Estetiche inquiete. L’ordine infranto da un astuto criminale e il caos portato da una sguaiata banda di agenti segreti (2/2)

di Gioacchino Toni

Se la prima parte del volume di Davide Steccanella, La filosofia di Diabolik e Alan Ford. Un criminale e una banda di agenti segreti squattrinati all’assalto della generazione ribelle (Mimesis, 2022) [su Carmilla], è dedicata al diabolico criminale in tuta nera che, insieme alla compagna, conduce un’esistenza in cui alterna mirabolanti furti di preziosi e precipitose fughe in Jaguar per raggiungere rifugi costretto a cambiare con frequenza pari all’avvicendarsi delle maschere che indossa per sostituirsi all’identità altrui, la seconda parte del volume è invece dedicata ad una sguaiata banda di agenti segreti che agisce scompostamente, incapace di attenersi ad una pianificazione rigorosa.

A differenza di Diabolik che raggiunge i suoi obiettivi grazie a programmazioni maniacali, lo sgangherato gruppo di Alan Ford consegue i risultati richiesti fortunosamente, in maniera quasi inattesa, magari con l’ausilio di marchingegni immancabilmente destinati ad una repentina autodistruzione, più simili a giocattoli che girano a vuoto che non a macchine funzionali.

Le storie di Diabolik si reggono su uno schema narrativo semplice e ripetitivo, tanto da rendere tutto sommato minima la suspense visto che ogni episodio procede verso un esito scontato, in linea con le attese dei lettori che desiderano il successo del criminale. Altrettanto scontato è l’esito finale delle avventure del gruppo di Alan Ford, che terminano immancabilmente con il successo nell’operazione e con la consueta fregatura rifilata dal “Grande Vecchio” al resto della banda, ma in questo caso le vicende narrate anziché scorrere su percorsi lineari seguono traiettorie caotiche e spiazzanti.

Mentre l’estetica di Diabolik è all’insegna di un rigore geometrico utile ad esprimere sfide giocate sul piano dell’astuzia e del controllo razionale degli eventi, quella di Alan Ford è invece caotica, in linea con la narrazione di avventure sguaiate al pari dei protagonisti.

È il 22 maggio del 1969 quando compare in edicola un nuovo giornalino di centoventi pagine in bianco e nero, nell’ormai consueto formato tascabile, con una copertina da cui spicca il volto di un personaggio biondo, dai tratti spigolosi, con dolcevita nero, che sembra girarsi di tre quarti in direzione dei lettori sorridendo loro con aria di complicità. Attorno a questa figura maschile si srotola una sorta di segmentata spirale la cui base ospita il titolo dell’albo: Il gruppo TNT. Sulla sinistra del disegno si leggono le firme autografe di Max Bunker e Magnus, viene esplicitato il prezzo, 150 lire, e che si tratta del primo numero di una pubblicazione mensile. Spetta, come si conviene, alla fascia superiore della copertina riportare la testata, Alan Ford, scritta ricorrendo a un font tozzo che riprende le geometriche rigidità irregolari dell’intera composizione di copertina realizzata da Luigi Corteggi. Viene, inoltre, indicata la presenza all’interno dell’albo di una presentazione di Carlo Della Corte.

Se è pur vero che soltanto nei primissimi numeri Diabolik è a tutti gli effetti un eroe solitario, persino quando giunge a condividere le sue avventure con Eva – anche a causa della vita appartata che conduce la coppia – permane la sua propensione a voler far da sé evitando di rapportarsi con altri, ad esclusione, ovviamente, della sua compagna. Insomma, a proposito del fumetto delle sorelle Giussani, se proprio non si vuol parlare di un eroe solitario si può affermare che si è di fronte a una “coppia solitaria di eroi” e la separatezza che i due mantengono nei confronti del resto della società non è dettata esclusivamente da questioni di stretta necessità.

Come nota Steccanella, ben diversi risultano i protagonisti proposti dal nuovo fumetto dell’Editoriale Corno: «Alan Ford è l’eroe più socievole ed estroverso della storia del fumetto, perché vive in una sorta di “comune” con altri amici, con i quali divide ogni avventura anche se nel caso del gruppo TNT sarebbe più corretto parlare di compagni di sventura» (p. 117). Si tratta a tutti gli effetti di un “fumetto di gruppo” in cui il personaggio ripreso dalla testata non vanta spazi maggiori rispetto agli altri membri del collettivo.

