Germania a destra tutta

Le elezioni in Germania hanno tracciato un netto spostamento a destra, punendo duramente i partiti della coalizione di governo uscente. AfD consolida la sua crescita e Die Linke, unica forza realmente progressista, guadagna terreno. In un panorama segnato dalla crisi sociale ed economica, la politica tedesca si ridefinisce, lasciando spazio a nuove incertezze e alla sfida tra conservatorismo e una sinistra radicale che tenta di riprendersi il proprio spazio.

Scompaiono dall’arco parlamentare i liberali (FDP) che agendo da “utili idioti” hanno fatto cadere il governo di coalizione della scorsa legislatura spalancando le porte a queste elezioni che, come si poteva immaginare, avrebbero consacrato il definitivo spostamento a destra della politica tedesca. Perde anche la fuoriuscita da Die Linke, Sahra Wagenknecht (BSW), il cui progetto “rosso-bruno” di un non ben identificato “conservatorismo di sinistra” fallisce nell’intento di entrare in parlamento. Probabilmente la diversità della loro proposta non riesce a generare il consenso che le sarebbe necessario per sfuggire dai due poli che la superano tanto a destra (AfD) ed a sinistra (Die Linke). A questi ultimi comunque toglie necessariamente dei voti.

I veri vincitori sono il partito reazionario e neofascista AfD che va oltre al raddoppio dei seggi in parlamento, confermandosi purtroppo come una presenza politica stabile ed in crescita.

Il Ventesimo secolo è ormai finito anche in Germania. L’identità tedesca post seconda guerra mondiale e post riunificazione è definitivamente superata. La Germania, paese multiculturale che ospita grosse comunità di persone con origini migranti, vede definitivamente il suo arco parlamentare intaccato dalla presenza di partiti della destra populista e reazionaria che fino ad un decennio fa non avevano speranze di entrare nel novero della politica mainstream.

Il grande sconfitto è il partito di governo uscente (SPD) che, dopo una legislatura nella quale ha mal gestito la partecipazione tedesca in ogni crisi internazionale (guerra in Ucraina, guerra israeliana a Gaza) e faticato a dare risposte convincenti alle questioni interne (aumento dei costi dell’energia e progressiva crisi del settore industriale tedesco), non riesce a capitalizzare sulle scelte positive operate in campo sociale (istituzione di un vero abbonamento universale ai mezzi pubblici che garantisce il diritto alla mobilità, costante adeguamento del salario minimo all’inflazione, fine del regime di proibizionismo sulla cannabis con la conseguente legalizzazione). Questo sia per mancanze politiche proprie, sia per la costante opera di sabotaggio operata nella coalizione di governo dai liberali.

Al fallimento della SPD si somma quello dei Verdi, gli altri “soci” di coalizione nel governo uscente, che pagano il loro allineamento alle scelte operate in ambito interno e internazionale perdendo un terzo dei loro voti. Entrambi i partiti che avevano vinto e formato una coalizione di governo sull’onda di un programma che si raccontava progressista pagano soprattutto la mancanza di radicalità in favore di riforme moderate, principalmente di stampo liberal-ecologista. Tale approccio non paga nel lungo periodo, questa volta nemmeno nel breve, e anzi ha comportato, come si è visto, l’apertura di praterie politiche ai partiti conservatori (CDU) e reazionari (AfD).

Probabilmente è per questo che l’unico partito che si vuole genuinamente progressista, la Linke, è anche l’unico ad essere cresciuto in queste elezioni. Partito che racchiude varie anime ma che ha avuto la capacità di riorganizzarsi dopo una fase di crisi interna e di consensi, ma che soprattutto si è presentato con un programma sociale molto chiaro: calmiere per gli affitti, salario minimo (in Germania è già a 12,40€/h), sanità universale, tassa patrimoniale, misure di risposta alla crisi climatica.

