Le pensioni in Francia hanno un valore simbolico e toccarle è un sacrilegio. Fu il presidente socialista François Mitterrand a fissare l’età pensionabile nel 1982, e da allora è rimasta praticamente invariata. Il pensionamento a 60 anni è considerato “un vero e proprio diritto al riposo che i lavoratori hanno il diritto di rivendicare in cambio dei servizi resi alla comunità al termine di una carriera normale” (rapporto al Presidente della Repubblica che precede l’ordinanza del 26 marzo 1982).
Le manifestazioni del 29 settembre non hanno avuto grande risalto sui media nazionali anche se, in seguito all’appello dei sindacati CGT, FSU e Solidaires – che riuniscono insegnanti, impiegati, dipendenti statali, personale medico e ferroviario – si sono svolte più di 200 manifestazioni in tutta la Francia.
La grande diffusione e la partecipazione a queste iniziative evidenzia la rabbia dei francesi per l’innalzamento dell’età pensionabile a 65 anni, ma anche la preoccupazione per l’abbassamento loro potere d’acquisto, minato dall’aumento dell’inflazione. Questa frustrazione è riassunta dallo slogan “Aumentare i salari, non l’età pensionabile”. Non è un caso che alle manifestazioni abbiano preso parte anche numerosi comitati e gruppi sociali contro il carovita, che stanno nascendo in tutto il Paese come onda lunga del movimento dei Gilets Gialli.
La CGT ha dichiarato che i partecipanti sono stati “più di 250.000” in tutta la Francia. A Parigi, 40.000 persone si sono riversate nelle piazze al grido “Aumentare i salari, le prestazioni sociali minime, i sussidi e le pensioni, è urgente agire!”.
Le contrapposizioni tra governo e sindacati continuano e sono stati indirizzati diversi avvertimenti al governo. Philippe Marinez, segretario generale della CGT, ha lanciato “un primo avvertimento al governo e ai datori di lavoro per avviare rapidamente i negoziati salariali” perché “l’urgenza dei salari sta diventando vitale per molte persone”, ha dichiarato Murielle Guilbert (Solidaires).
Inoltre, il 4 ottobre, otto groupe salarial (organizzazioni autonome di lavoratori dipendenti) e cinque movimenti giovanili hanno preso posizione pubblicamente. La coalizione che si sta formando è chiara: “non esiterà a costruire tutti i mezzi d’azione necessari se il governo rimarrà ostinato sul suo progetto”. Ciò è avvenuto 24 ore prima che il Ministro del Lavoro, Olivier Dussopt, tenesse le consultazioni con le parti sociali per un possibile cambio della riforma delle pensioni.
Le stesse parti sociali si dicono “aperte alle concertazioni”, ma chiedono che siano “eque”, “trasparenti” e che garantiscano la giustizia sociale. Vogliono quindi che il governo affronti i temi dell’occupazione degli anziani, della fatica delle lunghe carriere, della transizione occupazione-pensionamento e della parità di genere.
ll 6 ottobre, il ministro del Lavoro Olivier Dussopt ha ribadito la volontà del presidente Macron di “aumentare gradualmente l’età pensionabile a 64 anni nel 2027 e poi a 65 anni nel 2031” per continuare a finanziare le pensioni senza aumentare i contributi. Tra l’altro, la questione delle pensioni è stata uno dei punti principali toccati dal Presidente francese durante la campagna elettorale che ha portato alla sua rielezione.
Ma alcuni economisti come Philippe Aghion non sono d’accordo con questa modo di procedere. Ritiene che “l’innalzamento dell’età pensionabile a 65 anni sarebbe ingiusto (…) penalizzerebbe loro che sono entrati prima nel mercato del lavoro e la cui aspettativa di vita sarebbe più bassa”. Per evitare ingiustizie, Philippe Aghion afferma che è necessario allungare il periodo di contribuzione a 43 anni e innalzare l’età pensionabile a 63 anni, tenendo conto della fatica del lavoro e delle lunghe carriere.
L’unica cosa certa è che né gli economisti, né i lavoratori, né il governo sono d’accordo sulla questione delle pensioni ed è per questo che si prevede un nuovo “autunno caldo”. Domani, sabato 8 ottobre, i Gilets Gialli hanno indetto una giornata di mobilitazione; che magari si ripeta quello che è accaduto nel 2018?