Diabolik ed Alan Ford hanno origini differenti sia dal punto di vista “genitoriale” che per il momento in cui escono; nonostante passino pochi anni tra le loro prime uscite in edicola, il contesto in cui fanno il loro esordio appare nel frattempo decisamente cambiato.

Provenienti dall’agiata borghesia milanese, le intraprendenti e creative sorelle Angela e Luciana Giussani creano Diabolik nei primissimi anni Sessanta, quando i fumetti iniziano a guardare agli adulti, ed un giallo a fumetti incentrato su uno spietato criminale omicida, capace di suscitare ammirazione per la genialità e l’audacia con cui porta a termine i suoi piani, sembra una buona idea per intercettare il pubblico adulto.

A creare Alan Ford sono invece Luciano Secchi (Max Bunker), milanese come le sorelle Giussani ma di ben diversa estrazione sociale, ed il bolognese Roberto Raviola (Magnus). Il sodalizio tra i due, che collaborano sin dal 1964 alla realizzazione di Kriminal e Satanik, si interrompe nel 1975, quando Magnus abbandona Alan Ford cedendo il testimone a disegnatori come Paolo Piffarerio, Dario Perucca, Raffaele Della Monica e diversi altri.

Nel ricostruire la nascita della sgangherata banda di agenti segreti, Max Bunker racconta di aver voluto rovesciare la struttura di James Bond contrapponendo alla sua proverbiale organizzazione il fare sguaiato di un manipolo di personaggi alle prese con avventure grottesche ed umoristiche. «Abbandonare eroi fuorilegge alla Diabolik o belloni impettiti alla James Bond in favore di nuovi personaggi “brutti, sporchi e cattivi”» – scrive Steccanella – diviene «il modo più efficace per seppellire definitivamente sotto una gigantesca colata di ironia, tanto dissacrante quanto irrispettosa fino a trasformarsi in una generale “presa per il culo”, quanto fino a quel momento fatto passare per importante» (p. 126).

Ad essere presi di mira dal duo Bunker-Magnus sono davvero tutti e tutto e lo strumento adottato è quello del dileggio e dell’ironia, con virate su un compiaciuto infantilismo. «Soprattutto i primi numeri di Alan Ford saranno caratterizzati da continui ricorsi alla satira per denunciare ingiustizie sociali o scandali nazionali e internazionali, con storie spesso legate all’attualità, così come era accaduto al più “serio” Diabolik, ma anche per prendere in giro certi “intellettualismi” ai tempi in voga» (p. 128).

Se nel primo numero già le tavole di apertura esplicitano come sia New York a far da sfondo alle vicende narrate, occorre invece sfogliare una ventina di pagine per imbattersi nel personaggio Alan Ford, disegnato con fattezze che si rifanno all’attore Peter O’ Toole, intento a dormire in una sorta di colombaia sulla sommità di un grattacielo. «Alan Ford ha passato la sua infanzia in un orfanotrofio ed è un grafico pubblicitario squattrinato, ingenuo, imbranato con le donne. Una serie di equivoci lo porta a essere scambiato per una recluta inviata come rimpiazzo per un gruppo governativo segreto chiamato “gruppo TNT”, una squadra improvvisata di agenti dalle personalità in linea con lo humor grottesco della serie, e alla quale finirà per aderire in pianta stabile» (p. 131).

Tra i primi personaggi a fare capolino nell’albo c’è la Cariatide, «un pigrone imbolsito che trascorre tutto il tempo dormendo, seduto inutilmente a una scrivania» (p. 133) destinato a lasciare le redini del gruppo, dieci numeri dopo, al Numero Uno, riducendosi, tra una dormita e l’altra, a condurre un negozio di fiori sulla Quinta Strada, copertura di facciata della sede del gruppo, per poi aprire una pizzeria insieme all’ipocondriaco e sdentato Geremia destinato alle retrovie a causa delle precarie condizioni di salute.

Nonostante l’apparenza da rimbambito, il Numero Uno si rivela cinico e opportunista nello sfruttare l’operato del gruppo a cui riserva, al termine di ogni storia, un solo dollaro a testa trattenendo il resto per sé. «È un personaggio viscido che intasca i lauti compensi elargiti dal governo statunitense o da ricchi cittadini per adempiere a svariate missioni segrete lasciando ai propri agenti “le briciole” dei guadagni. Non ha una età precisa e si sa solo che millanta conoscenze dirette con personaggi storici di centinaia di anni addietro, ma conosce vita, morte e miracoli di tutti, scrupolosamente annotata in un libriccino che usa per ricattare chiunque gli sia di una qualche utilità» (p. 134).

