Elsa Fornero: “Salario minimo a 9 euro troppo alto” – La deflazione salariale resta l’obbiettivo principe del nostro “deep state”

di Megas Alexandros (alias Fabio Bonciani)

Quando la democrazia abdica per cedere lo scettro alle oligarchie, la politica diventa un eterno “teatrino” : ed è quello che stiamo vivendo in Italia ormai da decenni. Per ogni questione o tema trattato, assistiamo quotidianamente ad un finto dibattito tra chi governa e le opposizioni, funzionale solo a confondere la gente ed a consolidare il potere di una ristretta cerchia, che mira ad un allargamento infinito, in tema di ricchezza, della scala sociale del paese.

Dopo che nei giorni scorsi le opposizioni (escluso il partito Italia Viva di Renzi) hanno depositato alla Camera una proposta di legge che prevede l’introduzione del salario minimo a 9 euro per tutte le tipologie di lavoro, il dibattito si è nuovamente riaperto.

Sul tema salario minino – che esiste già in quasi tutti i paesi europei, ad eccezione del nostro e di Danimarca, Austria e Finlandia, ma con valori e applicazioni molto differenti – l’attuale governo si era già detto fortemente contrario, sia per voce del premier Giorgia Meloni che anche per espressa volontà del responsabile economico della Lega, Alberto Bagnai. [1]

Siccome un salario minimo adeguato al tenore di vita del paese, è essenziale per il benessere del popolo, ma deleterio per la sete di arricchimento delle élite – come dimostrato dalla dottrina e opportunamente spiegato in un mio recente articolo – ecco che i nostri poteri profondi si sono subito attivati per giocare al ribasso, su una proposta (quella delle opposizioni, anch’esse affini al potere), già volutamente bassa in partenza.

Ed in questa finta partita al ribasso, si è inserita immediatamente, anche colei che dotata persino di lacrime di coccodrillo, è certamente uno degli emblemi iconici da sempre al servizio del Potere, che quando si tratta di dissanguare gli italiani sappiamo bene non avere alcuna remora.

Sto parlando di Elsa Fornero, economista e politica italiana, ministro del lavoro e delle politiche sociali dell’ormai noto (per le politiche lacrime e sangue) governo Monti.

La Fornero poche sere fa è intervenuta su La 7 nel programma “In Onda“, e parlando del salario minimo, senza mostrare la ben che minima vergogna, ha affermato che i 9 euro lordi proposti, a detta sua “sarebbero un po’ tanti”.

Ma, ascoltiamo le parole della Fornero, prima di commentarle (cliccate sull’immagine):

“9 euro sono un po’ tanti, forse 8 o 7, magari 5” – Elsa Fornero interviene nel programma “In Onda” sul tema del salario minimo

Persino un giornalista di regime come Telese, rimane scioccato (“addirittura!” – esclama il giornalista), di fronte alle parole della Fornero, per la quale uno stipendio di 9 euro lordi (che ricordo essere poco sopra i 4 euro netti), sarebbe addirittura alto.

Forse 8 o 7 aggiunge la Fornero, che poi rispondendo allo sdegno di Telese aggiunge:

“eh sì! perché guardi l’Italia è un paese che si è molto impoverito, e noi abbiamo anche dei contratti oggi, con le sigle dei sindacati, diciamo, quelli non pirata, che sono a 5 euro”

Insomma, la solita storiella, siamo un paese “impoverito”, per aver speso troppo negli anni passati e di conseguenza non possiamo pagare salari alti, rispetto ai cosiddetti “paesi virtuosi”. Il solito refrain riprodotto dalla Fornero a giustificazione delle balle che ci rifila sull’entità del salario minimo, direi inopportunamente in questo caso, poiché la dottrina, quella che l’ex ministro dovrebbe conoscere bene, non impone indicazione in merito.

La spesa in deficit passata dello Stato, non ha nessuna correlazione con l’entità dei salari che dovremmo pagare oggi; nello stabilire i quali il governo dovrebbe solo tener conto del costo della vita attuale e del fattore occupazionale.

Certo, se il ragionamento della Fornero, lo guardiamo in base a quanto ci indica la dottrina, ovvero che al salario minimo stabilito poi lo Stato dovrebbe anche affiancare una politica del “lavoro garantito”, tutto torna.

Sto parlando per la precisione, di politica fiscale, ovvero delle essenziali risorse che il governo dovrebbe destinare ai programmi del cd job guarantee, affinché si possa raggiungere la piena occupazione, indispensabile ad un sistema economico perfettamente funzionante nel quale si possa dire che la totalità dei soggetti partecipanti, vivono in quella che viene definita una buona economia.

