Nella sua prima intervista con i media internazionali, dopo l’attacco drone di martedì al suo quartier generale principale nel nord-est della Siria, Mazlum Kobane (noto anche come Mazloum Abdi), il comandante delle Forze Democratiche Siriane (SDF), sostenute dagli Stati Uniti, ha dichiarato che l’obiettivo più probabile di una potenziale offensiva turca via terra contro le aree sotto il controllo curdo sarebbe la sua città natale, Kobane.
Due membri del gruppo sostenuto dagli Stati Uniti sono morti in quell’attacco, ed è la prima volta che un drone turco prende di mira un’area così vicina a una base statunitense in Siria.
Baluardo del nazionalismo curdo in Siria, Kobane è il luogo in cui si è formata l’alleanza contro il sedicente stato islamico fra i curdi-siriani e la coalizione guidata dagli Stati Uniti.
Mazlum Kobane ha espresso la sua frustrazione per quella che ha definito la debole risposta della Russia e degli Stati Uniti alle decine di attacchi aerei turchi che, all’inizio della settimana, hanno causato almeno undici vittime civili nell’area controllata dai curdi. L’invasione dell’Ucraina da parte della Russia ha accresciuto il valore della Turchia agli occhi della Russia e dell’Occidente. Molti ritengono che la debole risposta di entrambe le parti all’escalation della guerra della Turchia contro i curdi siriani sia dovuta al desiderio di portare Ankara dalla propria parte.
Kobane concorda. Secondo lui, se il Cremlino e Washington non si fermeranno, la Turchia darà seguito alle minacce di muovergli le proprie truppe contro, come ha fatto in due invasioni separate nel 2018 e nel 2019. Qualsiasi azione di questo tipo, dice, destabilizzerebbe ulteriormente l’area e annienterebbe gli sforzi degli Stati Uniti per sradicare i resti dello Stato Islamico. Kobane ha attribuito gli ultimi attacchi della Turchia agli sforzi del presidente turco Recep Tayyip Erdogan per fomentare i sentimenti nazionalisti in vista delle elezioni del prossimo anno. Una prolungata recessione economica, con un’inflazione in crescita e un aumento dei disoccupati, sta minacciando i quasi due decenni di potere di Erdogan. Quale migliore distrazione della guerra?
La Turchia sostiene che i gruppi curdi siriani armati e i loro presunti mentori del Partito dei Lavoratori del Kurdistan (PKK) siano i responsabili dell’attentato del 13 novembre a Istanbul, che ha causato sei vittime. Gli attacchi aerei di questa settimana sono stati giustificati come vendetta per quelle morti. Kobane ha negato qualsiasi collegamento con l’attentato, affermando di volere legami pacifici e di vicinato con Ankara.
Di seguito riportiamo il testo integrale dell’intervista originariamente pubblicata su Al-Monitor e tradotta in italiano per globalproject da Agata Guerrini.
Al-Monitor: Può confermare che il suo quartier generale adiacente a una base della coalizione guidata dagli Stati Uniti a Hasakah, dove l’ho intervistata più volte, è stato colpito oggi da un attacco di droni turchi?
Kobane: Sì. Il drone ha colpito un’area a circa 500 metri da quell’edificio.
Al-Monitor: Lei è sulla lista dei più ricercati in Turchia. Era lei l’obiettivo di quell’attacco?
Kobane: Non posso dirlo con certezza. Ma è un fatto che la Turchia abbia cercato di uccidermi in passato in diverse occasioni e questo è il luogo in cui sono conosciuto per svolgere le mie attività.
Al-Monitor: Crede che la Turchia abbia avvertito gli Stati Uniti prima dell’attacco perché le forze statunitensi e della coalizione stanno letteralmente accanto al vostro quartier generale?
Kobane: I turchi sanno che gli americani sono presenti lì. È una struttura congiunta. Lì svolgiamo l’addestramento congiunto delle nostre forze. Bisognerebbe chiedere agli americani stessi se sono stati avvertiti, ma per quanto ne sappiamo, i turchi hanno effettuato un attacco de facto.
Al-Monitor: Cosa intende dire?
Kobane: Non credo che gli americani sapessero che questo attacco avrebbe avuto luogo. Possiamo dire che l’attacco è avvenuto nonostante la loro presenza sul posto.