Tra gli altri membri del gruppo vi sono il Conte Oliver, vero e proprio cleptomane, di nobili origini inglesi, «è fra gli agenti più efficienti del gruppo perché dotato di intelligenza e capacità non comuni» (p. 134), e Bob Rock, già sperimentato su Kriminal, Satanik e Maxmagnus, solito ad indossare una mantellina a scacchi e un copricapo alla Sherlock Holmes. «Complessato in quanto piccolo di statura e dal naso spropositato, è il più simpatico del gruppo con il suo carattere impulsivo, irascibile e sfortunato […]. Specializzato nell’arte dello “scrocco” […] È il quarto, l’unico onesto, di tre fratelli gemelli, perennemente reclusi nei penitenziari americani» (p. 134).

Altro protagonista delle strampalate azioni del gruppo è il vecchio Grunf (Grunt nei primi numeri), immigrato tedesco reduce dalle due guerre mondiali, presentato come «un vecchio nostalgico un po’ lento di comprendonio ma fedelissimo al Numero Uno e capace, con mezzi scarsissimi, di realizzare i macchinari più strampalati che incredibilmente funzionano anche se solo per poco, perché poi si distruggono» (p. 135). Si occupa dell’improvvisata palestra in cui dovrebbero allenarsi i membri del gruppo, ed indossa una tuta tattica con occhiali da aviere e magliette con motti fascistoidi.

Tra i nemici con cui il gruppo si trova ad avere a che fare spiccano: Gommaflex, evidente parodia di Diabolik, «ladro con la faccia di gomma che gli permette di assumere le sembianze di chiunque sfruttando questa abilità esclusivamente per scopi criminali» (p. 136); Arsenico Lupon, assai galante e molto ladron (1973), come suggerisce direttamente il titolo del numero 53 in cui compare; Superciuk, «spazzino che si trasforma in un Robin Hood alla rovescia che ruba ai poveri per dare ai ricchi perché desidera un mondo pulito popolato da gente che non sporca. Il suo superpotere è dato da una fiatata alcolica capace di tramortire chiunque» (p. 136).

Così tratteggia quest’ultimo lo stesso Max Bunker: «Superciuk è un idealista, votato a una sacra missione (per quanto paradossale). Compie quello che ritiene il suo dovere, ma lo fa gratuitamente. Non accetta ricompense (se non una simpatica botticella di rum a novantotto gradi alcolici offerta dai miliardari membri del suo fan club). In un universo come quello alanfordiano, specchio deformante (ma specchio) della realtà, dove trionfano il cinismo e l’opportunismo, e dove i “buoni” sono senza mezzi di sostentamento e la vita è una lotta per la sopravvivenza, è un “cattivo” a coltivare degli ideali come il barbone di Jannacci che “aveva gli occhi da buono”, e anche di Superciuk alla fine si potrebbe dire lo stesso» (p. 151-152)1.

Le origini dei membri della sgangherata compagine di agenti segreti vengono spiegate nel numero 50 intitolato Così nacque il gruppo TNT (1973), sulla falsariga di quanto fatto per il loro personaggio dalle sorelle Giussani con l’episodio Diabolik chi sei? (1968). In realtà, come scrive M. Burattini, l’albo «non svela ogni retroscena ma certamente appaga la nostra voglia di saperne di più. Inoltre, in un solo albo, è condensata la quintessenza dello humor alanfordiano. C’è davvero un campionario della tipica umanità bunkeriana, fatta di gente brutta, sporca e cattiva, di politici corrotti, di inetti e di incapaci, di disgraziati e truffatori, di miseri e reietti. Non meraviglia che il negozio di fiori possa essere diventato una casa, un rifugio, per chi, prima di esservi ammesso, veniva da esperienze dickensiane come quelle di Alan, Bob o Geremia, o per chi era in cerca di un nuovo scopo nella vita come Grunf e la Cariatide» (p. 160)2.

È attorno a questo numero 50 che Alan Ford raggiunge la sua massima popolarità; le annate comprese tra il 1973 e il 1975 rappresentano «gli anni d’oro del fumetto più spassoso e iconoclasta del decennio, tanto che sulla sua scia, e come era già accaduto con Diabolik, nasceranno alcuni epigoni» (p. 160). A differenza di Diabolik, che ha ottenuto grande successo anche all’estero, Alan Ford resta un fenomeno prettamente italiano con l’eccezione dei Balcani, ove diviene molto popolare negli anni Settanta e Ottanta e ancora oggi gode di un sorprendente successo.


Estetiche inquiete serie completa su Carmilla

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