove una minoranza razzializzata viene ammessa nel settore editoriale a condizione di rappresentare tutta la loro comunità. Ha descritto l’editoria come un ambiente razzializzato, dominato da figure bianche che decidono cosa e come produrre, e ha proposto di uscire dai tradizionali significati e valori bianchi dell’editoria. Marie ha suggerito che un libro possa essere anche un laboratorio o una lettura a voce alta, e ha sottolineato la necessità di un processo di decolonizzazione radicale, storicamente guidato dalle persone colonizzate.
Come ultima domanda, è stato chiesto come le narrazioni possano contribuire a un cambiamento strutturale.
Seguendo il medesimo ordine, Matilde ha esordito sottolineando che la scelta di pubblicare un libro è vista come un piccolo contributo che si aggiunge a un insieme più grande. Ha riconosciuto l’importanza di piccoli passi individuali e collettivi per contribuire al cambiamento, evidenziando la consapevolezza di essere cresciuta in un contesto culturale caratterizzato da un’espansione della bianchezza.
Cristiano, solito andare per il sottile, ha citato l’esempio della dichiarazione di Valditara sul latino a scuola, descrivendola come un velato “viva il duce”. Ha lamentato il passo indietro della sinistra radicale nella proposta di conflitti sociali, pur riconoscendo l’importanza di leggere autori come Lenin, Fanon, Luxemburg e Davis per capire il contesto editoriale e sociale attuale.
Gustavo ha esplorato nel suo discorso l’importanza di promuovere la trasformazione sociale attraverso collaborazioni collettive e narrazioni significative. Ha citato come esempio la pubblicazione di un libro sulla migrazione, illustrato in modo inclusivo, sottolineando il lavoro collettivo dietro ogni libro, dalla storia alle illustrazioni fino alla traduzione adattata con l’autrice.
Ultima ma non ultima, Marie ha espresso preoccupazione per l’uso strumentale del termine decolonialità, spesso impiegato per attrarre il pubblico bianco. Ha sottolineato che la decolonialità è storicamente un processo violento, principalmente guidato dalle persone colonizzate. Ha ribadito che, sebbene le realtà editoriali come Capovolte non siano la soluzione definitiva, esse possono facilitare incontri significativi e sostegno alle lotte antirazziste e decoloniali, anche bypassando le persone bianche coinvolte.
La tavola rotonda ha messo in luce la necessità di un impegno costante e consapevole nell’editoria antirazzista e decoloniale. Nonostante le sfide presenti nel panorama attuale, perfettamente illustrate nell’esperienza di Oso Melero, le case editrici possono giocare un ruolo cruciale nel promuovere il cambiamento sociale e culturale attraverso pratiche inclusive e collaborazioni significative.
L’incontro si è concluso con un invito a continuare il dialogo e l’azione concreta per un’editoria più giusta ed equa; da parte nostra, ci sentiamo di invitare lettori e librai a creare esperienze di lettura consapevoli, da affrontare con curiosità e spirito critico.