Di Luca Lanzalaco per ComeDonChisciotte.org
Il 21 ottobre 2022 alle 18.00, dopo un lungo colloquio con il Presidente della Repubblica, Giorgia Meloni ha letto la lista dei Ministri del suo governo che il giorno dopo, il 22 ottobre 2022, alle 10.00 hanno giurato fedeltà alla Costituzione che, peraltro, si accingono a cambiare. Sia l’elenco dei componenti del Governo Meloni che la cronaca degli eventi che hanno ne hanno preceduto la compilazione sono già stati accuratamente illustrati in un altro intervento a cui volentieri rimandiamo onde evitare inutili ripetizioni (1). Qui vogliamo soffermarci su alcune caratteristiche politiche di quello che sarà il sessantottesimo governo della Repubblica italiana.
Anzitutto, è il primo governo della Repubblica ad essere presieduto da una donna, senza ricorrere all’umiliante procedura delle “quote rosa”, a fronte di una presenza femminile piuttosto contenuta (6 ministri su 24). Secondo, è il primo governo dove la partecipazione dei postfascisti è nettamente preponderante e costituisce l’asse portante dell’esecutivo e della maggioranza che lo sostiene.
Terzo, è uno dei pochi governi la cui formazione ha richiesto consultazioni brevissime. Tale rapidità è dovuta al chiaro risultato emerso dalle urne, alla presenza di pressanti emergenze economiche, sociali e belliche che richiedono la rapida formazione di un esecutivo e, infine, al fatto che gran parte delle trattative si erano già svolte prima dell’inizio delle consultazioni del Presidente Mattarella che hanno assunto così un ruolo poco più che cerimoniale, cosa che è accaduta raramente nella storia repubblicana (2).
Se prescindiamo da questi fatti contingenti, gli elementi che caratterizzano politicamente il governo che la settimana prossima si presenterà in Parlamento per chiedere la fiducia sono tre: il mantenimento nella composizione del governo degli scompensi creati dalla legge elettorale, la natura essenzialmente politica dell’esecutivo nonostante gli annunci reiteratamente fatti da parte di Giorgia Meloni di un governo caratterizzato dalla presenza di tecnici di alto livello e, infine, l’ostentazione di elementi identitari fortemente caratterizzanti. Esaminiamo distintamente questi tre elementi.
Asimmetrie nella coalizione. La legge elettorale in vigore – volgarmente chiamata “Rosatellum” – ha una natura marcatamente distorsiva. Non solo, grazie alla presenza di una componente di collegi uninominali, trasforma una minoranza di voti in una maggioranza di seggi ma, anche all’interno della stessa maggioranza, fa sì che la distribuzione dei seggi non rispecchi quella dei voti.
Questi meccanismi hanno fortemente penalizzato Fratelli d’Italia che alla Camera ha un numero di deputati di poco superiore alla somma di quelli di Lega e Forza Italia, mentre i voti che ha ottenuto sono una volta e mezza quella dei suoi due alleati. Quindi, i sette milioni elettori di Fratelli d’Italia, nonostante abbiano vinto le elezioni, sono nettamente sottorappresentati rispetto ad un elettore della Lega o di Forza Italia. Questa sottorappresentanza si è mantenuta anche nella composizione del governo in quanto Fratelli d’Italia ha 9 ministri, mentre Forza Italia e Lega ne hanno rispettivamente 5, per un totale di 10.
Fratelli d’Italia è quindi il partito che ha pagato costi più elevati, in termini di composizione del Consiglio dei Ministri, alla solidità della coalizione di governo, anche se compensati dalle Presidenze del Senato e del Consiglio dei Ministri. La nomina a Vice presidenti del Consiglio di Matteo Salvini, leder calante della Lega e Antonio Tajani di Forza Italia rafforza questa impressione.
Si aprono, quindi, due prospettive per gli assetti politico-istituzionali del futuro governo. Può caratterizzarsi come una sorta di triumvirato a struttura collegiale in cui Giorgia Meloni è una semplice prima inter pares. Oppure, può evolversi in un governo a struttura monocratica dominata dalla leadership della Presidente del Consiglio e del partito di maggioranza relativa.
