Sul canale youtube del Falkatraz Festival la raccolta dei “messaggi di solidarietà” giunti in occasione di questa edizione che a causa dell’emergenza sanitaria si svolgerà in maniera completamente diversa, ossia in forma cyber e virtuale.
#ioresisto
Falkatraz Laboratorio dell’Autogestione
Il Falkatraz Festival del 25 aprile al Parco Kennedy è stato per tredici anni consecutivi un laboratorio di partecipazione e promozione della libera espressione e non intende smettere di esserlo in questo momento difficile ed emergenziale. Certo oggi una delle sue principali caratteristiche, l’occupazione e la risignificazione dello spazio pubblico, quale era il principale parco e polmone verde cittadino, oggi ci è impedito fisicamente e materialmente.
Non lo è però la seconda caratteristica del Falkatraz: praticare qui ed ora i valori della Resistenza e dell’Antifascismo, oltre e contro la retorica e i vuoti cerimoniali istituzionali. Anzi ne avvertiamo oggi più che mai l’urgenza.
Alla crisi sanitaria in atto, che non sarà certo breve, si somma la sua risposta sistemica, che forse è anche più preoccupante e pericolosa, perché accelera in modo indiscriminato e autoritario processi già innescati, con esiti imprevedibili.
Attraversiamo una situazione complessa che mette in evidenza tutti i limiti di questo sistema, incapace di affrontare la pandemia da coronavirus, se non attraverso l’instaurazione di una governance emergenziale, che disciplina e nel contempo riproduce, un clima di panico sociale.
Ci hanno catapultato in poco tempo dall’invito irresponsabile al proseguire gli aperitivi della Milano da bere, che si trattava solo di una normale influenza, alla più pervasiva sospensione , nella forma e nella sostanza, delle più elementari libertà fondamentali e costituzionali dal dopoguerra. Solo un mese fa ci dicevano le mascherine fossero inutili, ora sono un dispositivo obbligatorio e un ottimo business di mercato. Sospensione autoritaria centralizzata che ha determinato un effetto istituzionale a cascata e di rincorsa al restringimento degli spazi minimi di agibilità e ha creato un clima di invito alla delazione e di continua rottura dei legami sociali e affettivi più elementari.
A questo corpo sociale irreggimentato, anche con il ricorso a terminologie dal tono sempre più belligerante, l’unica sfera pubblica permessa si limita al lavoro nei settori primari e alle elementari necessità di riproduzione sociale, la spesa domestica e poco più.
Attraversiamo una crisi economica che produrrà un livello ancora maggiore di concentrazione di profitto e precarizzazione di massa. Mentre si arrestano il lavoro e l’impresa di prossimità e legate al territorio, l’economia delle grandi infrastrutture, dell’energia da fonti fossili e delle grandi multinazionali, specie quella legata alla finanza e al capitalismo digitale, le reti, il web, la comunicazione, l’estrazione e la vendita dei dati, il mercato on line, fanno soldi a palate sulla nostra pelle e sulla nostra quarantena.
E ai comuni mortali resta la necessità di un lavoro sempre più precario, insicuro e a rischio contagio, o il telelavoro h24 che erode sempre più la sfera della privacy, oppure la costrizione domiciliare senza reddito né garanzie. Per non parlare di chi soffre regimi di detenzione, come le carceri, che infatti sono stati i primi a mobilitarsi.
Non servono misure una tantum né garanzie statali sull’indebitamento privato. Non servono altri investimenti pubblici per le banche. Vogliamo liquidità generalizzata. Serve un reddito da quarantena, come misura provvisoria, ma che preluda ad una radicale riforma del welfare in senso davvero universale.
Vogliamo un welfare nuovo che parta proprio da un diverso sistema sanitario e da un nuovo approccio alla salute pubblica, e che deve garantire i servizi minimi essenziali, dopo un ventennio di privatizzazioni selvagge, di retoriche neoliberiste sulla presunta efficienza del privato, di giustificazioni ai tagli alla spesa pubblica.
Serve un welfare dignitoso che rispetti i migranti rinchiusi nei centri di permanenza temporanea (cpr) e quelli sprovvisti di permesso di soggiorno. Urge una sanatoria che regolarizzi oltre seicento mila persone che vivono in condizioni abitative precarie o insalubri, spesso sovraffollate, che non possono accedere al servizio sanitario nazionale, ma come tutti rischiano di essere contagiati o di diventare veicolo di contagio.
