Il sistema economico italiano è al capolinea, ce lo dice Banca d’Italia!

di Megas Alexandros (alias Fabio Bonciani)

Quante volte, rispetto alla perenne crisi economica che stiamo vivendo, hanno cercato di tranquillizzarvi mostrandovi i dati dell’enorme risparmio degli italiani?

Persino coloro che apparentemente si collocano sulla sponda dei cd sovranisti, nel prospettare le loro insensate soluzioni alla crisi che affligge le nostre vite, hanno spesso fatto ricorso a ricette che prevedono l’utilizzo di questa grossa mole di denaro, come se la stessa fosse equamente distribuita nel paese e non di fatto posseduta da una ristretta élite.

Basti pensare ai famosi conti di risparmio proposti dal movimento “Moneta Positiva” di Fabio Conditi, che si pongono sulla stessa scia del nuovo BTP Valore riservato al retail (risparmiatori individuali e affini). Il tutto all’interno di quello che è il folle desiderio che gli italiani tornino ad investire nei titoli del nostro debito pubblico come era un tempo.

“Folle”, perché volutamente o meno, all’interno di queste proposte, si tralascia quello che è il presupposto principale affinché la maggioranza dei cittadini e delle famiglie italiane tornino ad investire: ovvero, dotare loro in primis della capacità di risparmiare!

E’ talmente chiaro che se 7 famiglie su 10 hanno difficoltà ad arrivare a fine mese e se il 45% degli italiani ha un reddito annuo inferiore a 15 mila euro (fonte Bankit e Mef), anche se gli italiani lo volessero, risparmiare diventa del tutto impossibile.

L’ennesima conferma che le famiglie italiane sono meno ricche, più indebitate e incapaci di risparmiare (anche se vorrebbero), ci arriva dal Rapporto annuale della Banca d’Italia per il 2022, nel quale si delineano i contorni di un opera ormai conclusa che ha visto come autori e beneficiari i poteri profondi di casa nostra coadiuvati dalla politica.

Volendo essere volutamente ripetitivi, proprio per non dimenticarlo; tre decadi di avanzi primari trasformati in deficit per trasferire 3000 (forse 4000) miliardi, dalle tasche della maggioranza degli italiani in quelle di una ristretta élite di stanza nel belpaese ed al mondo finanziario, sono esattamente l’opera a cui mi riferisco, messa in piedi attraverso la frode di un debito pubblico denominato in moneta straniera, i cui interessi rappresentano appunto un vero e proprio reddito coloniale per il Signore.

Un’opera che verrà esposta nei migliori musei del mondo per ricordare quello che ad oggi è, senza ombra di dubbio, il più grande saccheggio finanziario di classe mai avvenuto nella storia del nostro paese.

Il dato che forse colpisce di più, all’interno del Rapporto di Bankit, sono i 693 miliardi di euro di ricchezza finanziaria netta delle famiglie erosi nel 2022. Hanno inciso “l’alta inflazione e il forte calo dei prezzi delle attività”, secondo Banca d’Italia. Allo stesso tempo, però, è calata la propensione al risparmio, passando dal 13,2% del 2021 all’8,1% dello scorso anno. Il minimo dal 2008. L’elevata incertezza geopolitica e le tensioni finanziarie, secondo Palazzo Koch, tra le cause.

Dopo un 2021 spumeggiante (ma solo dovuto al parziale recupero rispetto al tonfo che ha caratterizzato il periodo pandemico), la brutale invasione della Russia in Ucraina ha portato a un generalizzato impoverimento delle famiglie italiane. Se è vero, come rimarcato dal governatore Ignazio Visco durante le sue ultime Considerazioni Finali, che nel 2022 l’economia italiana si è mostrata più resistente e resiliente del previsto, è altrettanto vero che i nuclei familiari italiani stanno facendo sempre più fatica. Ci sono due dati che danno la misura della situazione precaria in cui versano le famiglie del Paese. Come rimarcano gli economisti di Banca d’Italia, nel 2022 “il tasso di risparmio si è ancora ridotto, al 10 per cento del reddito disponibile lordo, dopo il picco raggiunto nel 2020 (17,5 per cento) per effetto dell’eccezionale compressione dei consumi durante la fase più acuta della pandemia”. Insieme con “gli ingenti trasferimenti in conto capitale (4,2 per cento del reddito disponibile) – riconducibili soprattutto ai bonus edilizi – il risparmio ha consentito alle famiglie di effettuare investimenti in attività reali pari al 10,5 per cento e in attività finanziarie nette pari al 3,7 per cento del reddito disponibile”. Ma non è tutto oro quel che luccica, si fa notare. Quest’ultimo avanzo finanziario “non ha però compensato il calo (pari al 7,2 per cento del reddito disponibile) del valore reale di quelle componenti della ricchezza (depositi, titoli obbligazionari, prestiti e crediti commerciali) il cui valore nominale è più esposto all’aumento dei prezzi al consumo”. Ne deriva che, a fronte dei rincari e della volatilità, la ricchezza finanziaria netta è calata del 14,4%, ovvero 693 miliardi di euro (quasi l’ammontare della spesa pubblica che i nostri governi effettuano ogni anno).

Intendiamoci bene, questi soldi non è che sono spariti! Si sono semplicemente trasferiti, tanto per fare un esempio, dalle tasche delle famiglie italiane ai conti correnti di ENI, contribuendo ai colossali profitti che l’azienda di Stato ha conseguito in virtù della delinquenziale speculazione messa in atto.

