di Armando Lancellotti
Natascha Strobl, Le nuove destre. Un’analisi globale del conservatorismo radicalizzato, LEG Edizioni, Gorizia, 2022, pp. 126, € 14,00
Quando Natascha Strobl – politologa e pubblicista viennese – dava alle stampe il volumetto recentemente tradotto in Italia da LEG Edizioni (Radikalisierter Konservatorismus. Eine Analyse) era l’estate del 2021 e il governo austriaco era ancora retto da Sebastian Kurz, leader della ÖVP (Österreichische Volkspartei), il Partito popolare austriaco. Si trattava del secondo governo guidato dal giovanissimo cancelliere federale, dal momento che il primo aveva preso il via a seguito della sua netta e brillante affermazione elettorale del dicembre 2017, che aveva dato luogo alla coalizione “turchese-blu” con la FPÖ (Freiheitliche Partei Österreichs), il Partito della libertà austriaco, ossia la formazione di estrema destra portata alla ribalta della scena politica austriaca ed internazionale una ventina di anni prima da Jörg Haider. Il primo governo Kurz fu travolto nella primavera del 2019 dal cosiddetto “Ibiza-gate”, che vide coinvolti soprattutto gli esponenti della FPÖ, che nelle successive elezioni anticipate subì un ridimensionamento tale da vedersi esclusa dal nuovo governo; ma questo non riguardò il partito di Sebastian Kurz, che, forte di un nuovo solido successo elettorale, diede il via al proprio secondo mandato, guidando una colazione governativa con i Verdi. Nuove accuse e sospetti di corruzione hanno poi indotto il cancelliere Kurz alle dimissioni verso la fine del 2021, cosa che, ad oggi, non ha però impedito alla medesima coalizione tra Partito popolare e Verdi di continuare a governare la Repubblica austriaca.
Questa premessa si è resa necessaria per tratteggiare la cornice politica entro la quale Natascha Strobl elabora e propone le proprie interessanti analisi, indirizzate alla descrizione e alla comprensione del fenomeno del “conservatorismo radicalizzato”, di cui la ÖVP di Sebastian Kurz rappresenta un esempio significativo, che la studiosa austriaca esamina in parallelo ad altri e in Italia più conosciuti casi, quali quello di Boris Johnson e del partito conservatore inglese e quello statunitense di Donald Trump. L’aspetto più interessante del lavoro di Natascha Strobl consiste proprio nel tentativo di elaborare un modello teorico generale capace di inquadrare un fenomeno politico che va diffondendosi rapidamente in Europa, seppur con aspetti differenti a seconda dello specifico contesto nazionale, e che vede le forze politiche conservatrici spostarsi sempre più decisamente verso posizioni di estrema destra, della quale assumono e assimilano atteggiamenti, parti del discorso e del linguaggio politico, nuclei ideologici, che producono l’effetto della radicalizzazione del conservatorismo politico.
L’analisi della politologa viennese prende le mosse da una ricostruzione delle principali caratteristiche del conservatorismo “classico”, che come ideologia e visione generale della società si è contrapposta, a partire dal XVIII secolo e poi nel XIX, prima al liberalismo illuminista e poi al socialismo. Il conservatorismo è un’ideologia antiegualitaria, che imposta la propria visione della società sui principi della gerarchia, dell’ordine e della proprietà. In essa giocano un ruolo fondamentale il riferimento ai valori tradizionali, in particolare quelli della fede religiosa. «In breve, quindi, intendiamo per conservatorismo un atteggiamento antiegalitario, antirivoluzionario, classista, i cui valori più alti sono l’ordine e la proprietà» (p. 14).
I fascismi “storici” hanno condiviso molti dei principi del conservatorismo, del cui appoggio si sono avvantaggiati nella fase dell’ascesa al potere, ma a differenza di questo non sono antirivoluzionari, anzi, si propongono come portatori di un progetto di ricomposizione conservatrice della società (in opposizione agli stravolgimenti dei processi di modernizzazione liberali, democratici e socialisti), ma attraverso il sovvertimento rivoluzionario delle istituzioni politico statali, che non intende restaurare un regime precedente, bensì crearne uno nuovo, che però si richiama ad un passato originario, capace di fare da mito fondativo, secondo una visione palingenetica della missione politica: l’etnia o razza, la primigenia comunità popolare, ecc. Nel caso del nazismo, a cui Strobl fa maggiormente riferimento, è l’antisemitismo il baricentro attorno a cui ruota tutta la lunga serie di altre diseguaglianze e discriminazioni: antiziganismo, antislavismo, l’ostilità verso le diverse forme di disabilità fisico-mentale e di indisciplina sociale, l’antifemminismo, ecc. Pertanto, conclude Natascha Strobl, «Il conservatorismo è un’ideologia di dominio per la salvaguardia delle relazioni (di proprietà) esistenti. Il fascismo è un’ideologia che – attraverso un (certo) scambio delle élite di potere – vuole superare l’ordine politico esistente» (p. 16).