Al-Monitor: Lei era presente quando è avvenuto l’attacco?
Kobane: Non posso dirlo.
Al-Monitor: Credete che la Turchia effettuerà davvero un’offensiva di terra come ha minacciato oggi il presidente Erdogan?
Kobane: Prendiamo sul serio queste minacce. Se non ci sarà un serio sforzo di dissuasione da parte della Turchia, soprattutto da parte degli Stati Uniti e della Russia, lo faranno.
Al-Monitor: Il Dipartimento della Difesa e il Dipartimento di Stato hanno rilasciato dichiarazioni separate per mettere in guardia da un’ulteriore escalation, così come i russi, che hanno dichiarato di aver lavorato per mesi per prevenire un assalto turco. Cosa ne pensa di queste dichiarazioni?
Kobane: non sono assolutamente abbastanza forti rispetto alle minacce della Turchia e certamente non abbastanza per scoraggiare ulteriori aggressioni turche. Devono fare di più.
Al-Monitor: Ma sappiamo anche che senza il via libera di Washington o Mosca, la Turchia non può condurre un’offensiva di terra contro le forze curde situate nelle rispettive zone di influenza. Qualsiasi operazione di terra di successo richiederebbe il supporto via aria, come abbiamo visto nelle precedenti invasioni della Turchia. A meno che la Russia e gli Stati Uniti non permettano agli aerei turchi di utilizzare lo spazio aereo che controllano, la Turchia non sarà in grado di muoversi, giusto?
Kobane: È vero che se non otterranno tale permesso, i turchi non porteranno avanti un’offensiva di terra. Questo, comunque, è ciò che credo e che crede la nostra gente. Se ci sarà un’invasione di terra sarà perché tale permesso è stato concesso o perché [Russia e Stati Uniti] hanno scelto di rimanere in silenzio.
Al-Monitor: Sicuramente ha parlato con gli americani. Le hanno detto che non avrebbero autorizzato un’incursione turca?
Kobane: Questa è stata la loro posizione fino ad oggi. Ci dicono che non approvano un’azione del genere da parte della Turchia e che si oppongono. Dopo l’attacco di oggi abbiamo parlato con i nostri interlocutori statunitensi. Ma questa è una situazione del tutto nuova e quindi la stiamo valutando congiuntamente.
Al-Monitor: Avete cercato di contattare il coordinatore della Casa Bianca per il Medio Oriente Brett McGurk dopo l’attacco?
Kobane: I miei collaboratori hanno parlato con i suoi collaboratori, ma non ho parlato con lui personalmente. Ad essere onesti, abbiamo avuto il nostro bel da fare con tutto quello che è successo oggi.
Al-Monitor: Allora cosa hanno detto i funzionari statunitensi con cui ha parlato dopo l’attacco?
Kobane: Hanno detto che non si aspettavano un attacco del genere e che stavano valutando questa nuova situazione. Spero che a seguito di questa valutazione gli Stati Uniti adottino una posizione molto più ferma di fronte all’aggressione turca contro il nostro popolo.
Al-Monitor: E cosa dicono i russi?
Kobane: Dicono più o meno quello che dicono gli americani, ma aggiungerei che sono ancora meno fermi con la Turchia. La Russia si oppone a un’incursione terrestre turca, ma non è sufficiente. Kobane, Manbij, tutte le aree prese di mira dalla Turchia sono sotto il controllo russo.
Al-Monitor: I funzionari turchi hanno dichiarato ai media, dopo l’ultima ondata di attacchi aerei contro le vostre terre, di non aver utilizzato lo spazio aereo siriano. Hanno detto di aver lanciato i loro attacchi dal territorio turco.
Kobane: Le forze armate turche stanno mentendo. Hanno appena attaccato un’area di 70 chilometri nel nostro territorio tra Raqqa e Hasakah, controllata congiuntamente dalle forze statunitensi e russe.
Al-Monitor: Questo deve aver fatto vacillare la vostra fiducia nella Russia e negli Stati Uniti?
Kobane: dipende da come risponderanno a questa nuova situazione. Questi attacchi hanno raggiunto una soglia critica. Devono scoraggiarli d’ora in poi.