Ma l’Italia dell’euro, sappiamo tutti che non è in grado di fare tutto questo, per la precisa volontà del sistema oligarchico che la dirige, il quale, come ben sappiamo, è perennemente concentrato al saccheggio.

Il saccheggio continuo però, possiamo ben comprendere, non ha altra strada che condurci a quello, che seppur con forme e modalità più moderne, rappresenta a tutti gli effetti una vero e proprio status di schiavitù dei lavoratori.

“Non si può impoverirsi lavorando” ribatte Telese di fronte a 5 euro l’ora della Fornero – mai frase fu più rappresentativa della realtà.

Oggi in Italia, la maggioranza, pur lavorando rimane povera ed è costretta a rinunce continue anche di beni essenziali. Anzi, stante le recenti azioni speculative su bollette e generi di prima necessità, all’interno di salari eternamente bloccati, si assiste addirittura ad un progressivo impoverimento.

Gli indicatori del benessere dei giovani, in Italia, sono ai livelli più bassi in Europa e, nel 2022, quasi un ragazzo su due tra 18 e 34 anni ha almeno un segnale di deprivazione, 4 milioni e 870 mila persone. Secondo l’Istat, la dimensione con maggiori difficoltà è quella di istruzione e lavoro. [2]

La quota di Neet (i giovani che non studiano, non lavorano e non sono inseriti in percorsi di formazione), nel nostro paese è sopra la media Ue di oltre 7 punti. Si tratta di 1,7 milioni di giovani, quasi un quinto di chi ha tra 15 e 29 anni.

In Italia la “trappola della povertà” è più intensa che nella maggior parte dei paesi dell’Unione europea e sta aumentando più che altrove, a confronto con il 2011. Gli ultimi dati disponibili, relativi al 2019 (quindi prima del Covid e del fenomeno inflattivo), indicano in Italia il valore più alto tra i principali paesi europei e nel complesso dell’Ue inferiore solo a quello di Bulgaria e Romania.

Tornando proprio al tema salari, che in Italia sono fermi da 30 anni (anzi, unico paese in Ue, che nel periodo considerato, sono diminuiti) – i lavoratori italiani guadagnano circa 3.700 euro l’anno in meno della media dei colleghi europei e oltre 8 mila euro in meno della media di quelli tedeschi. La retribuzione media annua lorda per dipendente è pari a quasi 27 mila euro, inferiore del 12% a quella media Ue e del 23% a quella tedesca, nel 2021, a parità di potere d’acquisto.

Il Rapporto indica che, tra il 2013 e il 2022, la crescita totale delle retribuzioni lorde annue per dipendente in Italia è stata del 12%, circa la metà della media europea. Il potere di acquisto delle retribuzioni, negli stessi anni, è sceso del 2% (+2,5% negli altri paesi). [2-ibidem]

Variazione dei salari nei paesi UE dal 1990 al 2020 – L’Italia è l’unico paese dove i salari sono diminuiti nel trentennio passato

Come detto, un tema strettamente legato ai salari, sono i rincari dell’energia. Oltre una famiglia su quattro risulta ancora in povertà energetica nonostante i bonus sociali per elettricità e gas, il 25,1%, secondo il rapporto annuale dell’Istat.

Evidentemente la mano fiscale del governo ha decisamente più preso, dalle famiglie e dalle piccole imprese, di quello che ha dato, per consegnare profitti direttamente nelle casse delle compagnie energetiche.

E qui, viene anche a mancare la classica scusa (di fatto una balla!), del dover rispettare le regole di bilancio. Infatti, la consegna del malloppo ad Eni & Co. è stata operata, dal nostro nostro governo, all’interno del pareggio di bilancio; ovvero soldi che dalle tasche della maggioranza sono finiti in tasche elitarie, per poi magari volare verso paradisi fiscali o investimenti ancora più redditizi.

Eppure, in un’ottica redistributiva, sarebbe stato semplice per i nostri governanti riequilibrare la questione attraverso un’adeguata tassazione dei maxi profitti conseguiti dalle compagnie energetiche!

Incurante persino di una sentenza della Corte di Cassazione del Tribunale di Milano – dove, nell’aprile scorso, è stata dichiarata incostituzionale una retribuzione di euro 3,96 all’ora (nette), sulla scorta del fatto che l’Istat considera uno stipendio di euro 840 mensili, il limite sotto il quale un individuo versa sotto la soglia di povertà – la Fornero non si fa specie ad indicare come 7 euro lordi possano essere un importo sul quale i poteri che lei stessa difende, potrebbero acconsentire anche all’introduzione del salario minimo nel nostro paese.