È vero che, in tempi di polarizzazione, i partiti moderati tendono a essere cannibalizzati da quelli con posizioni più radicali, come dimostrano i casi di FDP, Grüne e SPD. Questo avviene anche perché ampie fasce della popolazione vengono private della sicurezza garantita dallo stato sociale e precipitate nell’incertezza economica e sociale. Di conseguenza, le posizioni neutre o di conservazione dello status quo risultano poco attrattive e ipocrite, soprattutto quando vengono presentate come progressiste.

Rimane comunque evidente, da una prospettiva italiana, l’enorme divario che separa la nostra vita politica da quella tedesca. Nessuno si aspetta che da domani la CDU rimuova gli ammortizzatori sociali che rendono la vita del cittadino/residente tedesco medio più agevole e godibile rispetto alla nostra. Uguale discorso per buona parte dei diritti civili ottenuti negli anni.  Una situazione nettamente diversa da quella italiana dove ad ogni tornata elettorale si assiste ad un concreto peggioramento delle garanzie sociali dei cittadini/residenti. Ed infatti non occorre essere osservatori attenti per rendersi conto che il tenore di vita in Italia è nettamente inferiore rispetto a quello tedesco. Non è una novità, ma fa sempre riflettere.

Al contempo, posti davanti alla necessità di formare un governo, la CDU/CSU, tornata al potere, dovrà porsi il problema di quali alleanze tessere. Sarà probabilmente un governo in coalizione con la SPD, con la variabile della partecipazione dei Verdi ancora aperta, che darà la botta definitiva ad ogni possibilità di riformare la politica tedesca e porterà ulteriori voti ad AfD. Non perché sia auspicabile un governo CDU/CSU-AfD, tutt’altro. Ma perché proprio la cooperazione tra CDU/CSU ed i perdenti (SPD, Verdi) renderà impossibile ogni riforma strutturale e ripensamento della società tedesca volto ad impedire una futura vittoria elettorale dei neofascisti di AfD. Impossibile immaginare delle politiche progressiste da partiti che, avendo governato fino a ieri, si sono dimostrati involenterosi di metterle in campo. Al contempo è chiaro che politiche conservatrici, anche se mediate, non possono andare che nella direzione di rafforzare lo spostamento a destra della società tedesca. Tra l’altro il futuro Cancelliere Merz è da un esponente dell’ala più conservatrice del partito e già poche settimane fa – con la proposta di legge per una stretta alla politica migratoria – ha dimostrato di trovarsi a suo agio nel cercare alleanze con l’estrema destra.

In conclusione, per quanto riguarda la sinistra solamente una politica basata sull’ottenimento di un concreto miglioramento nella vita quotidiana delle persone può sperare di superare la propaganda neofascista e reazionaria che segna, ormai da molto, questi anni. Appoggio mutuo, solidarietà attiva, e radicale richiesta di una sempre maggiore giustizia sociale sono le uniche vie percorribili per mostrare alla società una strada alternativa. Vedremo se Die Linke saprà sfruttare lo spazio ottenuto per ampliare il proprio consenso nel paese

Per i nuovi fascisti invece la strada è purtroppo in discesa. La rovinosa caduta nel tenore di vita medio rafforza il loro consenso e le bugie epocali che raccontano per descrivere questo peggioramento del tenore di vita sono ormai considerate come opinioni attendibili da ampie fette della popolazione.

Poco importa se, come è evidente, per prosperare queste forze reazionarie peggiorano apposta, con le loro politiche, la vita delle persone. Come è oramai palese in Italia. La narrazione che hanno costruito e che sono riuscite ad imporre gli permette di cavalcare il malessere che segna le nostre società.

Come già detto, tale malessere si può combattere solo lavorando dal basso per mostrare che una vita diversa, più dignitosa, è possibile. Occorre volerla. Non servono quindi parole ma costruire realtà alternative che fungano da esempio. 

Giacomo Ratto è uno storico e militante dello Spazio 77 di Bolzano

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