Il “conservatorismo radicalizzato” odierno è un fenomeno politico ibrido, che nasce dalle molteplici occasioni e forme di contatto tra il conservatorismo e l’estrema destra fascista. La conseguenza è un neofascismo strisciante, che, a differenza dei piccoli gruppi organizzati dell’estrema destra militante più ideologica – facilmente riconoscibili ed emarginabili o comunque marginali – è decisamente più presente di quanto si tenda a credere nelle forme di pensiero diffuse, nelle formule linguistiche più usate, negli atteggiamenti comuni e più frequenti, insomma in tutte quelle che possono considerarsi forme pre-politiche di vita sociale. Questa infiltrazione carsica delle idee di estrema destra è stata resa possibile, dalla fine degli anni ’60, in particolar modo dal fenomeno della cosiddetta Nouvelle Droite in Francia, che si è sforzata di abbandonare il riferimento vetero nostalgico diretto al nazionalsocialismo e al fascismo storici; si è posizionata in un differente campo di lotta e di azione, non solo quello della politica in senso stretto, ma quello “pre-politico” e lo ha fatto adattando ai propri scopi le teorie gramsciane sull’egemonia culturale, al fine di acquisire una posizione di forza a livello del discorso pubblico, che rendesse egemonici i principi, il linguaggio, la mentalità conservatori e fascisti. «Era nata la Nouvelle Droite come spettro ibrido o sovrapposizione tra l’estremismo di destra tradizionale (etnico e neonazista) e il conservatorismo borghese statalista» (p. 21). Anche recenti forme di estremismo di destra nostrane, come CasaPound, vanno ricondotte a quella svolta epocale all’interno del neofascismo del dopoguerra.
Il fenomeno sociologico correlato al conservatorismo radicalizzato è quello della “borghesia grezza” (Rohe Bürgerlichkeit), concetto formulato per la prima volta dal sociologo tedesco Wilhelm Heitmeyer, che – come Natascha Strobl riporta – così lo definisce nel suo saggio del 2018, Autoritäre Versuchungen: «l’attenzione non è sulla classe economica, ma piuttosto sul fatto che sotto un sottile strato di maniere civili e conservatrici (“borghesi”) si nascondono atteggiamenti autoritari che stanno diventando sempre più chiaramente visibili, soprattutto sotto forma di una retorica sempre più rabbiosa» (p. 23). Insomma, secondo il sociologo tedesco, la “borghesia grezza” abbandona definitivamente (ed in particolare in tempi di crisi come quelli attuali) valori quali la giustizia, l’equità, la solidarietà sociale e fa propria un’ideologia fatta di durezza, di rivendicazione e difesa della propria posizione di vantaggio, di disprezzo verso i gruppi più deboli, in nome dei principi di efficienza, utilità, convenienza. Se la violenza non è certo appannaggio di un’unica classe sociale – sottolinea Strobl – tuttavia quella della “borghesia grezza” si nasconde dietro ad una facciata di maniere civili e di comportamenti presentabili e conformi alle regole sociali, che ne favorisce la diffusione e l’affermazione sotto forma di un «conservatorismo molto sicuro di sé e consapevole del proprio potere e così (attraverso istituzioni, i circoli sociali e i media) ha una grande influenza sul clima sociale» (citato da W.Heitmeyer) (p. 24). I grandi partiti conservatori tradizionali, che si spostano sempre di più a destra, si avvantaggiano del fenomeno della “borghesia grezza”, che al contempo alimentano, assumendo elementi ideologici ed atteggiamenti propriamente fascisti e, quando conquistano la guida dei governi, provocando un evidente deterioramento delle istituzioni democratiche.
Natascha Strobl individua di seguito alcuni passi fondamentali attraverso i quali ritiene che sia possibile ricostruire e articolare il percorso di formazione e di sviluppo del conservatorismo radicalizzato: la violazione delle regole; la polarizzazione della scena politica; l’affermazione della figura del leader; la trasformazione antidemocratica dello stato; la messa in scena mediatica; il complottismo e la post-verità.