Quale dei due scenari prevarrà lo vedremo nei prossimi mesi, se non nelle prossime settimane. Onestamente, lo sguardo irriverente ed irrispettoso di Berlusconi e Salvini mentre Giorgia Meloni, prima, comunicava la sua designazione a Presidente incaricato e, poi, leggeva la lista dei suoi Ministri, non lascia presagire nulla di buono. Anche perché ci sono forze, prima fra tutte Italia Viva di Matteo Renzi, che sono pronte a insidiare, non appena possibile la stabilità dell’attuale coalizione di governo. Insomma, come sintetizza Massimo Gramellini, se Berlusconi e Salvini “continuano a strabuzzare gli occhi, un altro Matteo disposto a sostituirli senza tante smorfie si trova sempre” (3).
Cercansi tecnici di alto profilo. E veniamo, quindi, al secondo punto, quello più rilevante. Dal 26 settembre 2022, quando apparve chiara la soverchiante vittoria di Fratelli di Italia, per circa una quindicina di giorni Giorgia Meloni rilascia numerose dichiarazioni in cui annuncia che nel suo governo vuole la presenza di tecnici di alto livello, soprattutto per quanto riguarda i settori strategici dell’economia. Circolano i nomi di Fabio Panetta, di Domenico Siniscalco, di Vittorio Grilli. La volontà di assicurare una cospicua presenza di tecnici nel suo governo rispondeva ad una duplice esigenza. La prima, ovvia, di rassicurare i “mercati” mettendo nei posti chiave delle persone in grado di sostituire Mario Draghi, di assicurare il rispetto degli adempienti imposti dal Pnrr e di “tenere a bada i conti pubblici”. Dall’altro lato, vi era però anche la consapevolezza di disporre di un personale politico non pronto a far fronte alla crisi economica e sociale in corso (4).
L’idea di una Meloni “draghizzata”. come qualcuno l’ha ironicamente definita, presto scompare.
Da un lato, i tecnici si defilano prontamente e declinano l’invito a far parte di un governo che, oltre ad avere una guida politica che potrebbe stimolare le risposte negative dei mercati, dovrà affrontare enormi difficoltà a livello nazionale ed internazionale. Dall’altro gli alleati del centrodestra manifestano la loro indisponibilità a far parte di un governo a forte connotazione tecnica. Vogliono, invece, un governo politico. Anche perché Forza Italia e, soprattutto, la Lega hanno perso le elezioni e quindi non possono costringersi all’interno della “camicia di forza” costituita dalle scelte obbligate imposte dai mercati, dalle istituzioni internazionali e dalle tecnocrazie. Giorgia Meloni il consenso di un quarto dei voti lo ha acquisito, Forza Italia e Lega debbono cercare di riconquistare la loro base elettorale e non possono certo riuscirci delegando le loro funzioni a un governo di “esperti”.
L’idea di un governo a forte composizione tecnica così svanisce e quello che ci troviamo di fronte è un governo di politici, spesso attempati e di lungo corso, mentre i tecnici d’area, per quanto siano persone serie, non rispecchiano certamente quell’alto profilo evocato – e forse invocato – ripetutamente da Giorgia Meloni e paventato da chi prospettava un surreale “tecno-sovranismo”(5).
Guardiamo qualche dato.
L’età media dei Ministri è di 60.58 anni, la più giovane è Alessandra Locatelli (Disabilità) di 46 anni, a cui seguono Matteo Salvini (Infrastrutture e Vicepresidente del Consiglio) e Francesco Lollobrigida (Agricoltura e Sovranità alimentare), rispettivamente di 49 anni e 50 anni. La più anziana è Maria Elisabetta Alberti Casellati (Riforme) di 76 anni che guida una pattuglia di ben 6 settantenni o quasi settantenni. Non propriamente un governo giovane. Ma ciò che colpisce di più non è tanto l’età anagrafica, quanto piuttosto quella politica. Su 19 ministri politici, molti militano nelle rispettive formazioni fin dalla loro fondazione e ben 11 hanno già avuto precedenti esperienze ministeriali nei governi Berlusconi. Come sottolinea Stefano Feltri in un durissimo editoriale, oltre ad essere presenti ben tre potenziali conflitti di interesse (Calderone, Crosetto, Santanché, tra i quali il secondo è macroscopico), nella formazione del governo è prevalsa una logica prudenziale per cui la scelta è caduta su persone di fiducia per la condivisione di una pluriennale, talvolta giovanile, storia politica comune, se non addirittura familiare (Lollobrigida cognato di Giorgia Meloni o Zangrillo fratello del medico personale di Berlusconi) (6).
