Riceviamo e pubblichiamo questo contributo con l’auspicio di contribuire al dibattito sui tumultuosi tempi che viviamo, nel solco della migliore tradizione tracciata da ComeDonChisciotte.org: uno spazio di pluralismo e liberta’ di espressione, dialogo e confronto aperto e leale.
Buona lettura.
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Di Belisario
La tragedia contemporanea dell’Occidente è la crescente affermazione del Neo Globalismo, che alla dottrina e metodologia trotzkista dell’espansione imperiale permanente ha aggiunto la dottrina gramsciana della totale occupazione culturale e mediatica.
L’altra tragedia, o riflesso della precedente, è che l’opposizione al Neo Globalismo è in gran parte condotta sulla base di analisi e categorie ideologiche marxiste e post marxiste (Antonio Gramsci e Herbert Marcuse in testa).
Tale approccio ideologico genera infiniti limiti e deformazioni interpretative. In estrema sintesi, va semplicemente ribadito che non esistono solo le relazioni economiche tra le classi, e che i popoli non si compongono e si caratterizzano solo in termini di classe.
La visione marxista perde di vista, non comprende, malinterpreta o nega fenomeni di ordine vario che non sono variabili dipendenti dai rapporti di classe, e che sono invece parzialmente o del tutto indipendenti – come peraltro Gramsci aveva limitatamente e strategicamente intuito. Per fare un esempio, nessuno ha mai avuto il coraggio di presentare un’ analisi della guerra civile in Jugoslavia in termini marxisti-leninisti, perche’ diverrebbe oggetto del più sarcastico ludibrio.
La visione marxista genera inevitabilmente una storia, anche recente, completamente distorta, perchè dinamiche e fatti, per quanto giganteschi – ma non facilmente spiegabili in termini di relazioni di classe – vengono persi di vista, non compresi, malinterpretati o direttamente negati.
Non solo. La visione marxista genera inevitabilmente anche una mitologia marxista – o credibile per i marxisti – è la stessa cosa.
Una delle bufale più ridicole della mitologia marxista e’ quella del Great Reset, non come visione meramente “ideale”, ma come vero e proprio piano operativo.
Chiunque dovrebbe essere in grado di capire che affinche’ tale visione si realizzi, deve accadere una serie infinita di sviluppi decisivi e convergenti in campo politico, istituzionale, economico, finanziario, sociale, mediatico-culturale etc, che nessuno al mondo è lontanamente in grado di programmare. Se diamo un valore di 100 al Great Reset, a stento siamo a 5.
E allora perche’ continuare a parlarne? Ed inoltre, perche’ interpretare anche la storia recente, specie a partire dalla nascita della globalizzazione con gli accordi di Marrakesh del 1994, come se fosse stata solo o principalmente un preparativo al Great Reset? Se “prima” nessuno l’aveva neanche pensato, cioè non esisteva!!!!!
Ci devono essere dinamiche che attraverso la mitologia del Great Reset vengono oscurate, e che non possono che essere dinamiche proprie del Neo Globalismo, quale ideologia dominante – per quanto non completamente dichiarata – in Occidente.
Il dominio degli USA e del dollaro
La realtà che viene oscurata dalla mitologia del Great Reset è il crescente, inusitato dominio degli USA nel campo occidentale, ormai comparabile se non superiore a quello degli Anni 50. Mai i Paesi dell’Europa Occidentale, Giappone e Canada erano scesi a tale livello di passiva subordinazione agli USA. Si tratta di un processo avviato dalle Presidenze Obama, sospeso da Trump e ripreso dalla Presidenza Biden, con enorme successo.
Sulle ragioni di tale successo del dominio USA si potrebbe aprire un lungo dibattito. Quello che mi preme sottolineare ora è che il riflesso di tale successo americano è il perdurante dominio del dollaro, nonostante siano ormai passati ben 20 anni dalla nascita dell’Euro.
E’ un dominio macroscopico che a noi Europei costa miliardi, ma che cio’ nonostante, grazie alle visioni marxiste e post marxiste imperanti anche nell’opposizione al Neo Globalismo, non viene compreso nella sua storia.
Una storia americana vittoriosa, che è inevitabilmente al tempo stesso la storia della sconfitta europea.
