Finchè c’è guerra c’è Israele

Riceviamo  e pubblichiamo.

Di Fabrizio Bertolami

Nei giorni immediatamente successivi all’attacco di Hamas del 7 Ottobre, Nethanyahu ha imposto la narrazione sulla “lotta per la sopravvivenza” di Israele. A prima vista non sembra che una milizia come quella palestinese, se pur agguerrita, possa sconfiggere un esercito come quello israeliano, tra i più forti al mondo, e probabilmente la retorica del primo ministro israeliano è servita a raccogliere la maggior parte di consenso verso il proprio operato, considerata la sensibilità degli abitanti di Israele in merito ai concetti di “sopravvivenza” e “sicurezza”. L’attacco iraniano in risposta alle azioni israeliane in Libano in aprile e i gli attacchi degli Houthi da sud hanno rafforzato il “framing” e ora che anche Hezbollah è entrato nell’equazione, il senso di accerchiamento percepito dalla popolazione è totale.

Il territorio di Israele, dal 1948 in poi, è aumentato in virtù delle conquiste militari nelle guerre con i vicini arabi ma non è ancora definito da confini irrevocabili e certi, in quanto alcuni di quei territori sono contestati (il Golan in prima battuta), altri sono “occupati dietro accordo” (come a Gaza, formalmente territorio egiziano) ed altri sono occupati illegalmente da coloni all’interno della Cisgiordania, a sua volta occupata.
Lo stesso status di Capitale di Israele è talmente incerto da fare di Israele uno dei pochi paesi a non avere una indicazione certa della Capitale sulle mappe ufficiali dell’ONU e così alcune Nazioni considerano Gerusalemme quale Capitale, con gli USA in testa, ma la maggior parte del mondo riconosce solo Tel Aviv.
Persino la Costituzione non è uno dei pilastri della costruzione statuale israeliana, poichè non ve ne è una e da ciò derivano i conflitti interni scoppiati poco prima dei fatti del 7 Ottobre, allorchè il Governo Nethanyahu tentò di scalzare la Corte Suprema dal suo trono di decisore di ultima istanza.
Vi è poi il tema della cittadinanza: con l’approvazione della legge sulla costituzione dello “Stato Ebraico” nel 2018, si è data una definizione ad essa, escludendone la quota araba, il 20% della popolazione, sebbene la Dichiarazione di Indipendenza del 1948 affermi che:

“Israele garantirà la completa uguaglianza dei diritti sociali e politici a tutti i suoi abitanti, senza distinzione di religione, razza o sesso; garantirà la libertà di religione, coscienza, lingua, istruzione e cultura; salvaguarderà i Luoghi Sacri di tutte le religioni; e sarà fedele ai principi della Carta delle Nazioni Unite.”

La questione dei confini e quella della cittadinanza richiamano alla memoria le lotte di indipendenza, o di unificazione, che molte delle Nazioni europee e Sudamericane hanno combattuto nel XIX Secolo e che, per alcune di esse, sono sfociate nella Prima e Seconda Guerra Mondiale nel XX° (tramite il concetto di “irredentismo” o quello di “Spazio Vitale”).

Possiamo dire, quindi, che per alcuni versi Israele è l’ultimo degli Stati ottocenteschi e così come allora, è la ricerca di un perimetro certo, definito e sicuro, insieme alla certificazione della natura della propria popolazione e all’inclusione di essa entro i confini a muovere la sua Politica Estera.

Ma quali sono i confini esterni di Israele, nel suo immaginario identitario e di sicurezza?

Il tema è ampio ed è influenzato dalla natura stessa dello Stato, che si definisce, sempre citando la Dichiarazione del ’48, quale erede della tradizione ebraica e casa di tutti gli ebrei del mondo, delineando confini che idealmente possono ricomprendere il Sinai ed arrivare sino all’Eufrate inglobando tutto ciò che sta nel mezzo, il cosiddetto “Eretz Israel“, il Grande Israele. Se questo può essere considerato l’obiettivo strategico, finale, di parte dell’attuale Governo israeliano, ovvero quella incarnata da Smotrich e Ben Gvir, ortodossi e sionisti estremisti, resta l’obbligo di mantenere l’attuale forma ed estensione dello stato, garantirne la sicurezza espandendone progressivamente i confini.

blank

Il fiume Litani, nel sud del Libano, rappresenta uno dei confini che Israele intende raggiungere da sempre, rappresentando esso una chiara delimitazione fisica. Contemporaneamente il suo raggiungimento permetterebbe di spostare di altre decine di chilometri la minaccia dei missili di Hezbollah, già capace di raggiungere Haifa e Tel Aviv.