Ma 7 euro lordi, in busta paga sono poco più di 3 euro netti per il lavoratore…. ovvero, addirittura nettamente sotto a quel 3,96 euro l’ora, che la Cassazione ha appena sancito, essere incostituzionali in base all’articolo 36 della Carta, che sancisce:

“Il lavoratore ha diritto a una retribuzione proporzionata alla quantità e alla qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa”

Sul banco degli imputati – nella causa in questione, dove la lavoratrice è stata sostenuta dagli Adl Cobas – c’era la Civis, una importante società di vigilanza privata con sede legale a Milano. La dipendente, era impiegata nel servizio di portierato in un magazzino della grande distribuzione. Nel capoluogo euganeo, sempre nel settore dei servizi fiduciari, hanno 4 contratti collettivi differenti: sarebbero pendenti un’altra ventina di cause simili, spiega Mauto Zanotto, di Adl Cobas. “Non solo in aziende private, come Civis – afferma – ma anche in settori del pubblico impiego, Esu, Ospedali, Agenzia delle Entrate”. [3]

Sono i famosi contratti collettivi a cui fa riferimento la Fornero a “In Onda“, contratti che come vediamo fanno parte anche del pubblico impiego e che sono stati firmati anche dalle più note sigle sindacali (come Cgil e Cisl), che la Fornero stessa, ha l’ardire di definire organizzazioni “non pirata”.

Insomma, il quadro a tinte esclusivamente predatorie, che le nostre élite hanno dipinto per i lavoratori italiani, pian piano si sta delineando in tutti i suoi contorni. Anche i sindacati, che istituzionalmente avrebbero dovuto difendere i lavoratori, oggi sono comodamente seduti affianco alle poltrone più alte del Potere, dopo aver venduto la loro anima ed il sangue di chi lavora.

Essendo il salario minimo un tema che riguarda la politica fiscale, la sua diversa applicazione all’interno della UE – che sappiamo essere una unione monetaria ibrida, poiché non prevede anche quella fiscale – porta alla creazione di enormi squilibri tra i vari paesi. Ma di questo la Fornero non fa minimamente cenno, ancorché la questione è pacifica per chi conosce la materia; ed è proprio su questa stortura che invece ci si dovrebbe battere. Ma come sappiamo gli squilibri e la relativa povertà che ne deriva sono il sale che serve ai saccheggiatori.

Tanto per citare i due paesi che da sempre vengono portati ad esempio dal nostro main-stream, in Francia il salario minimo esiste già da tempo (1950) ed è di 11,52 euro lordi, mentre in Germania è stato introdotto nel 2015 e a fine 2022 è stato aumentato da 10,45 a 12 euro lordi all’ora, per un totale di 2.080 lordi mensili; si applica a tutti i dipendenti, con alcune eccezioni, e un ulteriore aumento è in arrivo nel 2024.

Certo, se guardiamo alla costo della vita nell’area euro, neanche i lavoratori di Francia e Germania possono dirsi soddisfatti. Ma il problema, come ben noto, deve essere ricondotto all’errata struttura di questa folle unione monetaria e alle sue regole, dove in paesi come l’Italia si preferisce pagare 80 miliardi di euro all’anno di interessi per un finto debito, invece che assumere chi è senza lavoro.

Pensate, nel nostro paese, sempre secondo i dati Istat, il tasso di disoccupazione giovanile è estremamente elevato (il 18%, quasi 7 punti superiore a quello medio europeo), con una quota di giovani in cerca di lavoro da almeno 12 mesi tripla (8,8%) rispetto alla media europea (2,8%).

Infine, c’è una cosa su cui tutti noi dovremmo riflettere e che se compresa, certifica la frode che i nostri politici e le voci del coro come la Fornero, ci propinano sull’impossibilità di introdurre un salario minimo adeguato alle nostre vite, come la nostra Costituzione comanda.

Se aumentassimo di euro 300 mensili ogni stipendio fino ad euro 1.500 (netti), attraverso la riduzione del cuneo fiscale e quindi senza incidere sul costo del lavoro, ogni lavoratore avrebbe 300 euro in più da spendere ogni mese che andrebbero in consumi, con un effetto moltiplicatore elevatissimo, tanto da far schizzare in alto il nostro prodotto interno lordo e far recuperare allo Stato in imposte, ben oltre il minor gettito al quale inizialmente dovrebbe rinunciare in relazione alla riduzione del cuneo fiscale prospettata.

di Megas Alexandros

Fonte: Elsa Fornero: “salario minimo a 9 euro troppo alto” – La deflazione salariale resta l’obbiettivo principe del nostro “deep state” – Megas Alexandros

Note:  

[1] Bagnai o “Bagnarola”….. come si cambia sulla poltrona! (parte 2^) – Megas Alexandros

[2] Istat, giovani in difficoltà, 1,7 milioni di Neet | ANSA.it

[3] Una paga di 3,96 euro l’ora è anticostituzionale, azienda condannata | ANSA.it

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