È opportuno distinguere tra le regole formali, cioè innanzi tutto la Costituzione e le leggi dello stato e le regole informali della vita politica, vale a dire l’insieme di consuetudini e di norme di decoro, moralità e buona educazione politica. I leader del conservatorismo radicalizzato violano programmaticamente e sistematicamente entrambe. Nel primo caso, spesso il vantaggio che si consegue è di molto superiore alle sanzioni previste per la violazione delle leggi. L’esempio a cui Strobl fa ricorso riguarda Kurz e il superamento dei limiti di spesa previsti dalla legge austriaca per la campagna elettorale nel 2017: la sanzione che la ÖVP dovette pagare fu di molto inferiore al vantaggio politico che ottenne, vincendo in modo netto le elezioni. Nel secondo caso, l’effetto che si produce come conseguenza della violazione continua delle regole non scritte dell’azione e del confronto politici è quello di diffondere l’idea che non debbano esserci più regole e che la trasgressione di esse sia comunque possibile, o addirittura lecita ed auspicabile.
Gli oppositori dei conservatori radicali – osserva la studiosa – si illudono che la denuncia delle violazioni delle regole informali e il richiamo al loro rispetto siano sufficienti per rimettere in ordine le cose, ma accade esattamente il contrario, in quanto le menzogne e le infrazioni delle norme del galateo politico rimangono del tutto senza conseguenze, o addirittura e più spesso producono conseguenze positive per chi le compie in termini di popolarità e consenso. «Come Trump, anche Kurz sa che non ci sono conseguenze di nessun tipo se non si fa “la cosa giusta”: gli appelli al decoro e all’onore rimangono inascoltati. Al contrario: il loro successo si basa proprio sul fatto che non fanno quello che si “dovrebbe” fare […]. Una bugia è una bugia, ma una bugia che viene ripetuta senza conseguenze diventa la verità» (pp. 38-39).
Il conservatorismo radicale rivendica per sé populisticamente la rappresentanza della cosiddetta “maggioranza silenziosa”, che va a costituire il “noi” da contrapporre a “gli altri”, secondo una elementare logica dicotomica e manichea che produce polarizzazione nella società. Si tratta di uno degli aspetti che più evidentemente il conservatorismo radicalizzato ha assunto dall’estrema destra; nel fascismo storico e nel nazismo in particolare, a cui Strobl fa riferimento, la contrapposizione era concepita “biologicamente” come lotta tra il “noi” della comunità etnica-nazionale e “gli altri”, rappresentati soprattutto dagli ebrei e da altre categorie di nemici della razza. Osserva Natascha Strobl: «La versione neoliberale di una visione manichea del mondo è la divisione in operosi e pigri» e i secondi sono definiti tali «per bassezza o debolezza di carattere», a cui si aggiungono frequentemente caratteristiche etniche e di classe sociale. Sono i “chavs”, di cui parlava Boris Johnson nel 2005 sul Daily Telegraph, quando li definiva come il 20% della società inglese, che vive nei quartieri degradati e che vota Labour per ricevere elemosine assistenziali e, aggiungeva, sono «i grezzi, i perdenti, i ladri e i tossicodipendenti e i 70.000 detenuti delle nostre prigioni» (p. 40). Oppure si tratta dei “thugs” (teppisti) di Trump, termine usato dal presidente statunitense per indicare i neri dei quartieri degradati, considerati naturalmente inclini alla violenza, a cui vanno aggiunti i militanti di sinistra, le élite urbane a lui ostili, i musulmani e altre minoranze, che, tutti assieme, formano “gli altri”, dalle minacce dei quali deve essere difesa la working class americana, che Trump ha saputo in buona parte attrarre a sé. Si tratta, però, di una working class rigorosamente bianca e nazionale, minacciata dalla manodopera a basso costo dei migranti, i cui interessi dovrebbero convergere – nella prospettiva di Trump – con quelli della controparte, il capitale nazionale, messo in pericolo dalla concorrenza della globalizzazione finanziaria; i valori di riferimento condivisi ed accomunanti le due parti (capitale e lavoro nazionali e bianchi) sarebbero lo spirito di sacrifico, la cultura del lavoro, il saper “lavorare sodo”, che ancora sopravviverebbero nella provincia statunitense.