Al-Monitor: È corretto dire che il conflitto in Ucraina ha un ruolo in tutto questo? La Turchia è emersa come un attore chiave grazie alla sua posizione geografica e ai suoi stretti legami con la Russia e l’Ucraina, tra le altre cose. La Russia vuole chiaramente mantenere stabili le relazioni con Ankara, così come Washington e i suoi alleati europei. Questo avviene a spese dei curdi?
Kobane: Non c’è dubbio che la Turchia abbia approfittato del conflitto e si sia venduta con successo sia agli Stati Uniti che alla Russia. E se entrambi questi Paesi stanno deludendo le nostre aspettative di fronte all’aggressione turca nei nostri confronti, ciò è in parte legato alle dinamiche del conflitto ucraino. È anche vero che l’interesse degli Stati Uniti per il Medio Oriente e in particolare per la Siria è diminuito.
Al-Monitor: Come vi difendete in questa situazione? Quali sono le vostre opzioni? Dovrete chiedere aiuto a Damasco?
Kobane: Questo è ciò che vorrebbe la Russia. Vogliono che cerchiamo un accordo con il regime siriano. Per quanto riguarda gli Stati Uniti, devono articolare una politica più chiara sulla Siria. Non hanno una strategia che vada oltre la lotta [allo Stato Islamico] e non hanno formulato una politica chiara sul futuro delle aree sotto il nostro controllo. L’assenza di questa politica rende più difficile per noi negoziare con successo con Damasco.
Al-Monitor: Eppure gli Stati Uniti non si oppongono a un vostro colloquio con Damasco?
Kobane: È così.
Al-Monitor: Qual è l’ostacolo a un accordo con Damasco?
Kobane: Non sono pronti e la Russia non esercita abbastanza pressione su di loro. L’altro problema, naturalmente, è che il governo di Damasco si considera insostituibile, senza alternative, e questa mentalità lo rende ancora più intrattabile e sordo alle nostre richieste.
Al-Monitor: Le proteste in Iran e il fatto che siano concentrate in aree a maggioranza curda hanno avuto qualche impatto sulle dinamiche in Siria?
Kobane: Non abbiamo avuto rapporti con l’Iran su questi temi, ma i disordini in Iran hanno certamente un effetto sulle dinamiche in Siria. Detto questo, l’Iran è alle prese con i suoi problemi interni. Non abbiamo osservato un aumento della loro influenza in Siria in modo evidente.
Al-Monitor: Se Erdogan dovesse mettere in atto le sue minacce di un’invasione via terra, quale parte della Siria nord-orientale potrebbe attaccare questa volta?
Kobane: Di recente hanno parlato di Manbij, ma crediamo che il loro vero obiettivo sia Kobane. Kobane è altamente simbolica per i curdi. È il luogo in cui è stata lanciata la nostra lotta nazionale e in cui è decollata la lotta contro lo Stato Islamico. Ha anche un significato strategico, perché permetterà alla Turchia di unire Azaz [a ovest del fiume Eufrate] alle aree conquistate dalla Turchia nell’ottobre 2019.
Al-Monitor: Ha notato un aumento delle attività militari da parte della Turchia, o un aumento delle truppe e simili vicino a Kobane?
Kobane: Finora no. Abbiamo avuto solo attacchi aerei. Ma un’operazione contro Kobane non richiederebbe una grande preparazione.
Al-Monitor: Per la Russia, Kobane è meno utile di Manbij o Tell Rifaat, che sono vitali per la difesa di Aleppo. Quindi forse sarebbe meno restia all’idea di un’invasione turca di Kobane?
Kobane: È vero che sono più preoccupati per le aree a ovest dell’Eufrate. Ma per gli americani Kobane è un simbolo.
Al-Monitor: È preoccupato che la Turchia possa agire di concerto con i combattenti di Hayat Tahrir al Sham in un’eventuale invasione via terra? Questa preoccupazione è stata espressa da alcuni suoi colleghi.
Kobane: I recenti sviluppi che hanno visto HTS conquistare parti di Afrin, e le sue relazioni con la Turchia in generale, indicano potenziali preparativi per un attacco congiunto e coordinato contro di noi. La Turchia vorrà usarli in un’operazione contro Manbij e le aree circostanti.
Al-Monitor: Perché la Turchia vi sta attaccando così intensamente in questo particolare momento?
