Proponiamo la traduzione a cura di Michele Montemurro dell’articolo “Le coronavirus n’a plus de vieux à tuer sur ce continent” di Par Gauz, originariamente pubblicato su Jeune Afrique. Questo testo offre uno spaccato dell’emergenza sanitaria in Costa D’Avorio con 1077 casi confermati al 24 Aprile; in seguito il governo ivoriano ha promosso una generale politica di confinamento con forti limiti agli spostamenti con la dichiarazione dello stato di emergenza. Il coprifuoco è stato prolungato fino all’8 Maggio.
La Costa d’Avorio con i suoi 30 milioni di abitanti è uno dei paesi più importanti dell’Africa Occidentale. Antica colonia francese, ha conosciuto dopo l’indipendenza tassi di crescita sostenuti grazie un’economia basata sull’esportazione di materie prime agricole (principalmente Caffè e Cacao). A seguito della crisi politica e del conflitto militare che ha investito il paese nei primi anni duemila, la Costa d’Avorio vive oggi un periodo di relativa stabilità, in attesa delle elezioni del 2020, viste con preoccupazione da molti analisti.
Sebbene rispetto ai paesi della regione la Costa d’Avorio presenti un sistema sanitario stabile, l’efficienza dello stesso è stata messa a dura prova dal conflitto 2002-2007. Le principali criticità, acuite dall’emergenza Covid-19, sono da evidenziarsi nella scarsità di materiale e personale medico, dalla difficoltà d’accesso alle strutture a livello rurale, dalla generale difficoltà di accesso da parte della popolazione più fragile (si stima che circa il 28% della popolazione viva con meno di 1.90$ al giorno) e dalla difficoltà di monitorare il contagio nelle ampie periferie della capitale Abidjian. Il paese attualmente è 165° posto nel ranking UNDP sull’Indice di Sviluppo Umano. Nel quadro dell’Emergenza coronavirus, con 1077 casi confermati al 24 Aprile, il governo ivoriano ha promosso una generale politica di confinamento con forti limiti agli spostamenti con la dichiarazione dello stato di emergenza. Il coprifuoco è stato prolungato fino all’8 Maggio.
In seguito la traduzione dell’articolo:
Per arginare la pandemia di coronavirus, l’Europa ha scelto il confinamento e l’Africa ha seguito il suo esempio. Tuttavia, il problema si pone in termini molto differenti, a seconda che si viva a Parigi o ad Abidjan. È tempo che i nostri governanti diano prova di indipendenza e originalità e offrano finalmente un’autentica educazione popolare.
La Costa d’Avorio è un paese giovane, così come tutti i paesi africani. Il suo profilo demografico non assomiglia a quello dei paesi occidentali, e qualsiasi riflessione valida per l’attuazione di una politica pubblica deve tenerne conto. “I paesi con una popolazione giovane devono investire di più nell’educazione”, è una lezione che abbiamo imparato sui banchi di scuola, appunto. Sembra tuttavia che i nostri dirigenti abbiano proprio marinato la scuola!
L’epidemia di coronavirus entra in scena in questo teatro. Panico generale! L’Occidente si confina e si chiude (già prima non era poi così tanto facile andarci). Come un cane impazzito perché il suo padrone ha paura, l’Africa fa lo stesso. Con la notevole eccezione del Benin, tutti i suoi dirigenti ripetono alla lettera i discorsi dei leader europei. Quando Manu[1] (Macron ndt) dice “con…”, Sall[2] (Macky Sall, Presidente del Senegal ndt) risponde “… finamento”. Quando Angela[3] (Merkel ndt) grida “chiudete…”, la CEDEAO[4] in coro risponde “… i confini”. Tremate di spavento, tremate di paura! (Parafrasando la strega Karaba’![5]) – (Personaggio del popolare cartone animato Kiriku e la strega Karaba’ ndt).
Piramide delle età
Siccome la paura distilla dalle cifre, allora combattiamola con le cifre. Al 30 marzo, in Francia, l’età media di chi è risultato positivo al coronavirus era di 62,5 anni, l’età media in terapia intensiva era di 64 anni e l’84% dei deceduti aveva più di 70 anni.