Anche Kurz dice qualcosa di simile – osserva Strobl – quando sostiene che a Vienna, in certe famiglie, solo i bambini si alzano alla mattina per andare a scuola, alludendo soprattutto agli stranieri e agli immigrati (pigri e disoccupati) che abitano la multietnica metropoli austriaca, a cui contrapporre e preferire l’incorrotto ambiente rurale, in cui si conserverebbero gli autentici valori nazionali, così come avviene nella provincia americana in opposizione agli ambienti metropolitani. La schiera dei nemici, degli “altri”, si infittisce poi con l’aggiunta degli antifascisti e dei militanti di sinistra in genere, degli stranieri, dei migranti, dei rifugiati, ecc. Il modo di rapportarsi agli oppositori del conservatorismo radicale, preso in toto dall’estrema destra fascista, è quello tipico dell’ordine del discorso complottista, che stereotipizza l’avversario, ne ingigantisce i presunti tratti pericolosi per la comunità dei “noi” e a lui riconduce la ragione di ogni problema o negatività.
Un altro punto fermo dell’estrema destra fascista che i partiti conservatori radicalizzati hanno fatto proprio riguarda la maniera di intendere la leadership politica e il suo rapporto con il partito stesso e con la base, che ricalca le modalità proprie del Führerprinzip fascista: il leader rappresenta in modo assoluto l’intera comunità dei “noi”, che a lui si affida, e scavalca, esautorandoli, gli organi interni e le strutture del partito tradizionale, per riassegnare il potere decisionale alla cerchia ristretta dei consulenti e dei collaboratori di sua fiducia ed esclusiva scelta. Per spiegare questo processo, Natascha Strobl richiama la teoria della “democrazia identitaria” di Carl Schmitt degli anni Venti del Novecento: «Secondo lui, la democrazia è l’unità spirituale tra chi guida e chi viene guidato. Le elezioni si tengono per acclamazione, cioè tramite un sostegno messo in mostra pubblicamente» (p. 58). Si tratta di un processo di “de-democratizzazione” del sistema politico in cui l’azione del popolo si riduce alla legittimazione pubblica del potere del leader-governante. I leader dei partiti conservatori radicalizzati, inoltre, tendono a presentare se stessi come le vittime di trame occulte e di complotti, tesi a diffamarli e a screditarli e come i portatori di “dure verità”, che altri non hanno il coraggio di pronunciare e che solitamente riguardano gli ambiti della giustizia sociale e della migrazione.
«Il pericolo dall’interno viene attribuito a presunti disoccupati pigri e ai migranti o ai rifugiati, mentre la minaccia dall’esterno è rappresentata dai nuovi movimenti migratori di massa che minacciano l’identità del paese. L’anello di congiunzione e l’immagine del nemico unificante è l’indefinita potente rete di attori politici e della società civile di sinistra che si annidano dietro ogni angolo e che controllano i media e persino ampie parti dello stato. […] Questo gioco non è nuovo. È la strategia del populismo di destra alla Haider. La novità è che la strategia di una figura di leadership superpolitica e sovrumana non è più invocata solo dall’estrema destra, ma è portata avanti dalle forze conservatrici» (p. 63).
I bersagli principali verso i quali si dirige l’azione politica del leader dei conservatori radicalizzati sono il sistema giudiziario, considerato attore protagonista delle trame complottiste della sinistra; il parlamento, mal sopportato in quanto strumento politico democratico obsoleto da scavalcare in direzione di un populismo che si regga sul rapporto diretto tra il leader e il popolo, che non necessita di mediazioni; lo stato sociale, da ristrutturare e smantellare, in ossequio alle idee guida del neoliberismo imperante, ma dietro la maschera della presunta tutela degli interessi del proletariato “nazionale”, insidiato da quello straniero e migrante.
Tra gli effetti più manifesti prodotti dal conservatorismo radicalizzato vi è la riforma antidemocratica dello stato. Osserva Natascha Strobl: «La separazione dei poteri, costitutiva del moderno stato nazionale democratico, viene così rapidamente e sistematicamente affievolita. Il cosiddetto quarto potere, i media, viene anch’esso costretto e sabotato, e lo stato sociale, la più grande conquista del movimento sindacale nel XX secolo, viene indebolito» (p. 63).
