La carta MES per arrivare agli Stati Uniti d’Europa: il nostro deep state sa bene cosa vuole!

di Megas Alexandros (alias Fabio Bonciani)

Passata la farsa elettorale, sui tavoli di Bruxelles dove i politici nazionali stanno giocando tutte le loro carte, per decidere chi sarà il nuovo presidente della Commissione europea, torna prepotentemente il tema della riforma del MES.

Il Meccanismo Europeo di Stabilità (MES), ovvero quell’istituto che serve a prestare agli Stati – quella stessa moneta che essi potrebbero crearsi da soli se non aderissero alle regole sul deficit che si sono autoimposti entrando nell’Eurosistema e vincolandosi nella loro libertà di azione.

Gli Stati distribuiscono la moneta al settore privato attraverso la spesa pubblica.

Per essere più chiari, il MES non fa altro che emettere obbligazioni sul mercato per raccogliere denaro da prestare agli Stati, naturalmente con la Bce prestatrice di ultima istanza.

Il fatto che di tutto questo non ve ne sia la ben che minima necessità (se l’Italia recuperasse la sua piena sovranità monetaria) sarebbe un dettaglio importante che però va a disturbare l’ormai consolidata narrativa che gli Stati per spendere, debbano ricevere i soldi a debito.

Ecco che il MES è ormai in fase di ristrutturazione, lo è da anni  in quanto deve essere sempre più funzionale agli intenti di saccheggio dei vari poteri che si annidano in Europa. Una ristrutturazione che fondamentalmente serve quella che è la volontà di rendere la moneta strutturalmente e costantemente scarsa per i popoli e più preziosa per chi la possiede.

Quello che sorprende di tutta la questione che gira intorno alla mancata ratifica della riforma del MES è il quantomai inaspettato esercizio di sovranità che i nostri governi stanno esercitando nel perdurare la loro ferrea opposizione alla sua ratifica.

Ricordo che l’Italia rimane l’ultimo paese della zona euro a non averlo ratificato.

Messa così la cosa dovrebbe farci saltare di gioia, stante appunto il palese atto di orgoglio sovrano con tanto di voce grossa che il nostro governo sta facendo in antitesi a quella che è la quotidiana e duratura narrativa di una Unione europea brutta e cattiva contro la quale niente si può.

Per farci tornare con i piedi per terra e privarci di ogni gioia, è sufficiente usare per un attimo la logica e capire che, essendo l’Italia già dentro il MES, non ratificarlo equivale al marito che, pur non volendo rinnovare la promessa nunziale, preferisce non divorziare.

Riguardo quindi alla non-ratifica del riforma, siamo di fronte ad un esercizio di sovranità di fatto dimezzato.

Ovvero, si sta decidendo di non ratificare le modifiche, ma allo stesso tempo di rimanere dentro il meccanismo MES, decisione priva di ogni logica dal momento che conosciamo tutte le pericolose problematiche che derivano da questo matrimonio.

Ecco che di fronte a scelte illogiche, è opera di intelletto chiedersi almeno cosa si cela sotto questa momentanea decisione.

Ho scritto “momentanea” proprio perché, ripercorrendo tutta l’annosa vicenda in questione ed ascoltando le alternanti dichiarazioni politiche dei nostri principali rappresentanti, si può ben comprendere che detta ferma posizione a non ratificare non sarà per sempre, ma è pronta a cambiare al verificarsi di determinate condizioni.

Altro indizio a conferma che la riforma del Mes prima o poi verrà ratificata dal Parlamento italiano, è il balletto che il ministro del Mef Giancarlo Giorgetti, sta ormai improvvisando da tempo.

Sono trascorsi appena sei mesi da quel 23 dicembre in cui stigmatizzava la bocciatura da parte della maggioranza (di cui fa parte) della ratifica della riforma stessa.

Oggi anche lui punta i piedi e mette sul tavolo le condizioni (certamente suggerite dai poteri a cui si ispira) alle quali anche il governo italiano darà il suo lasciapassare definitivo.

“Il Parlamento non è nelle condizioni di approvarlo (il Mes, ndr) e non lo approva”– ha detto a margine del Consiglio Ecofin in Lussemburgo, spiegando che il testo andrebbe di nuovo cambiato. Salvo poi aggiungere che, alla base del nuovo “no” italiano, formalizzato giovedì scorso alla riunione dei ministri dell’Eurogruppo, c’è anche un’altra motivazione: il trattamento che i principali leader UE hanno riservato al nostro presidente del Consiglio Giorgia Meloni nel corso del summit del lunedì precedente sulle nomine della nuova Commissione. [1]

E’ chiaro, a questo punto, che non è in discussione la permanenza dell’Italia nel Mes, come non è in discussione la sua ratifica se verranno accettate le condizioni che il governo italiano, con il ministro Giorgetti in testa, pone come priorità.

A questo punto, per dare una lettura definitiva se il popolo italiano, o chi altro, sarà il beneficiario di questo improvviso esercizio di sovranità da parte del nostro governo, è fondamentale comprendere cosa Giorgetti – e chi lo attiva – desiderano che sia cambiato nella struttura che compone la riforma del Mes.