L’unione europea del mercato e della moneta unica decreta con lo scontro sul MES e i Coronabond la sua morte politica, non solo per l’incapacità di una risposta unitaria e coordinata alla pandemia, ma anzi per il suo utilizzo strumentale, teso a rafforzare gli egoismi nazionali e la rapacità predatoria dei centri finanziari verso le economie locali più in crisi, come la nostra.
E se tutta la classe politica va messa in discussione, il sovranismo dei Trump dei Johnson dei Salvini di turno, si dimostra ogni volta la peggior ricetta ai nostri mali.
Intanto dall’agenda politica il tema della crisi climatica, imposto dalle mobilitazioni globali di milioni di persone, è oggi completamente depennato. Eppure la distruzione degli ecosistemi planetari, l’industria alimentare intensiva ad alto impatto ambientale, l’inquinamento e l’economia da fonti fossili, ci espone ad altri possibili mutazioni e contagi virali (mucca pazza, sars, peste suina..), se non sapremo praticare alternative al nostro attuale modo di vivere e di produrre.
Le lotte ecologiste a Falconara sembrano davvero emblematiche, nella prospettiva che ci ha sempre contraddistinto, ovvero il tenere uniti il diritto alla salute con il tema più generale della giustizia climatica e sociale, per il superamento delle cause reali e dei problemi ambientali e sanitari del nostro territorio. Dobbiamo liberarci anche dal virus dell’economia fossile chiudendo e riconvertendo le industrie inquinanti.
Se la governance emergenzialista e autoritaria della pandemia impone non solo il distanziamento fisico dei corpi ma soprattutto la disgregazione sociale delle persone e delle comunità, dovremo riorganizzare una rinascita dello spazio comunitario. La vicinanza, anche solo virtuale, ma che nel prossimo futuro dovrà reincarnarsi in dimensioni sempre più materiali, dei rapporti sociali e comunitari di solidarietà e reciproco sostegno, in questi mesi ci ha permesso di resistere a questo stato di fatto.
Sappiamo che tutto non tornerà secondo i canoni della normalità per come l’abbiamo conosciuta finora. Bene, che già ci stava stretta e logora, né ci piaceva…Usciremo da questa crisi conquistando una nuova normalità, un tempo nuovo, che parta da un diverso approccio ecologico con l’ambiente, nei rapporti comunitari e sociali, nei tempi di vita e di lavoro, e soprattutto verso la politica dei poteri più vicini e lontani. Dovremo noi, sottoporli ad uno stringente ed autoritativo controllo da oggi in poi, e non il contrario, dovrà essere la movimentazione sociale a tornare attore e protagonista dell’uscita dalla pandemia e dal panico, dal virtuale ad un nuovo reale, dalle contraddizioni del passato ad una nuova riconquistata normalità, che se sarà diversa dovremo lottare perché sia migliore.
Allora vogliamo ripartire dal 25 aprile 2020 come spartiacque di questo frangente critico, come un presagio per una Festa della Liberazione che verrà e che vorremmo proporre per la prossima estate, se ci saranno le condizioni opportune, in una data molto simbolica per la nostra città, in attesa anche di una risposta da parte dell’amministrazione comunale già sollecitata.
Ripartire il 25 aprile 2020 significa restare uniti, essere comunità che resiste, divenire protagonisti collettivi di un nuovo processo di liberazione.
#ioresisto è la nostra proposta per questo tredicesimo Falkatraz Festival che sarà in forma cyber e virtuale: noi, voi, tutti insieme, i tanti artisti che hanno animato le passate dodici edizioni, i tanti volontari del festival, gli operatori, i tecnici, gli attivisti, le singole persone che hanno abitato il parco e simpatizzato e parteggiato per questo evento, restiamo e resistiamo uniti in un evento, anche solo mediatico, attraverso i social, per lanciare e lasciare un messaggio, un punto di vista, un proprio pensiero, qualcosa di scritto, una foto, un video-commento, all’insegna della volontà di resistenza, di libertà e di liberazione, che alla fine, ci meritiamo, e alla quale mai rinunceremo.
L’evento di #ioresisto si concluderà e ritroverà poi il 25 aprile dalle 17.30 per una call, un’assemblea in rete, dove continuare a scambiarci opinioni, cantare Bella Ciao, brindare insieme alla Festa della Liberazione, scacciare l’isolamento imposto e rifare comunità, resistendo, sempre…
Falkatraz resiste da 13 anni, oggi più che mai
Cyber-Falkatraz Festival 25 aprile 2020 #ioresisto