S.T. Joshi, Io sono Providence: La vita e i tempi di H.P. Lovecraft, vol.1: 1890-1920, Trad. Cervi, Baldini, Calvitti, Providence Press, pp. 620, euro 29,00.
S.T. Joshi, Io sono Providence: La vita ai tempi di H.P. Lovecraft, vol.2: 1920-1928, Trad. Schifano, Baldini, Providence Press, pp. 560, euro 29, 00.
Come e più di quella di Tolkien, anche la fama letteraria di H.P. Lovecraft nel nostro paese ha dovuto scontare i contraccolpi della strumentalizzazione politica. Fin dagli anni ’70 astuti mestatori dell’estrema destra, agit-prop ordinovisti in precaria equitazione tigresca secondo i dettami del loro guru – genuino razzista e preteso tradizionalista – il “barone” Julius Evola, cercando di aprirsi sponde di intervento culturale nei campi dell’esoterismo e della narrativa fantastica, mettevano le grinfie sullo scrittore di Providence, trovando fertile terreno nello stupidario razzista lovecraftiano consegnato ad un epistolario appositamente selezionato e chiosato ad hoc.
Si ricerchi ad esempio in biblioteca e ci si bei della lettura di articoli come H.P. Lovecraft, l’Ultimo Demiurgo, in La Destra n. 5, maggio 1972, Edizioni del Borghese: in cui HPL diventa oltre che razzista (e senza dubbi lo fu, almeno nelle esternazioni contenute in gran parte delle lettere anteriori agli anni ’30, debitamente scremate però dal tendenzioso casuista), anche antidemocratico, antiprogressista, antimoderno, (tutti anti e nessun pro…): insomma un vero tradizionalista evoliano Doc, senza saperlo ! In più viene proclamato che “molti autori di narrativa fantastica erano di tendenze conservatrici”, che Arthur Machen “fu uno dei pochi intellettuali inglesi che durante la guerra civile spagnola parteggiò per Franco” e che di analogo orientamento ideologico furono “H.H. Ewers, Algernon Blackwood, Bram Stoker e Sax Rohmer, per giungere ai contemporanei Borges e Tolkien, e così via”. Boia chi molla dunque ! …E poi l’ineffabile autore del pezzo in questione ha avuto la faccia tosta di lamentare spesso il fatto che chi lo ha criticato da sinistra sia troppo politicizzato…
Non che i quasi cinquant’anni che ci separano dal giovanile ardore del militantissimo articolo – in fondo il guru era all’epoca ancora vivo e bisognava fare bella figura ! – abbiano mai smorzato minimamente i toni e l’intransigenza: imbonimenti di circostanza a parte, la scialba e prevedibile lettura del personaggio e del fenomeno Lovecraft proposta dagli scolaretti del sedicente fantino di tigri, non si è modificata di una virgola da allora. Nel frattempo è assurta però nel nostro distratto paese al ruolo di – pretesa – principale esegesi lovecraftiana (oltre che in misura minore anche Tolkieniana: ripetendo sempre le stesse bugie le si trasformano in verità, lo diceva anche Goebbels…). Nel corso del tempo il “lovecraftesimo antimoderno” ha plagiato e subornato un numero fin troppo numeroso di appassionati del genere, con risultati variabili in base – per dirla evolianamente – all’ ”equazione personale”, ma con esito generalmente infausto, spaziante attraverso molteplici attività: dalla tutto sommato innocua pubblicazione di pessimi libri in materia, all’assai più funesta pratica del tiro a segno su immigrati senegalesi.
A correggere dunque annose, innumerevoli e premeditate distorsioni risulta quanto mai utile una contestualizzazione imparziale della vita e del pensiero di Howard Phillips Lovecraft: fanciullo complessato, uomo problematico, razzista incoerente, erudito autodidatta, moralista dalla sessualità ambigua, scrittore inappagato, sognatore sistematico. Mille facce diverse e contraddittorie per una non-entity, come si era definito in un suo scritto autobiografico, dimostrando ben scarsa autostima, autentica o affettata che fosse. Troppo facile risolvere il problema con le etichette e le bandierine come fanno i nostrani centurioni della tradizione (…T maiuscola, pardon !): forse l’enigma Lovecraft è un po’ più complesso di come molti vorrebbero e difficile da sciogliere in obbiettività e senza strumentale semplificazione.