Altro indicatore estremamente negativo ci viene fornito da una indagine Istat sul clima di fiducia: “si è nettamente deteriorato a seguito dello scoppio della guerra in Ucraina e ha continuato a scendere nei mesi successivi in connessione con i rialzi dei prezzi e con il peggioramento delle prospettive economiche”. I consumatori, secondo l’ultimo rapporto Banca d’Italia, “ritengono che sia molto opportuno risparmiare, ma segnalano che si è ridotta la loro capacità di farlo”. I piani di spesa “possono risentire negativamente anche delle aspettative di inflazione elevata”, come emerge da analisi sui dati di un sondaggio sperimentale condotto dalla Banca d’Italia nell’estate del 2022.

Altro dato su cui riflettere riguarda i debiti. Nel 2022 l’indebitamento delle famiglie consumatrici italiane verso banche e società finanziarie “è cresciuto del 4,6 per cento”. Come fa notare Banca d’Italia, “a fronte di un leggero rallentamento dei mutui immobiliari (4,7 per cento), il credito al consumo ha accelerato (al 5,9 per cento)”. Il passaggio positivo, di contro, è che la situazione generale del Paese resta migliore rispetto a tante altre: “Alla fine dell’anno i debiti finanziari delle famiglie erano pari al 62,5 per cento del reddito disponibile, circa 2 punti percentuali in meno del 2021 e oltre 30 punti inferiori alla media dell’area dell’euro”.

Se parliamo di soluzioni alla crisi, anche sul tema del “credito” la confusione regna sovrana. E persino molti sovranisti concordano sul fatto che i rubinetti chiusi delle banche nel concedere prestiti, siano una delle principali cause che impediscono la ripresa della nostra economia.

Niente di più errato!

Le banche operano in modo ciclico e prestano se e quando sono certe di vedersi restituire i propri soldi e, questo certo non può avvenire in fasi economiche recessive.

Del resto, che tali ipotesi non funzionino, lo abbiamo toccato con mano se facciamo riferimento a quanto vissuto nella storia recente del nostro paese in relazione ai risultati ottenuti riguardo alle politiche monetarie messe in atto a Francoforte. Gli ingenti programmi di acquisto dei titoli del debito pubblico (Quantitative easing [Qe] su tutti) – con i quali si intendeva rendere liquide le banche, affinché quest’ultime ricominciassero a prestare – abbiamo visto non aver ottenuto minimamente l’esito previsto.

Anzi, di contro hanno contribuito all’esplosione delle borse (con bolle al seguito), luoghi dove gli istituti di credito hanno riversato la loro liquidità in cerca di rendimenti migliori, perche’ privati dei rendimenti sicuri dei bond pubblici, scesi addirittura in terreno negativo in relazione ai tassi.

A preoccupare è la crescita dei finanziamenti personali, che si colloca ben al di sopra della media dell’area dell’euro con una percentuale del 12,7 a fronte del 9,4 per cento. Nel 2022 la dinamica del credito al consumo si è riportata su tassi di crescita in linea con quelli prevalenti nel periodo precedente la crisi sanitaria e nei primi mesi del 2023, rimarca Banca d’Italia, l’espansione è proseguita.

Tutto questo ci conferma che il “credito” anche se fosse destinato a sostenere l’economia reale e non quella finanziaria, non può essere una soluzione definitiva se non accompagnato dalla spesa dei governi all’interno di quelle che sono le corrette politiche fiscali indirizzate al raggiungimento di un equilibrio, essenziale per un sistema economico che possa definirsi buono per la maggioranza.

La presente presa di coscienza da parte di Bankit, messa nero su bianco su questo documento, ci deve far riflettere su quanto sia deleterio lo status di indipendenza fra governo e banca centrale, imposto dai poteri lobbistici che vogliono spadroneggiare sulle nazioni ed i loro popoli.

Separare chi emette la moneta da chi ne conferisce per legge, il diritto di farlo in regime di monopolio e non comprendere quanto, i soggetti membri del sistema bancario, siano di fatto dei veri e propri agenti degli istituti centrali nella loro funzione di concedere credito, sono certamente due delle principali frodi dottrinali, causa del dissesto economico finanziario attuale che caratterizza la maggior parte del mondo occidentale.

Le banche commerciali quando creano un deposito attraverso la concessione di un prestito, lo fanno denominandolo nella stessa materia (valuta), prodotta dalla Banca Centrale dalla quale sono direttamente controllate e regolamentate e quindi, altro aspetto fondamentale, la garanzia su tale deposito da parte di chi emette quella valuta in regime di monopolio dovrebbe essere totale.

Cosa che, invece, nella realtà non avviene. Ed è per questo che poi, di fronte ai fallimenti bancari, il problema poi sposta sui tavoli dei governi che si trovano a dover gestire all’interno dei loro bilanci le ingenti perdite di risparmio da parte dei depositanti.

Risparmio che naturalmente, anche in questo caso, non si è volatilizzato nel nulla, ma che è finito nelle tasche di chi ha progettato i vari strumenti finanziari altamente volatili, nei quali appunto le banche hanno letteralmente scommesso i loro patrimoni ed i soldi della gente.

Da ora in poi, quando qualcuno vi parla e magnifica il risparmio degli italiani, fatevi anche dire in quali mani si trova!

di Megas Alexandros

Fonte: Il sistema economico italiano è al capolinea, ce lo dice Banca d’Italia! – Megas Alexandros

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