Un po’ di storia economica
Nel “gold standard” nato alla fine della Seconda Guerra Mondiale il valore del dollaro – moneta di riserva mondiale – era ancorato a quello dell’oro. Ciò supponeva che: a) gli USA potessero stampare dollari solo nella misura in cui il controvalore era coperto da disponibilita’ di oro nei sotterranei di Fort Knox, Kentucky; b) le banche centrali degli altri Paesi avessero il diritto di scambiare i dollari per quell’ oro.
Alla fine degli anni 60, gli USA iniziarono a stampare dollari ben sopra la loro disponibilità di oro, per coprire le spese: a) della guerra in Vietnam; b) dei programmi sociali necessari a frenare le rivolte nere e studentesche (la “Great Society” del Presidente Johnson).
Non essendo in quel periodo gli Europei delle mere pedine come oggi, perfino Inglesi e Francesi protestarono, arrivando a profilare ripetutamente gli Americani la possibilità di presentarsi con camions di dollari a Fort Knox per richiederne il cambio in oro.
Purtroppo, il quadro interno politico degli USA non era ancora del tutto pacificato dalle rivolte nere e studentesche, ed i Vietcong non mollavano, e così nell’agosto 1971, da un giorno all’altro, senza neanche l’ombra di un preavviso ai partners occidentali, il Presidente Nixon pose fine alla convertibilità dollaro-oro – quella che dovrebbe essere chiamata “la madre di tutti i defaults“, ma che gli Americani, per quanto mediamente dotati di cultura economica e finanziaria, continuano ancora oggi ad ignorare piu’ o meno allegramente. Menzioni un fatto del genere in uno dei forum finanziari USA piu’ noti e popolari, ed oltre il 50% reagisce attonito o non capisce: “I never thought about that”, etc.
Dall’agosto 1971 gli USA hanno iniziato a stampare tutti i dollari che volevano, scaricando inflazione sul resto del mondo, perchè il dollaro era e resta ancora oggi la prima moneta di riserva mondiale (63%), nonchè la moneta che quota petrolio e materie prime. Come se ciò non bastasse, nei primi anni Ottanta Ronald Reagan e Paul Volcker, sempre senza alcun concerto con i partners occidentali, alzarono alle stelle i tassi d’interesse, richiamando negli USA ed al dollaro i capitali internazionali che prima, per diversi decenni, avevano invece in gran parte messo a disposizione dello sviluppo mondiale. Drenaggio dei capitali internazionali, da parte del Paese piu’ ricco del mondo, durato fino ad oggi.
I tentativi europei di limitare lo strapotere del dollaro
Nel tentativo di rendersi meno dipendenti e di sottrarsi almeno parzialmente alla dittatura del dollaro, negli anni 80 le elites europee misero su il Sistema Monetario Europeo (SME), un meccanismo con una banda di oscillazione controllata delle monete nazionali gestito dalle banche centrali dei Paesi dell’Europa Occidentale. In termini semplici, quando una delle monete europee componenti si svalutava oltre la banda concordata, le altre intervenivano per sostenerla comprandola, o vendendola in caso di rivalutazione oltre la banda. Era un meccanismo che concretava un grado molto alto di concertazione economica e finanziaria, ma che mostrò i suoi limiti quando, a causa del differenziale tra i tassi d’inflazione britannico e italiano rispetto a quelli degli altri Paesi membri, non riusci’ ad evitare l’assalto della speculazione internazionale e l’uscita dallo SME della sterlina e della lira, ossia di Gran Bretagna ed Italia.
Gli USA – Governo Federale e Wall Street – non c’entrarono mai meno di nulla nel percorso che porto’ alla nascita dello SME, ed anzi, come logico, trattarono l’esperimento come una potenziale minaccia. Quando, sulle ceneri dello SME, le elites europee crearono l’Euro, la reazione sia del Governo Federale statunitense che sopratutto di Wall Street fu una fredda, gelida ostilità, per la semplice ragione che la stessa esistenza dell’Euro, a difesa di una area economica di poco inferiore agli USA, non poteva che attentare pesantemente al dominio del dollaro instaurato da un giorno all’altro dal Presidente Nixon nell’agosto 1971.
Chiunque abbia avuto a che fare con il Governo Federale degli USA e con Wall Street in quel periodo è perfettamente al corrente di tale ostilita’. E’ storia, non una opinione.
Così come chiunque (politici, funzionari, lobbysti, etc) in Europa abbia avuto a che fare con il percorso che ha portato alla nascita dell’Euro sa che uno dei suoi principali obiettivi era quello di attenuare il dominio incontrastato del dollaro. Migliaia di addetti ai lavori, da una parte e dall’altra, possono confermare quanto sopra.