Ci viene in aiuto Providence Press, casa editrice che ormai da qualche anno conduce un accurato piano di recupero della narrativa tardo-gotica e pulp anglosassone – traducendo autori come M.P. Shiel, Arthur Machen, Robert E. Howard, William Chambers Morrow, ecc. – e curando la rivista di narrativa fantastica e weird Providence Tales. E tramite loro, un testo per molti versi illuminante: I Am Providence, la monumentale biografia definitiva (1200 pagine complessive, suddivise in originale in due tomi) che S.T. Joshi, il maggiore esperto anglofono di horror e weird, ha dedicato a Howard Phillips Lovecraft. L’opera, impegnativa sotto tutti i punti di vista e condotta con amore e rigore maniacali, probabilmente il lavoro di una vita per il critico statunitense, era uscita negli Usa nel 2010, preceduta nel 1996 da una versione preparatoria “breve” (appena 710 pagine) intitolata H.P. Lovecraft: A Life. Una ricerca dettagliata, minuziosa fino alla pedanteria, non agiografica né deplorativa, sempre attenta ai dati e alle fonti. Forse Nemesi ha voluto che la biografia cardinale del Visionario di Providence, presunto suprematista bianco, la scrivesse proprio un uomo di pelle scura: Sunand Tryambak Joshi è infatti nato in India e Lovecraft al meglio del suo stile lo avrebbe probabilmente chiamato nigger o “beady eyed, rat faced asiatic”, suscitando il soddisfatto tripudio dei suoi fan “tradizionalisti” italioti.
Emerge invece dall’appassionante lettura un’immagine complessa, contraddittoria, ambivalente, del personaggio, lontana tanto dalle approssimazioni “metapolitiche” (come dicono loro) dei cultori neofascisti, quanto dalle banalizzazioni della vulgata lovecraftiana di massa, a base di giochi di ruolo, film, comics e musica black metal. Lovecraft viene finalmente riconsegnato alla storia e alla letteratura. Tutt’altro che “antimoderno”, ci appare invece piuttosto come un frutto spontaneo e – forse – inconsapevole della sensibilità del modernismo. A dispetto delle sue pubbliche e fin troppo ostentate deprecazioni di T.S. Eliot o di James Joyce, è proprio in ambito similare, di sperimentazione e provocazione, che può collocarsi la sua prosa ardita e priva di dialoghi, la sua concezione del weird come estetica e come visione del mondo, la sua deprecazione delle convenzioni del pulp nel cui contesto è costretto a muoversi, e la sua avversione per la società a lui contemporanea. Lovecraft non è solo autore ma anche figura quasi archetipica del modernismo: molto più vicino all’Outsider nel senso individuato dal Colin Wilson del suo periodo di angry young man che alle anchilosate e pseudomitologiche “rivolte contro il mondo moderno” dei reazionari. Il monumentale e dettagliato studio di Joshi ci aiuta a comprenderlo meglio.
Sotto la curatela del bravo Giacomo Ortolani, sono già stati pubblicati due volumi di Io sono Providence: La vita e i tempi di H.P. Lovecraft: il primo relativo agli anni giovanili 1890-1920 e il secondo a quelli compresi fra il 1920 e il 1928. Seguirà presto il terzo, quello della piena maturità e dell’apoteosi postmortale 1928-2010. E’ stata decisamente una scelta felice da parte del curatore voler dividere l’immenso lavoro in tre tomi invece degli originali due: concedendo così al lettore volumi meno pesanti e più maneggevoli, caratteri tipografici meno fitti e più leggibili, oltre che una scansione più graduale e cadenzata nella presentazione di un affresco umano, sociale e psicologico così impegnativo.
I libri replicano egregiamente la frugale compostezza dell’originale, con pochissime foto e moltissimo testo. In appendice, curata da Pietro Guarriello, un’accurata bibliografia (anche italiana) che include oltre ai racconti e alle poesie, gli articoli giornalistici, i saggi scientifici, le lettere e gli scritti autobiografici citati. L’indice analitico, strumento estremamente utile in opere di questo genere, verrà inserito alla fine del terzo volume. La lettura dello studio oggettivo di Joshi permetterà finalmente al ricercatore e all’appassionato di trarre da solo le proprie conclusioni: un approccio al caso Lovecraft per una volta senza filtri.