A ben vedere, però, la scelta di Giorgia Meloni per l’”usato sicuro” è pienamente comprensibile. Dovendo affrontare nei prossimi mesi una situazione economica e sociale a dir poco difficile, nonché uno scenario bellico internazionale che potrebbe degenerare molto rapidamente, la nuova Presidente del Consiglio ha deciso razionalmente di minimizzare il rischio politico scegliendo persone di età avanzata, con pregresse esperienze politiche e in grado di garantire per la loro storia personale se non lealtà totale, almeno una rassicurante affidabilità. Osare di più sarebbe stato avvincente, ma anche incosciente.
Tra equilibrio politico e ostentazione identitaria. Giorgia Meloni, tuttavia, non può limitarsi a governare prudentemente un quadro estremamente complesso – “rassicurando” i mercati, le agenzie di rating e le istituzioni europee ed internazionali – deve anche soddisfare le legittime esigenze di chi l’ha votata su un programma elettorale apertamente di destra. Ed è qui che si inserisce l’ostentazione provocatoria di elementi identitari, quasi a compensare la moderazione manifestata nei confronti della platea internazionale e la cautela imposta dall’emergenza energetica. A ciò, in parte si era già provveduto la settimana precedente sia con l’elezione alla seconda carica dello Stato di Ignazio La Russa, che con la sua esuberanza nostalgica risponde a quella quota di elettorato ancora attaccata al ventennio fascista, che con quella alla terza carica di Lorenzo Fontana, rappresentazione iconica di un componente minoritaria del cattolicesimo, dai tratti integralisti, tradizionalisti, omofobi e antiabortisti. Ieri, l’operazione è proseguita con l’attribuzione ad alcuni Ministeri di denominazioni che evocano intenzionalmente e simbolicamente mentalità caratteristiche della destra: la sovranità (alimentare, ma non monetaria né politica), la concezione tradizionale della famiglia (che si interseca con le politiche della natalità e fagocita quelle delle pari opportunità), il merito (che connota indissolubilmente l’istruzione) (7).
Parallelamente, vengono anche reclutate figure come Eugenia Roccella la cui complessa vicenda politica è iniziata con i Radicali per concludersi con il Family Day.
Insomma, è sul terreno delle politiche ad alta valenza simbolica ed etica, primi fra tutti i diritti civili, che Giorgia Meloni sarà costretta a dare sfogo alla radicalità a cui ha dovuto rinunciare nel campo della politica economica e della politica estera. Questa è la sfida che ha di fronte il suo governo, come rivela sua composizione: riuscire a realizzare un acrobatico policy mix, un intreccio, tra cauta moderazione sui temi economici ed internazionali e rigore tradizionalista, se non reazionario, sul fronte dei diritti e della cultura politica.
Di Luca Lanzalaco per ComeDonChisciotte.org
23.10.2022
Luca Lanzalaco è professore ordinario di Scienza politica presso l’Università di Macerata. Ha recentemente pubblicato, con Giampiero Cama e Sara Rocchi, Le banche centrali prima e dopo la crisi. Politica e politiche monetarie non convenzionali (ATì editore, 2019) e Fragile Boundaries. The Power of Global Finance and the Weakness of Political Institutions (Rivista Italiana di Politiche pubbliche, 2/2015, il Mulino). E’ autore del libro L’euro e la democrazia. Dalla crisi greca al nuovo Mes (Youcanprint, Bari, 2022)
NOTE
(1) = https://comedonchisciotte.org/ci-siamo-e-nato-il-governo-meloni/.
(2) = Per una accurata ricostruzione della prassi presidenziale delle consultazioni si veda Vitalba Azzollina, Regole, prassi e aneddoti che portano alle consultazioni, “Domani”, 11 ottobre 2022, pagina 11.
(3) = Massimo Gramellini, La smorfia, “Corriere della Sera”, 22 ottobre 2022, p.1.
(4) = Sul punto rimandiamo all’intervento caustico come sempre di Marco Travaglio, Governo: la Meloni è terrorizzata dalla classe dirigente di FdI e degli alleati, https://www.youtube.com/watch?v=l4MQjRETuuQ.
(5) = Donatella Di Cesare, Meloni, prove generali di “tecno-sovranismo”, “il Fatto quotidiano”, 21 ottobre 2022, p. 11.
(7) = Stefano Feltri, Ma quale “alto profilo”. C’è soltanto “alta fedeltà”, “Domani”, 22 ottobre 2022, p.1.
(8) = Antonio Polito, Dal “Merito” alla “Natalità”. I ministeri che cambiano nome, “Corriere della sera”, 22 ottobre 2022, p.13.