Ma ciò nonostante, tra gli oppositori di indirizzo neo o post marxista al Neo Globalismo continua a girare la favoletta dell’ “Euro progetto degli USA”. Ma così non si vede, e conseguentemente non si capisce, la sconfitta europea.
A distanza di 20 anni dalla sua nascita, le statistiche della BIRS attestano che l’Euro rappresenta solo circa il 23% delle riserve valutarie mondiali, mentre il dollaro circa il 63%, una quota pari a quasi il triplo.
Il PIL degli USA non è il triplo del PIL dei Paesi UE o dell’area Euro, ma appena un 10%-15% (secondo i diversi calcoli) più grande. C’è ovviamente qualcosa che non va.
Perchè abbiamo perso: la BCE.
L’Euro ha purtroppo limitato solo parzialmente lo strapotere del dollaro. Gli USA, molto pragmaticamente, ne hanno accettato l’esistenza, per badare molto concretamente a ridurne l’autonomia, in particolare anticipando attraverso la Federal Reserve i trend finanziari e monetari, cosi’ obbligando la Banca Centrale Europea a giocare costantemente di rimessa, in una relazione di semi sudditanza.
Da tempo non c’è infatti più alcuna reale concertazione tra le politiche economiche e finanziarie dei Paesi G7, se non di mera facciata.
Eventi come il Plaza Agreement del 1985 ed il Louvre Agreement del 1987 appartengono al trapassato remoto. I comunicati del G7 in materia economica e finanziaria sono da oltre quindici anni il corrispondente concettuale delle famose mutande fatte dipingere sulle nudita’ della Cappella Sistina.
La relazione di semi sudditanza della BCE dalla Federal Reserve è sempre più evidente da quando nel 2019 è stata nominata la signora Christine Lagarde. Dal 2011 al 2019 la citata era stata Direttore del Fondo Monetario Internazionale, a seguito delle dimissioni presentate da Dominique Strauss-Kahn a causa del noto scandalo sessuale.
Ora, in poco meno di un biennio, gli USA del Presidente Biden hanno immesso 4 trillion di dollari (poco meno del 20% del PIL annuale USA) in sussidi diretti anti Covid e altri sussidi sociali. Per somme del genere, nella storia degli USA bisogna tornare indietro fino agli Anni 30 ed al New Deal del Presidente Roosevelt.
E’ come se in Italia negli ultimi due anni avessimo elargito aiuti anti Covid ed altri sussidi diretti per un importo di 400 miliardi di Euro (20% del PIL italiano), quando stiamo a litigare per 8 miliardi di reddito di cittadinanza, o per reperire alcune decine di miliardi per coprire le bollette energetiche Nessuno nell’UE ha potuto fare approvare sussidi lontanamente comparabili a quelli USA.
Un tale, gigantesca immissione diretta di liquidita’ sul mercato USA non poteva che scatenare l’inflazione, come per esempio il noto economista americano (peraltro di area Democratica) Lawrence Summers aveva avuto il coraggio di dichiarare pubblicamente. Ma la sviolinata di Summers e’ stata fatta passare come scandalosamente “paganiana” , e l’orchestra si è rifiutata di effettuare l’accompagnamento, restando in silenzio.
La strategia della comunicazione ufficiale (Biden, Powell, Georgeva, etc) e’ stata: a) prima negare o dubitare della (evidente) valenza inflazionaria di tale mostruosa immissione di liquidita’; b) poi riconoscere l’inflazione come “transitoria”; c) infine ammettere la non transitorietà dell’inflazione e, attraverso la Federal Reserve, aumentare a raffica i tassi d’interesse. Notare il gradualismo: passo per passo il bove è stato condotto alla stalla – o il maiale al macello, secondo i punti di vista. L’inflazione e’ stata intenzionalmente scatenata dalla Presidenza Biden.
A tale strategia di comunicazione ufficiale ha partecipato anche la signora Christine Lagarde. Con una grossa differenza: insieme al Presidente della Federal Reserve, Jerome Powell, l’ha anche concretamente messa in atto. La BCE si è comportata come una pecorella al seguito della Federal Reserve. Non ha lamentato l’evidente valenza inflazionaria della citata immissione di liquidità statunitense nè – come poteva – l’ha anticipata, limitandosi ad attendere l’aumento dei tassi USA per procedere, con giudizio, a seguirne l’esempio.
