A distanza di sette mesi e dopo una terribile pandemia non ancora superata “el pueblo unido” cileno riconquista la rinominata Plaza de la Dignidad, simbolo dell’estallido social scoppiato quasi un anno fa contro il governo corrotto e violento di Piñera.
Una piazza che con la scusa della pandemia era stata militarizzata e interdetta alle manifestazioni negli ultimi mesi. Il governo, nel tentativo di cancellare il ricordo dell’estallido social in questi mesi aveva provveduto alla pulizia della statua centrale rimuovendo tutte le scritte e i simboli lasciati a testimonianza della lotta dei mesi precedenti. Ben protetto dalle forze armate, il presidente Piñera aveva poi anche “profanato” quel luogo di lotta facendosi riprendere dalle TV pubbliche in un atto di propaganda per il suo governo. Tuttavia, in questi mesi di isolamento prima e di chiusura parziale poi, la piazza della dignità non è mai stata abbandonata dai manifestanti della campagna referendaria “apruebo”: l’appuntamento del venerdì, sebbene ridotto in quanto a presenze, le biciclettate e i presidi degli operatori sanitari o dei solidali coi mapuche, hanno avuto come luogo di ritrovo proprio quella piazza, militarizzata e quasi inattaccabile. Fino ad oggi appunto, quando finalmente la bandiera mapuche, e non solo quella, è tornata a sventolare fiera al centro della piazza.
La “ riconquista” è avvenuta sabato pomeriggio a poco più di 20 giorni dal referendum popolare per riscrivere la costituzione e mettere in soffitta quella attuale di Pinochet e soprattutto dopo un crescendo di tensioni culminato il giorno prima con il tentato omicidio di un ragazzo di 16 anni ad opera di un carabinero che, nel mezzo di una carica ha preso il giovane e lo ha fatto precipitare da un ponte nel río Mapocho, nei pressi di Plaza de la Dignidad, procurandogli gravi ferite. Nella giornata di venerdì, come è prassi, sono stati numerosi i manifestanti che si sono radunati nei pressi della piazza per continuare le proteste contro il governo. Com’è purtroppo altrettanto prassi, l’agire dei carabineros è stato fin da subito sproporzionato quanto all’uso della forza. In una delle cariche effettuate dalle forze armate a piedi ma supportate dagli “zorrillos” con i loro idranti di acqua mescolata a prodotti chimici tossici, un gruppo di giovani si è ritrovato costretto a indietreggiare velocemente per non finire sotto le mani delle forze armate. Uno di questi giovani, il 16enne A.A., è stato però prima preso e poi strattonato da un agente verso il parapetto del ponte e, come evidenziano le immagini dei numerosi video pubblicati in rete, spinto oltre facendogli fare un terribile volo di qualche metro fino al letto quasi asciutto del río Mapocho.
LO TIRARON !!! CARABINEROS EMPUJÓ (SIN FORCEJEAR) AL JOVEN DE 16 AÑOS AL RIO MAPOCHO@Carabdechile ASESINOS!!!
video de @PaoladrateleSUR pic.twitter.com/8H1zu3QMWn— PIENSAPRENSA 222,7 mil Seguidores (@PiensaPrensa) October 3, 2020
Fin da subito le condizioni del ragazzo sono apparse gravi ma mentre le brigate sanitarie e i compagni di manifestazione correvano rapidi in suo soccorso, i carabineros continuavano impietosi nel loro tentativo di sgomberare la piazza. Fortunatamente il ragazzo sembra non essere in pericolo di vita anche se sono numerose le ferite riportate; purtroppo però è già in atto la campagna mediatica di criminalizzazione dello stesso ragazzo e la conseguente de-responsabilizzazione dei carabineros (nonostante le immagini parlino più che chiaramente) e dei vertici politico-militari, il generale Rozas, il ministro dell’interno Perez e il presidente Piñera. Il generale dei carabineros Enrique Monrás, ha avuto l’ardine di dichiarare che il giovane «ha perso l’equilibrio» nel tentativo di scappare dall’arresto.
Il giorno seguente a centinaia si sono ritrovati nei paraggi della piazza per protestare non solo contro il governo ma anche contro l’ennesimo inaccettabile atto di violenza delle forze armate. La grande partecipazione popolare ha ben presto messo in minoranza i carabineros che lentamente sono stati costretti a retrocedere e ad abbandonare il centro della piazza riconquistato così dopo molti mesi dai manifestanti. In brevissimo tempo sono riapparse le scritte e hanno ricominciato a sventolare le bandiere mapuche ma anche quelle degli ultras dell’Universidad de Chile presenti.
La riconquista della piazza è una piccola ma significativa vittoria di un movimento potente e determinato che ha scosso e continua a scuotere il paese dall’ottobre scorso. Un movimento che come abbiamo visto non ha padroni politici né portavoce, che proprio per questo è imprevedibile ma anche inarrestabile. Con questa piccola vittoria si aggiunge un altro tassello del puzzle che porta al referendum del 25 ottobre prossimo: passo dopo passo, vittoria dopo vittoria, il popolo ribelle cileno è sempre più vicino ad abbattere il tiranno e soprattutto a determinare il proprio futuro.
Pic Credit: Primera Linea Prensa.