È ora di tirare fuori la piramide delle età – ricordate, quella che studiavamo alle medie- e di fare un confronto. In Francia, il 20,3% della popolazione ha più di 65 anni, ovvero un abitante su cinque. In Costa d’Avorio, solo 3 abitanti su 100 appartengono alla stessa fascia d’età. In altre parole, il coronavirus è una malattia legata alla piramide delle età, e le ansie di Chamalières[6] non sono proprio quelle di Guibéroua[7]!
Il Nord Italia ha un numero record di anziani rispetto al resto d’Europa, dunque il coronavirus non pone gli stessi problemi che in Cina, dove il virus è comparso. Immaginatevi quindi in Africa!
È qui che inizia la mia vera riflessione. Allacciate le cinture! A causa dell’età della popolazione in Occidente, il coronavirus è un problema molto serio. Pone una sfida di civiltà, mettendo in discussione lo stile di vita e la società. L’Africa non ne risente allo stesso modo per la semplice ragione che, per sessant’anni, la negligenza dei suoi politici, l’avidità dei mercati finanziari, le fesserie dei cosiddetti piani di aggiustamento strutturale, tutte le ambizioni degli avventurieri alla giornata senza arte né parte hanno già fatto il lavoro: non ci sono più anziani da uccidere in questo continente.
In Africa, l’aspettativa di vita non supera i 62 anni. Niger e Uganda hanno un’età media di 15 anni! Sì, avete letto giusto e potete andare a controllare. L’Africa ha 20 anni. Ogni giorno, la sua giovinezza è un patrimonio celebrato perché quello della morte precoce è un talento continentale. Un cinquantenne a Bouaké[8] (città nota per le violenze della Guerra civile ndt) è un miracolato. Nella mia nativa Babi[9] (Abidjian ndt), fin dall’università, mi chiamano “mio vecchio Gauz”. Uno dei canti che fanno ballare le assemblee religiose si chiama “Il mio nome è già scritto lassù, proprio lì”. Come si dice, i ragazzi o le ragazze che allungano la lista non sono mai disoccupati. (e penso anche a te, mio caro Dj Arafat[10]) – (Dj Arafat è stato un musicista ivoriano, star del genere coupé-decalé, morto in un incidente d’auto nell’agosto 2019, voce dei giovani ivoriani ndt).
Non si tratta della stessa guerra
“Dover vivere in prossimità della propria morte, contemplandola come una possibilità reale. Questo è, in parte, il terrore che suscita in molti la reclusione”. Ho letto ad alta voce questa frase di Achille Mbembe[11] (filosofo camerunense ndt) al mio gruppo di amici artigiani a Grand-Bassam[12], e abbiamo riso. Sono convinti che l’autore debba essere proprio francesissimo[13] o tutt’al più anglosassone, perché “vivere in prossimità della propria morte” è stato il nostro destino da secoli. Un regalo dei nostri politici!
Comprendiamo molto bene i popoli martoriati d’Europa e d’America. Siamo solidali con loro, e sappiamo che ce la faranno, loro che per tanto tempo hanno saputo pensare solo a se stessi e al loro benessere materiale, loro che hanno viaggiato per il mondo per secoli e che hanno costruito la preziosità della loro vita sul disinteresse per quella degli altri. Riusciranno a superare tutto questo. Hanno tutto l’armamentario politico, storico e culturale a disposizione per farlo.
Non stiamo combattendo la stessa battaglia, non stiamo combattendo la stessa guerra di coloro che hanno lavorato così duramente per garantire che il loro popolo viva il più a lungo possibile giovandosi dei benefici del loro sistema. Assolutamente no. Non ci sono anziani da uccidere qui. Povero coronavirus!
Allo stesso modo non ci possono essere da noi le stesse reazioni all’epidemia che ci sono in Germania o in Spagna. Senza un piano chiaro, non possiamo confinare una popolazione che, per il momento non è molto minacciata, ma che al contrario non ha più di due pasti da parte. Senza un piano chiaro, non possiamo confinare un individuo che non riesce a trovare da mangiare se non lascia la sua casa. Senza un piano chiaro non si può confinare allo stesso modo un giovane di Abobo[14] (comune particolarmente popoloso della cintura urbana di Abidjian) e un anziano di Monaco di Baviera.