Una vera, autentica dependance della Federal Reserve statunitense! La signora Lagarde -per 8 anni Direttore del Fondo Monetario Internazionale – ha trattato l’Euro come un fratello minore che segue pedissequamente le gesta del fratello maggiore, il dollaro.
Quando mai potrà salire – uno si domanda – la quota in Euro delle riserve valutarie mondiali, con una politica del genere?
Ma la signora Lagarde, ad onor del vero, è alla testa di una BCE che assomiglia ad una scacchiera schierata in una partita che non finisce mai. L’area dell’ex marco tedesco e satelliti (Paesi Bassi e Scandinavi) contro l’ex area del Sud Europa (Italia, Spagna, Portogallo, Grecia, qualche volta anche la Francia). Aree che non sono quasi mai state convergenti e che spingono quasi costantemente per scelte di politica monetaria divergenti. Il rischio della rissa e’ sempre dietro l’angolo.
In tali condizioni di costante conflitto interno, come si puo’ sperare che la BCE riesca ad articolare un consenso su una posizione di relativa autonomia, o “dialettica”, nei confronti dalla Federal Reserve? La signora Lagarde e’ sicuramente troppo “simpatetica” con la Federal Reserve, ma la reale “bottom line” è in Europa siamo troppo divisi per articolare qualcosa di più del mero “wait and see” di quello che decide la Federal Reserve.
Grazie al dollaro, gli USA continuano a scaricare l’inflazione da loro creata sul resto del mondo.
La quota dominante (63%) delle riserve valutarie internazionali detenuta in dollari, la quotazione in dollari del petrolio e delle materie prime, l’enorme quantita’ di dollari detenuta e circolante al di fuori degli USA o, in estrema sintesi, il predominio finanziario del dollaro, consente solo agli USA la possibilita’ di scaricare inflazione sul resto del mondo.
E’ esattamente quello che sta accadendo, ma il processo, assolutamente intenzionale da parte degli USA, nella strategia della comunicazione pubblica degli USA di Biden viene confuso come una delle conseguenze del conflitto russo-ucraino.
In realta’ il conflitto russo ucraino, per l’evidente pressione sui prezzi energetici, ha solo accelerato un trend al quale ha altresì contribuito, in modo determinante, la folle politica delle sanzioni alla Russia decisa a Washington e prontamente propagandata dalla Commissione UE ai Governi dei Paesi Membri dell’UE, che se la sono lasciata imporre.
Le sanzioni anti Russia stanno mettendo in ginocchio l’apparato industriale europeo – tedesco e italiano, il secondo e quinto apparato industriale del mondo, in primis – ed attentando seriamente al benessere ed al futuro economico di alcune centinaia di milioni di cittadini dell’UE.
Com’è possibile che la Commissione UE, che dovrebbe difendere l’Europa, sia giunta a tale assoluta mancanza di misura e prudenza nell’esecuzione delle direttive della Presidenza Biden e del Neo Globalismo?
Da quando è in corso una linea del genere? La risposta, almeno a quest’ultima domanda, e’ purtroppo semplicissima: da quando l’attuale vertice delle istituzioni europee e’ stato eletto: il belga Michel come Presidente del Consiglio Europeo, la tedesca Von der Leyen come Presidente della Commissione (affiancata nel vitale settore della competizione dalla conferma della danese Vestager), lo spagnolo Solana come Presidente del Servizio Relazioni Esterne dell’UE. Spicca su tutti la signora Von der Leyen, per l’aggressività delle dichiarazioni politiche apertamente guerrafondaie ed antirusse – dichiarazioni politiche che peraltro spetterebbero al sovraordinato Presidente del Consiglio Europeo Michel. I citati personaggi dureranno fino alla scadenza della Commissione nell’estate 2024, qualche mese prima delle elezioni presidenziali USA del 2024.
Il conflitto russo-ucraino
Alcuni a questo punto opineranno che l’appiattimento europeo alle sanzioni decise dagli USA, più che del vassallaggio dei leaders delle istituzioni comunitarie, sarebbe in realta’ una conseguenza obbligata dell’aggressione russa all’Ucraina.
Ma la narrazione della guerra russo-ucraina dei nostri “liberi” media occidentali e’ deficitaria e falsa. L’Ucraina, con il colpo di stato del 2014 e la persecuzione sistematica della minoranza russofona, pari al 30% della popolazione, non e’ solo una vittima, ma e’ corresponsabile del conflitto.