Per ora, la proposta del Governo di Tel Aviv è di creare una zona cuscinetto, demilitarizzata (il che significa senza Hezbollah) in Libano, il che rappresenta comunque un avanzamento enorme, poichè toglierebbe dal tiro dei missili del Partito di Dio tutta la parte nord di Israele. Inoltre, muovendosi oltre la cosiddetta Blue Line, metterebbe ancora più distanza tra il Libano e le alture del Golan, aumentandone la difendibilità e, in prospettiva il raggiungimento del Litani a nord, includerebbe definitivamente le alture e le fattorie di Sheba sotto il pieno controllo israeliano.

Non scordiamo che la distanza dall’attuale confine israeliano al fiume è di circa 50 km: una demilitarizzazione di 20 km equivarrebbe a mettere tutta l’area sotto controllo anche senza invaderla , o prima di invaderla con meno difficoltà.

Israele ha invaso il Libano tre volte a partire dagli anni ’70. Le invasioni del 1978 e del 1982 furono essenzialmente dovute a presunti attacchi da parte di gruppi palestinesi con sede in Libano. Nel 1978 Israele raggiunse il fiume Litani all’incirca alla latitudine di Tiro, nel Libano meridionale, e nel 1982 arrivò fino a nord oltre il fiume Awali, assediando la capitale Beirut.

blank

La città di Tiro, capoluogo dell’area sulla costa, è libanese da sempre, poichè di fondazione fenicia e questo potrebbe sembrare un ostacolo insormontabile, ovvero quello di reclamare una parte che non è storicamente citata quale parte del “focolare ebraico”. Nethanyahu ha implicitamente chiarito che ciò non lo preoccupa, mostrando una mappa in cui l’area sud del Libano risulta essere già annessa e nella quale Gaza e Cisgiordania non sono rappresentate.

blank
A Gaza le manovre dell’IDF stanno crendo una ripartizione della Striscia in due sezioni, a nord e a sud, divise da un corridoio che arriva sino al mare. parallelamente, Tsahal è entrato da nord e sta circondando Gaza city su tre lati, puntando a circondarla per “stanare” Hamas. Secondo CNN, l’obiettivo è quello di evacuare la popolazione civile per avere mano libera con i miliziani, ma una volta fatta fuoriscire, quella popolazione avrebbe una sola via di uscita, verso il Wadi Gaza, ovvero un altro fiume.

blank
Ancora una volta, la soluzione rappresenta la risposta a due diversi, concomitanti, obiettivi : mettere più distanza tra i razzi di Hamas e le città israeliane, come Tel Aviv già raggiunta diverse volte, e ampliare il proprio spazio. Non dobbiamo dimenticare che sino al 2005 esistevano colonie ebraiche nella Striscia smantellate su decisione di Sharon.

La motivazione alla base del disimpegno è stata descritta come un mezzo per isolare Gaza ed evitare la pressione internazionale su Israele affinché raggiungesse un accordo politico con i palestinesi. Nel 2007 è poi iniziato il “Regno di Hamas” nella Striscia, il che ha permesso di ridurre i costi (materiali e umani) legati alla permanenza all’interno di un’area più che ostile e aumentare la pressione sui palestinesi, scaricandone la responsabilità sui miliziani.

Come si vede , le azioni dei governi israeliani hanno sempre più di un effetto, ognuno dei quali è funzionale alla strategia di aumentare la sicurezza della propria popolazione mentre si creano le condizioni per ridurre l’efficacia del nemico, preparandosi per una ulteriore, possibile, espansione.

Come ogni Stato ottocentesco, Israele è un paese ultranazionalista (alcune porzioni della propria popolazione possono essere addirittura definite “suprematiste”) e ciò serve a compattare e ridurre le tensioni interne e a redirigerle verso l’azione esterna, creando tensioni continue con i vicini, salvo quelli che si sono già piegati sotto lo schiacciante rapporto di forze.