Kobane: La Turchia si oppone alle conquiste dei curdi, siano esse in Siria, Iraq, Iran o all’interno della Turchia stessa. La Turchia vuole distruggere la nostra amministrazione autonoma. Questo è il suo obiettivo generale. Ma soprattutto c’è la questione delle elezioni in Turchia. Con questi attacchi, Erdogan e il suo governo stanno preparando il terreno, preparando l’atmosfera pubblica per le prossime elezioni.
Al-Monitor: Attualmente mi trovo a Erbil, come lei sa, e gli alti funzionari di questa città continuano a dire che se lei tracciasse una chiara linea di demarcazione tra lei e il Partito dei Lavoratori del Kurdistan, la Turchia sarebbe pronta a lavorare con lei. Qual è la sua risposta?
Kobane: Non credo che questo sia il vero problema. È solo una scusa. La Turchia è contraria a tutte le conquiste curde. Se il Consiglio nazionale curdo [dell’opposizione siriana] gestisse questa regione, si troverebbe ad affrontare la stessa ostilità da parte della Turchia. La Turchia è contro i curdi.
Al-Monitor: Alcuni analisti turchi sostengono che l’attentato di Istanbul sia stato compiuto da elementi interni allo Stato, intenzionati a far deragliare la potenziale nuova apertura di Erdogan nei confronti dei curdi e, in particolare, del leader del PKK imprigionato Abdullah Ocalan. Ha senso secondo lei?
Kobane: Abbiamo sentito queste teorie. La verità è che ci sono due strade davanti a Erdogan prima delle elezioni. Può raggiungere un accordo con il movimento curdo, che gli darebbe un vantaggio alle elezioni, oppure scatenare una guerra. Loro hanno scelto la guerra. Erdogan ha scelto la guerra.
Al-Monitor: Chi crede sia il responsabile dell’attentato di Istanbul?
Kobane: Credo che sia stato un atto di provocazione concepito dal governo turco per gettare le basi della guerra contro di noi. Abbiamo fatto molte ricerche e siamo giunti alla conclusione che l’attacco è stato perpetrato da gruppi dell’opposizione siriana che operano sotto il controllo della Turchia. Abbiamo stabilito, ad esempio, e sto rivelando queste informazioni ai media per la prima volta, che la donna arrestata per aver piazzato la bomba proviene da una famiglia legata allo Stato Islamico. Tre dei suoi fratelli sono morti combattendo per lo Stato Islamico. Uno è morto a Raqqa, un altro a Manbij e un terzo è morto in Iraq. Un altro fratello è un comandante dell’opposizione siriana sostenuta dalla Turchia ad Afrin. Era sposata con tre diversi combattenti dello Stato Islamico e la famiglia è originaria di Aleppo. Non abbiamo assolutamente nulla a che fare con il bombardamento e non abbiamo una politica di questo tipo.
Al-Monitor: Avete promesso di rispondere agli attacchi della Turchia. Il portavoce delle SDF Farhad Shami ha twittato in turco parlando di “vendetta”. Avete intenzione di entrare in guerra contro la Turchia?
Kobane: No, abbiamo intenzione di difendere le nostre terre dalla Turchia, di combattere se ci attaccano all’interno delle nostre terre, a Serekaniye [Ras al Ain], ad Azaz, ad Afrin, a Jarablus. Non abbiamo alcuna intenzione o desiderio di combattere la Turchia all’interno delle terre turche.
Al-Monitor: So che è molto impegnato, quindi un’ultima domanda. Ho fatto numerose interviste con lei nel corso degli anni e ogni volta ha espresso il desiderio di relazioni pacifiche con la Turchia. Pensa ancora che la pace con la Turchia sia possibile finché Erdogan sarà al potere?
Kobane: A giudicare dall’esperienza passata e dai recenti attacchi della Turchia, purtroppo la mia risposta è no.
Al-Monitor: Ma abbiamo appena visto Erdogan stringere la mano al presidente egiziano [Abdel Fattah] al-Sisi e al principe ereditario dell’Arabia Saudita, uomini che ha a lungo screditato e criticato ferocemente. Forse potrebbe stringere la mano anche a lei, no?
Kobane: È vero che Erdogan è il maestro delle inversioni di marcia. È super pragmatico. Speriamo che un giorno possa esserci pace tra noi e la Turchia.