Il caso austriaco del governo “turchese-blu” del 2017 (ÖVP e FPÖ) guidato da Kurz è quello che Strobl analizza un po’ più nel dettaglio. La riforma del reddito minimo di cittadinanza prevedeva che l’erogazione completa fosse subordinata al possesso o conseguimento di un titolo di scuola dell’obbligo, di certi requisiti di competenza linguistica e di un numero massimo di figli. In questo modo a rimanere tagliate fuori erano un alto numero di famiglie straniere e di migranti. L’elemento apertamente razzista e discriminatorio serviva per affermare un punto fermo ideologico e soprattutto come “distrattore”, sia che lo si condividesse sia che lo si avversasse, capace di mettere in secondo piano il fatto che la piena attuazione di quella riforma avrebbe dato il via allo smantellamento del sistema sociale austriaco e a farne le spese sarebbero stati tutti i lavoratori e le fasce sociali più deboli, anche quelle bianche ad austriache.
Di fondamentale importanza per il successo del conservatorismo radicalizzato e del suo leader è la capacità di utilizzare i media per «praticare la politica in modalità di campagna elettorale permanente» (p. 76), che si regge sulla programmatica e continua costruzione di campagne scandalistiche. Così riflette Natascha Strobl: «Trump ha portato l’industria dello scandalo nel cuore della democrazia statunitense. Sebastian Kurz l’ha portata nel cuore della democrazia austriaca. Quest’ultimo ha il vantaggio di essere considerato un politico serio e rispettabile fin dall’inizio, con la sua tranquilla personalità e il suo modo di presentarsi. Kurz e Trump, tuttavia, adottano entrambi il gioco dell’estrema destra con vecchi e nuovi media. Un esagerato motivo di scandalo, divisivo e rivolto contro le minoranze, viene presentato come prova di una dura verità che finalmente qualcuno ha il coraggio di dire» (p. 80).
Il ricorso aggressivo e spregiudicato ai social media e l’adozione dell’ordine del discorso cospirazionista producono il fenomeno della “stan culture”. «Gli attori del conservatorismo radicalizzato non hanno più solo sostenitori politici, ma veri e propri fan, persino superfan – in contesti pop-culturali sono chiamati “stans” e l’attività corrispondente “to stan”. […] Applicato al campo della politica, questo significa che la gente non si limita più solo a votare per un partito o per dei candidati, ma li segue incondizionatamente. Questi fan […] si legano direttamente a una persona. Il privato e il politico si confondono, l’opinione personale, la conoscenza scientifica e le rivendicazioni politiche si mescolano in un’unica brodaglia. Tutto ciò che la persona oggetto del desiderio del fan fa è giusto, tutto ciò che dice è vero. Qualsiasi critica o opinione dissenziente è illegittima» (pp. 85-86). L’effetto che ne consegue è la creazione di un al di là della verità e della realtà, di una realtà parallela in cui si annullano le differenze tra verità e menzogna, tra spiegazione e stravolgimento della realtà delle cose. Nella dimensione della post-verità il leader del conservatorismo radicalizzato si trova e si muove a proprio agio e il caso statunitense di QAnon e di Trump costituisce l’esempio più esplicito di tutto ciò.
Nelle ultime pagine del lavoro di Natascha Strobl, non manca un riferimento storico – seppur solo abbozzato – a due casi tanto noti quanto importanti di “conservatorismo radicalizzato” del passato: la cosiddetta “rivoluzione conservatrice” tedesca del periodo di Weimar e l’austro-fascismo di Engelbert Dollfuss. Esempi di collaborazione, commistione e sovrapposizione tra conservatorismo e fascismo storico che non poco contribuirono al successo di quest’ultimo in area tedesca poco meno di un secolo fa. Con questo l’autrice non intende compiere una improbabile ed inverosimile sovrapposizione tra presente e passato e paventare un impossibile ritorno del fascismo nelle sue forme storiche, bensì dimostrare come il terreno di contatto tra fascismo e conservatorismo sia più esteso e più poroso di quanto non si possa immaginare e come, in un quadro globale di crisi economico finanziaria che si trascina dall’ormai lontano 2008, di crisi climatica pressoché irreversibile, di crisi sanitaria, di tensioni internazionali, geopolitiche e di guerra – tutti fattori dell’aumento a dismisura delle disparità ed iniquità sociali (internamente ai singoli paesi e tra le diseguali parti del mondo) – le forze conservatrici abbiano saputo affermarsi sulla scena politica, imboccando la via della radicalizzazione e dell’estremismo di destra. Processo per altro favorito dal fallimento epocale delle forze della sinistra di governo, che, abdicando al loro ruolo storico e abiurando i propri ideali, hanno sposato programmi e principi del neoliberismo imperante, lasciando alla destra campo libero di conquistare un crescente consenso popolare.