I leader africani stanno perdendo una grande opportunità per mostrare intelligenza, originalità, indipendenza, per fabbricare un discorso coerente, per imporre una nuova igiene intellettuale e sanitaria. Il momento sarebbe ideale per offrire una vera e propria educazione popolare al posto delle mediocri e costose comunicazioni di governo.
Dilettantismo di alto livello
Politica vuota del COVID[15], dilettantismo di alto livello. Gli altri ne verranno a capo, e noi seguiremo. Nel frattempo, preoccupiamoci della loro psicosi. La realtà è che i leader del continente hanno una reazione di classe. Classe sociale, classe di età, sono più vicini agli europei che ammirano che agli africani che amministrano. In media, un presidente africano ha 64 anni e mezzo, è al potere da 11 anni e comanda dei ragazzi di 20 anni che non supereranno i 60.
Per concludere, e per evitare che i grandi pensatori partano alla carica sui loro ronzini, chiarirò le cose che questo articolo non dice:
– Non dice ben gli sta all’Europa.
– Non dice che il confinamento sia una cosa negativa.
– Non dice che il Covid-19 non uccide i giovani.
– Non dice che non ci sono pazienti Covid-19 in Costa d’Avorio.
A tutti quelli che dicono che questa crisi cambierà le cose, che ci sarà un prima – e un dopo – a voi che solo ora scoprite la critica alla società del consumo e affidate il sogno di un domani migliore a una molecola di RNA, ricordo solo questa data: il 2008… e questo proverbio Malinké[16]: il cane non cambia mai il suo modo spudorato di sedersi.
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1 Emmanuel Macron, Presidente della Francia.
2 Macky Sall, Presidente del Senegal.
3 Angela Merkel, Cancelliera della Germania.
4 Si tratta della Comunità economica degli Stati dell’Africa occidentale, anche nota con l’acronimo inglese di ECOWAS, importante organizzazione internazionale regionale di stampo economico di cui anche la Costa d’Avorio fa parte.
5 Personaggio del popolare cartone animato Kiriku e la strega Karaba, basato su un racconto folkloristico dell’Africa occidentale.
6 Cittadina termale al centro della Francia, legata all’élite francese.
7 Cittadina rurale al centro della Costa d’Avorio.
8 Città al centro nord della Costa d’Avorio, tristemente nota per le violenze della Guerra civile. Contraltare geografico della capitale Abidjian è stata spesso il termometro della tensione nel paese durante le varie crisi.
9 Nomignolo vezzeggiativo per la città di Abidjian.
10 Dj Arafat è stato un musicista ivoriano, star del genere coupé-decalé, morto in un incidente d’auto nell’agosto 2019. La sua fama era tale che i suoi funerali hanno commosso i giovani ivoriani tanto da registrare una partecipazione senza precedenti (più di 10.000 persone nel solo stadio di Abidjian). Da molti è considerato la voce della gioventù ivoriana.
11 Filosofo camerunense autore del celebre saggio Critique de la raison nègre.
12 Località marittima a circa 40 km da Abidjian.
13 Gaulois nel testo originale – lett. Gallo (dalla Gallia Romana), si utilizza spesso per indicare persone (o abitudini) francesi legate alla Francia continentale nel senso più tradizionale del termine. Viene anche usato in contrapposizione ai francesi dei dipartimenti d’oltremare, a discendenti di immigrati o a francofoni di nazionalità non francese.
14 Comune particolarmente popoloso della cintura urbana di Abidjian.
15 Qui l’autore gioca sulla rima nella lingua francese tra vuoto (vìde) con Covìd
16 Popolo dell’Africa Occidentale diffuso principalmente tra Mali, Costa d’Avorio, Guinea e Senegal. I malinkés hanno svolto un ruolo centrale nelle vicende storico-politiche dell’Africa Occidentale.