E perchè mai, comunque, un conflitto locale tra Russia e Ucraina è stato trasformato in uno scontro globale tra Russia e Occidente, scontro che le opinioni pubbliche di Germania, Francia, Italia, Spagna, Olanda, Austria e Portogallo, nonostante i mass media, non vogliono?
Perchè i mass media europei sono quasi unanimemente schierati nel sostegno alla linea guerrafondaia, in completo contrasto con le opinioni pubbliche nazionali? Ancora: come possono essere autenticamente “liberi” mass media che non riflettono, neanche parzialmente, le opinioni pubbliche dominanti nei Paesi Occidentali, quali ormai cristallizzate in decine di sondaggi?
La guerra russo-ucraina è solo uno dei classici conflitti etnico-nazionalisti tipici e frequenti nel corso degli ultimi tre secoli nell’Europa dell’Est. E’ sempre difficile dar ragione al 100% ad una delle due parti in questi conflitti, e comunque aizzare una parte (l’Ucraina) a scapito dell’altra (la Russia) è sempre un errore esponenziale – ma e’ esattamente quello che USA e Commissione UE hanno fatto almeno dal 2013, salva la parentesi rappresentata dalla Presidenza di Donald Trump.
Questi conflitti nascono nelle ampie aree miste, dovute alla mancanza di confini naturali e definiti, e possono terminare senza il massacro e la sconfitta di una delle due parti solo quando vengono fissati nuovi confini che separino le due parti (che si odiano a morte), ed eliminino o riducano al minimo le minoranze da una e dall’altra parte: vedasi il caso lampante e recente della ex Jugoslavia, di cui – guarda che caso – nessuno parla.
La ex Jugoslavia insegna: fino a quando le aree e le popolazioni miste non saranno state fisicamente separate, Russi ed Ucraini continueranno ad uccidersi. O vedasi, ancora, la storia del Pale of Settlement, la vasta area, comprensiva delle attuali Ucraina e Bielorussia, nella quale la Russia zarista concentro’ le comunità ebraiche per quasi 126 anni, dal 1791 al 1917, allo scopo di porre fine ai continui scontri armati tra di esse e le diverse popolazioni della Russia.
Perchè abbiamo perso e stiamo perdendo: la Commissione UE.
Gli oppositori al Neo Globalismo (Presidenze Obama/Clinton e Biden/Blinken) dei Dem USA che provengono dal fronte neo e post marxista, e che continuano ad utilizzare le relative categorie ideologiche, non si rendono conto della sconfitta europea, e conseguentemente nemmeno della evidente sottomissione della Commissione UE alla leadership statunitense.
Mai con Prodi, Barroso e Juncker si era arrivati a tale imbarazzante livello. L’agenda del nuovo “Drang nach Osten”, l’espansione orizzontale ad Est in aperto conflitto con la Russia, è pienamente condivisa dalla Commissione UE, in parallelo alla costante espansione verticale delle sue competenze, a diretto scapito di quelle dei Governi dei Paesi Membri, sempre più sottomessi ad un regime autorizzativo preventivo.
E’ paradossale che i Paesi che, attraverso i contributi attivi al bilancio UE, da decenni finanziano gli immensi i costi di funzionamento delle istituzioni e del personale UE, nonche’ gli esponenziali contributi che dal 2004 vengono ogni anno versati ai Paesi dell’Est Europa, ossia principalmente, nell’ordine, Germania, Francia, Italia e Olanda, abbiano di fatto rinunciato a far pesare politicamente il loro ruolo di finanziatori dell’UE, per lasciare il campo libero ad una Commissione UE praticamente sottomessa all’agenda dei Dem USA.
Da quando in qua chi paga e finanzia obbedisce al finanziato e mantenuto (la Commissione UE)? Perchè non si parla del secondo Piano Marshall con il quale i Paesi dell’Europa Occidentale finanziano dal 2004 i Paesi dell’Europa dell’Est? Inclusi quelli, come Polonia e Baltici, che appaiono intenzionati a regolare i conti del 1948 (Polonia) e del 1940 (Baltici) con l’imperialismo comunista sovietico, nel frattempo pero’ sparito?