Così come nell’800 alcune Nazioni necessitarono delle superpotenze dell’epoca per nascere o unificarsi (pensiamo al supporto inglese e francese alla nascita dello Stato unitario italiano, in ottica anti asburgica, ad esempio) , senza l’aiuto delle potenze occidentali, della loro influenza e copertura, o delle loro armi, la piccola Nazione non potrebbe reggere lo scontro con paesi decine di volte più grandi e più popolosi (Iran, Egitto, Iraq e in parte Turchia) e rischierebbe la sparizione o dovrebbe abituarsi a vivere in uno stato di perenne guerra.

In definitiva le azioni del Governo israeliano (ma non sempre con la quieta accettazione dell’esercito) puntano al raggiungimento del proprio “Lebensraum” e poggiano sul decisivo appoggio di potenze straniere, come USA ed UE, poichè gli obiettivi nazionali degli uni coincidono con gli interessi geopolitici degli altri. Senza questo forte supporto, le azioni di Israele, non solo quelle odierne, verrebbero trattate alla stregua di una “Russia qualsiasi” e condannate duramente , politicamente ed economicamente.

Considerate le forze in campo e ciò che implicherebbe la nascita di un “Grande Israele”, non solo per gli Stati Arabi, ma anche per l’Europa, la Russia e la Cina (attore silenzioso ma importante di questa vicenda) è più che probabile che l’attuale momento bellico sarà un giorno solo l’ennesima riga in una lista di eventi senza fine.

Di Fabrizio Bertolami

04.10.2024

Fabrizio Bertolami. Laurea magistrale in Scienze Internazionali, Laurea in Sociologia e Ricerca Sociale, Attualmente iscritto al II° anno della Laurea in Storia. Autore del libro “TTIP la NATO economica? Il partenariato transatlantico per gli scambi e gli investimenti nella geopolitica del XXI secolo”, Per Experiences Editore. Leggo tutto e di tutto e non mi basta mai.

Fonti:

https://www.haaretz.com/israel-news/2024-06-18/ty-article/.premium/lebanon-part-of-the-promised-land-israels-messianic-right-wing-targets-new-territory/00000190-2b9d-d340-a1f8-2b9d18220000

https://sputnikglobe.com/20241004/originally-an-outgrowth-of-european-colonialism-israel-now-threatens-wests-dominance-1120407159.html
https://today.lorientlejour.com/article/1358775/does-israel-have-territorial-ambitions-in-lebanon.html
https://www.jpost.com/judaism/article-821680
https://www.jewishvirtuallibrary.org/constitution-of-israel
https://www.timesofisrael.com/liveblog_entry/idf-gaza-city-is-encircled-ceasefire-is-not-on-the-table/
https://www.reddit.com/user/Anders_Lau/comments/17ox2nm/israeli_ground_operation_in_gaza_currently_idf/
https://www.zerohedge.com/geopolitical/white-house-urges-all-americans-flee-lebanon-3rd-israeli-strike-rocks-beirut
https://www.timesofisrael.com/liveblog_entry/netanyahu-brandishes-map-of-israel-that-includes-west-bank-and-gaza-at-un-speech/
https://www.zerohedge.com/geopolitical/hezbollah-fires-first-missile-tel-aviv-targets-mossad-headquarters
https://www.washingtonpost.com/world/interactive/2023/israel-palestine-gaza-west-bank-borders/
https://www.zerohedge.com/geopolitical/israeli-missiles-intercepted-over-syrian-port-city-which-hosts-russian-navy
https://www.bbc.com/news/world-middle-east-54116567
https://www.un.org/geospatial/content/israel-2
https://www.cambridge.org/core/books/abs/legality-of-a-jewish-state/israel-as-a-nation-state-of-the-jewish-people/4EFB6755456DBB9590617C4A219F7E58

Israel’s Declaration of Independence

https://www.sefaria.org/sheets/311428?lang=bi
https://edition.cnn.com/2023/10/31/middleeast/map-israel-ground-operation-gaza-military-movement-dg/index.html
https://fr.wikipedia.org/wiki/Brigade_Golani
https://en.wikipedia.org/wiki/Israeli_disengagement_from_the_Gaza_Strip
http://www.vidiani.com/maps/maps_of_asia/maps_of_gaza_strip/detailed_political_map_of_gaza_strip.jpg

Condividi questo contenuto...

Lascia un commento