Nell’ultimo anno si era creata in Italia e in Europa un’atmosfera euforica e di grandi speranze all’interno del mondo ambientalista. Questa speranza era rappresentata dalla nascita dirompente di un nuovo soggetto sulla scena globale, i Fridays for Future.
Si è trattato di un movimento giovanile più o meno spontaneo nato sull’onda della figura carismatica e travolgente di Greta Thunberg, la giovane attivista svedese che combatte il cambiamento climatico e i disastri ambientali.
Molti hanno creduto (erroneamente) che i tempi fossero maturi per una svolta ecologista a livello se non altro europeo. Una svolta maturata dal basso, di carattere popolare e che fosse in grado finalmente di imporre dei cambiamenti politici e gestionali a governi ed istituzioni, ma soprattutto, che fosse in grado di realizzare una maturazione delle coscienze delle persone a livello di massa sui temi ambientali. La doccia fredda è arrivata in seguito, gettando nello sconforto i più e ponendo serie riflessioni su dinamiche e falle di tale movimento e di tutti i movimenti ambientalisti europei.
Può sembrare che la quasi totale scomparsa dei ragazzi e delle ragazze del venerdì sia stata dettata da cause di forza maggiore quali la presunta epidemia Covid o la conseguente crisi economica. In verità a un’attenta analisi si può intuire quanto fosse nell’aria lo sgretolamento del movimento ambientalista anche grazie a due fattori fondamentali.
Il primo fattore è stato ed è tutt’ora una visione parzialmente limitata della posta in gioco, ovvero la scomparsa del genere umano e di migliaia di altre specie accompagnata dal sovvertimento complessivo degli equilibri naturali. A questa mancanza si aggiunge una visione estremamente limitata dei meccanismi che producono tutto ciò e delle soluzioni necessarie. Su questo punto occorre soffermarsi più nel dettaglio perché il problema è trasversale e non colpisce solo i FFF ma anche altri movimenti e associazioni ambientaliste.
Vi è infatti una particolare riluttanza ad analizzare i meccanismi sociali ed economici del nostro tempo, che sono alla base delle catastrofi in corso. Il sistema capitalistico gioca tutte le sue carte; inquina, distrugge, impoverisce i molti e arricchisce i pochi, basa il suo progredire sul predominio e la disuguaglianza sociale ed ambientale, ma anche distorce le menti e le rende succubi del sistema stesso oltre che ambiziose e frivole. Non deve perciò stupire l’incapacità di critica profonda di tale situazione, dato che dovrebbe provenire proprio da coloro che in molti casi sono stati e sono tutt’ora parte del sistema stesso, ci sono nati dentro e vi sono stati cullati.
Ecco dunque accettare con troppa facilità i sorrisi delle istituzioni europee, le blandizie di università e strutture di potere, le quali offrono su un piatto d’argento soluzioni scintillanti come il Green New Deal, un modo gattopardiano di cambiare tutto per non cambiare nulla. Il sistema si ricicla ma il fondo non cambia e non trova delle soluzioni, ma fa cadere in trappola i grandi entusiasti dell’ambientalismo da salotto e soprattutto coloro che faticano ad accettare la rinuncia.
Ed ecco dunque capi e rappresentanti dei FFF (ma non era un movimento senza capi?) che partecipano a un video di propaganda buonista. Volti giovani e sorridenti come quelli di Adelaide Charlier (Youth for Climate),o di Anuna De Wever (Youth for Climate) o di David Wicker (Fridays for future italia) si accompagnano a personaggi come Gianni Letta, non particolarmente noto per essere un volto ambientalista o uomini di chiesa come Bruno Marie Duffè, consigliere climatico di Papa Francesco (il Papa che parla di ambiente ma lascia alle Curie sparse per il mondo la possibilità di tagliare disastrosamente e avidamente i boschi e coltivare intensivamente riempiendo di pesticidi i loro campi); o ancora Luca Visentini, al vertice della confederazione europea dei sindacati (non certo favorevole alla decrescita o allo smantellamento dell’industria inquinante) e così via passando per ONG e politici che tutti insieme ci illustrano il loro piano per avere milioni di posti di lavoro, soldi, felicità, un ambiente sano, tanto futuro, insomma hanno la formula per l’Eldorado (forse il loro) con l’utilizzo dei giovincelli come specchietto per le allodole.
Il secondo fattore fondamentale che ha portato allo sgretolamento dei FFF è la totale inesperienza di ogni forma di lotta di tipo politico e di organizzazione di fronti di massa. A questo si unisce una punta di superbia grazie alla quale si è da più parti invocato un limite di età per i partecipanti e gli organizzatori. Una sorta di grillismo all’eccesso dove l’età massima consentita per poter partecipare e costruire il movimento è quella degli adolescenti.
Proprio la mancanza di esperienza ha dunque giocato un grande ruolo nelle incapacità di unirsi ad altri movimenti, di creare sinergie, di attrezzarsi per una lotta di lunga durata, sostituita invece dalla ben nota frase di giovane rivoluzionario – Ragazzi non ho tempo, io devo studiare-.
Infine un movimento, che è partito subito con grandi numeri, non può che avere oggigiorno una spinta impulsiva che, seppur giustificata e di importante, denota una profonda fragilità. Tale fragilità andrebbe sorretta da un continuo approfondimento e una continua analisi, in molti casi entrambi mancanti. Se poi aggiungiamo la mancanza di coerenza della stragrande maggioranza dei partecipanti, pronti a fare cartelli e intonare slogan, ma poco propensi a un cambio di vita davvero radicale, il gioco è fatto. E così una straordinaria, unica, imperdibile opportunità è stata gettata alle ortiche. Quello che avrebbe potuto essere il più grande ed affascinante laboratorio per una rivoluzione culturale si è trasformato in una scadente dimostrazione di debolezza.
Ma è dunque tutto perduto? No di certo. Il potenziale dei FFF rimane e, anzi, ha dalla sua parte una vasta percentuale dell’opinione pubblica. Occorre perciò rivedere le linee politiche e soprattutto i metodi, cercando di mettere fianco a fianco impegno e passione, voglia di crescere politicamente e culturalmente; il tutto deve essere sovrastato da una grande ed amara consapevolezza, siamo l’unica generazione umana che può cambiare la storia ed impedire il collasso del Pianeta e l’estinzione umana, e il tempo che ci è rimasto è poco.