Cosa aspettano, almeno qualcuno di questi grandi finanziatori dell’UE, ai quali vanno aggiunti anche Svezia, Danimarca ed Austria, a cominciare ad introdurre elementi di chiara riflessione in merito a tale corso? Perche’ gli orientamenti di una autorità amministrativa eletta da nessuno, la Commissione UE, e posta alle dipendenze delle decisioni dei 27 Governi dei Paesi Membri riuniti nel Consiglio Europeo, vengono aggressivamente contrapposti a quelli parzialmente divergenti di alcuni Governi dei Paesi Membri (esempio, l’Ungheria), prontamente attaccati come “anti democratici”? Quale “lezione di democrazia” puo’ mai provenire da una autorità amministrativa eletta da nessuno – la Commissione UE – quando si contrappone frontalmente agli indirizzi di un Governo sovrano europeo democraticamente eletto?
Il mito del Great Reset
Tutte domande che gli oppositori del Neo Globalismo provenienti dal fronte neo o post marxista non si pongono. Paradossalmente, la difesa aggressiva dello Stato Nazione Ucraina contro la Russia – in un evidente conflitto di carattere nazionalista che investe la sicurezza di entrambi– passa per il ridimensionamento esponenziale degli Stati Nazione europei rispetto all’agenda comune dei Dem USA, della Nato e della Commissione UE: l’espansione ad Est, in aperto conflitto con la Russia. Eppure la candidata alla Presidenza USA Hillary Clinton l’aveva annunciata e scandita molto chiaramente (destabilizzazione attiva di Bielorussia e Ucraina), prima di perdere le elezioni a favore di Donald Trump, poi criminalizzato per 4 anni come presunto “amico e complice” di Putin.
Si preferisce proiettare il mito dell’ “imminente”, per quanto irrealizzabile, Great Reset, per nascondere la preminenza assoluta dell’agenda Neo Global degli USA sul fronte occidentale.
Si straparla di una imminente nuova moneta o sistema di pagamento internazionale alternativo al dollaro, come se Russia, Cina, India, Saudi Arabia, Brasile etc fossero in grado e pronti a rinunciare alle loro monete nazionali, in un’impresa che richiederebbe una concertazione profonda tra le politiche economiche e finanziarie dei relativi Governi, riuscita fino ad oggi solo ai Paesi Europei, prima attraverso lo SME e dopo con l’Euro, peraltro con risultati ben inferiori alle aspettative.
A destra e a manca spuntano gli orfanelli di Aldous Huxley e George Orwell, ad evocare scie chimiche, chip sottopelle, digitalizzazione delle monete occidentali, credito sociale, etc, mentre molto concretamente e da più parti, varie correnti del movimento Neo Global incoraggiano sempre più apertamente la censura mediatica, diretta a scoraggiare perfino il libero dibattito sul reale impatto delle attivita’ umane sul Global Warming.
La rilevante componente del mondo scientifico contemporaneo che nega o dubita di tale impatto ha ormai ricevuto il marchio d’infamia dell’accusa di “negazionismo”, mutuato dallo standard applicato alle interpretazioni negative o estremamente riduttive dell’Olocausto. Eppure solo il 5% del CO2 è immesso nell’atmosfera dalle attività umane, il restante 95% è naturalmente rilasciato dal pianeta nella sua interazione con il Sole.
Quanto manca affinchè la censura mediatica venga invocata anche contro le argomentazioni alla base delle famigerate Critical Race Theory e Gender Theory?
Ed infine, si rammenta e si discetta con la massima leggerezza dell’utilizzo di armi nucleari, magari “limitato”, come se decine di milioni di essere umani arrostiti vivi (come a Hiroshima, e Nagasaki, ma anche a Dresda, Amburgo, Tokyo, etc ) fossero una prospettiva sostenibile.
Non c’e’ vita su Marte!
Una famosa, splendida canzone di David Bowie del giugno 1973 si domandava se “Is there life on Mars?”, per sfuggire alla follia violenta ed irrazionale del mondo contemporaneo.
Nel frattempo, le sonde della Nasa hanno attestato che no, non c’è traccia di vita su Marte: bisogna rassegnarsi, non si puo’ scappare, si deve guardare in faccia alla realtà.
E la realtà è che o in Europa qualcuno si decide a cambiare corso, o il continente sprofonderà in una esponenziale crisi politica, economica e sociale, se non nuovamente nell’ecatombe, questa volta definitiva, della Terza Guerra Mondiale.
Un Big Click, altro che Great Reset.
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Di Belisario