“A breve non è possibile” ratificare il Mes, ma “a lungo dipende se cambia, se migliora, se cambia natura come abbiamo sempre chiesto” – ribatte Giorgetti con ancora più fermezza di prima.

Ma eccoci al dunque della questione, che insieme a chi sarà il nuovo presidente della Commissione europea, rappresentano le due condizioni alle quali il nostro governo darà il via libera alla riforma:

“Ieri per la prima volta il direttore del Mes Pierre Gramegna ha fatto delle riflessioni” sullo strumento, “recependo evidentemente anche delle critiche che abbiamo sempre fatto noi per cercare di cambiarlo e portarlo verso un utilizzo che lo faccia assomigliare a una sorta di fondo sovrano europeo”, ha detto Giorgetti. “Ad esempio per la difesa, evitando che magari i singoli Stati nazionali si debbano indebitare o spendere a livello nazionale. La discussione è stata appena abbozzata e tra l’altro ho incontrato molte resistenze specialmente dai Paesi nordici”.

Perfetto, più chiaro di così!

La riforma del Mes che vuole il governo a guida Meloni, va direttamente nella direzione di un consolidamento dell’Unione europea che vede come obiettivo di approdo gli Stati Uniti d’Europa, che sono da tempo nella testa di Mario Draghi.

Debito comune per costruire un esercito e Fondo sovrano europeo sono esattamente due elementi che vanno a saldare la UE conferendole, naturalmente in modo abusivo, quei poteri sovrani che ancora oggi sono in capo agli stati membri.

Insomma, il governo italiano e chi oggi lo guida dal profondo, a differenza dei paesi nordici (per voce di Giorgetti, ndr), vuole più Europa e sempre meno sovranità nazionale.

Questo è bene che tutti coloro che in Italia sperano in una uscita dalla UE, se lo mettano in testa al più presto.

Tenetevi pronti: una volta ottenuto tutto questo ed una presidenza gradita ai nostri poteri alla Commissione europea, la riforma del Mes approderà il giorno dopo in Parlamento.

Che sia Draghi o altro nome poco importa, è Draghi che sta scrivendo come dovrà essere la nuova governace economica europea. [2]

Le facce hanno poco valore per il Potere e per i suoi servi che le portano sul proprio collo!

Matteo Renzi ed Emma Bonino che si uniscono per formare una coalizione denominata “Stati Uniti d’Europa”, stanno lì a dimostrarlo.

Fortunatamente c’è ancora abbastanza materia grigia nel popolo italiano sovrano, da averli tenuti fuori dal quell’assemblea di condomino che ci presentano con il nome di Parlamento europeo.

Se un movimento politico che si presenta agli italiani col nome “Stati Uniti d’Europa”, non raggiunge nemmeno il quorum, secondo voi, è significativo o no che gli italiani di questa Unione Europea proprio non ne vogliono sapere più niente!?

Ed allora perché Giorgetti e Meloni insistono con il volerla consolidare di fronte a tale volontà popolare?

E’ chiaro: i due non rispondono al popolo sovrano!

Per il resto è tutto a posto (si fa per dire!), le due principali novità che ci presenta la riforma del Mes, sono perfettamente in linea con i dettami del Grande Reset e del suo nuovo megafono rappresentato dal movimento Positive Money:

Togliere di mano  definitivamente la creazione della moneta agli Stati ed alle banche per consegnarla al Signore

La riforma del MES, che da tempo il parlamento italiano dovrebbe ratificare, prevede due cambiamenti principali.

Il primo è la creazione di un Fondo di risoluzione unico, pensato per aiutare le banche europee in difficoltà e finanziato dalle banche stesse.

Il secondo cambiamento introduce invece l’obbligo per i paesi che decidono di chiedere aiuto al MES, di emettere specifici titoli di stato con una clausola, definita “single limb CAC” (un acronimo che sta per “Clausole di Azione Collettiva”) che permetterebbero di ristrutturare il debito (ossia stabilire una riduzione concordata del valore del prestito fatto al paese in questione) tramite un solo voto dei creditori, invece che con le procedure più complesse richieste dalle altre tipologie di titoli di stato. Questo vuol dire che un paese in difficoltà potrebbe dover restituire meno di quello che deve ai suoi creditori.

Quindi, un colpo al sistema bancario da una parte – diminuendone la capacità di creare credito per il sistema economico – e dall’altra, un colpo ai risparmiatori in caso di default controllato sul debito dello Stato (che a logica dei piani del Potere, non tarderà ad arrivare), il tutto ben gestito e diretto nell’ottica di togliere moneta dal sistema a livello macroeconomico.

Quindi, popolo italiano, attenzione alla propaganda sul Mes, la non-ratifica è strategicamente volta a consolidare l’Unione europea e non a farci uscire!

Detto questo non mi si venga a dire che Megas è a favore della ratifica!

di Megas Alexandros

Fonte: La carta MES per arrivare agli Stati Uniti d’Europa: il nostro deep state sa bene cosa vuole! – Megas Alexandros

Note:

[1] Isolata al summit Ue, Meloni si vendica: “Niente ratifica del Mes” (today.it)

[2] Mario Draghi sta tornando per passeggiare sulle macerie lasciate dalla caduta della globalizzazione – Come Don Chisciotte

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