Settantaquattro studentesse e ventuno studenti arrestati arbitrariamente, violenze, abusi sessuali e desaparecidos. È il gravissimo bilancio della brutale repressione della polizia statale del Chiapas nei confronti delle studentesse e degli studenti della Escuela Normal Rural Mactumactzá di Tuxtla Gutiérrez.
Lo scorso 18 maggio un gruppo di studentesse e studenti della Escuela Normal Rural Mactumactzá, ha occupato il casello dell’autopista a Chiapa de Corzo che collega la capitale dello stato, Tuxtla Gutiérrez, con San Cristóbal de las Casas per protestare contro la decisione delle istituzioni di effettuare il prossimo esame di ammissione alla scuola online invece che in presenza. La maggioranza degli studenti infatti ha origini contadine, vale a dire le famiglie di provenienza non hanno accesso né a internet né a strumenti informatici. Da qui la decisione di indire la protesta, nella speranza di vedere accolta una legittima richiesta che garantisse l’accesso alla prova a tutti coloro che con la prova in linea ne erano esclusi.
La risposta dello Stato del Chiapas invece è stata tutt’altro che di ascolto e di apertura al dialogo. Il governatore Rutilio Escandon, di MORENA, senza alcuna esitazione ha inviato la polizia statale a liberare il casello dell’autopista con la forza. L’intervento delle forze armate è stato fin da subito sproporzionato e violento e, come già detto, ha portato all’arresto di 95 ragazze e ragazzi (due ragazzi sono stati successivamente rilasciati perché minorenni) oltre alla sparizione di altri 200. Arresti arbitrari, eseguiti con violenza e con abusi dalla polizia statale che, secondo la denuncia delle stesse studentesse, sarebbero avvenuti obbligando le ragazze a spogliarsi e abusando delle stesse con palpeggiamenti nelle parti intime. Il giudice che ha convalidato l’arresto ha ritenuto corretto l’operato della polizia e ha denunciato il gruppo con accuse infamanti, tra le quali quella di “pandillerismo”. Rispetto ai ragazzi desaparecidos invece gli stessi studenti della scuola hanno successivamente precisato che alcuni hanno fatto ritorno a scuola o dalle proprie famiglie ma che al momento non si conosce ancora il numero dei ragazzi scomparsi.
A seguito di questa violenta repressione, le altre scuole normales del paese nei giorni seguenti hanno manifestato duramente esigendo la libertà immediata per quelli che sono considerati “prigionieri politici della Quarta Trasformazione” di López Obrador. Gli studenti di Ayotzinapa hanno occupato per qualche ora il casello della Autopista del Sol di Chilpanchingo che porta ad Acapulco; a Oaxaca una marcia convocata dalla CENEO (Coordinadora Estudiantil del Estado de Oaxaca) ha provocato grossi danni a un distributore, a negozi e a una banca del centro città. Una forma di protesta radicale che ha portato ad accuse di vandalismo per gli studenti ma che testimonia la loro rabbia per la continua repressione subita ad ogni manifestazione di protesta. A Puebla, nella giornata di mobilitazione per solidarizzare con Mactumactzá, promossa dalla Escuela Normal Rural “Carmen Serdán” di Teteles, due studentesse sono rimaste uccise e tre ferite gravemente nella repressione della polizia. A Città del Messico, in un’azione di protesta nello Zócalo, sono stati scritti sul pavimento della piazza e ben visibili dal Palacio Nacional, i nomi dei 93 studenti detenuti con la richiesta di liberazione immediata.
Manifestazioni e proteste che continueranno anche nei prossimi giorni. Già lunedì 24 maggio è stata convocata una marcia a Città del Messico dall’eloquente slogan “non vogliamo un’altra Ayotzinapa”, con l’obiettivo di ottenere la liberazione delle studentesse e degli studenti ancora privati della libertà e per la difesa delle scuole normales sotto attacco da parte delle istituzioni.
Gli eventi che hanno visto vittime gli studenti della scuola normale di Mactumactzá si inseriscono in un quadro di repressione contro le scuole normales che dura da molti anni, ben prima dell’arrivo di López Obrador alla presidenza. Il pensiero naturalmente corre alla più tristemente famosa delle scuole normales, quella di Ayotzinapa nel Guerrero che il 26 settembre 2014 è stata vittima di un attacco incrociato tra polizia statale, federale, esercito e gruppi criminali e che ha portato all’esecuzione di 6 persone e alla sparizione forzata di 43 studenti, ad oggi ancora desaparecidos.
L’attacco subito pochi giorni fa dagli studenti di Mactumactzá è un attacco che colpisce perché, in campagna elettorale e anche durante questi anni di governo, il presidente López Obrador si è sempre schierato senza tentennamenti dalla parte dei genitori dei ragazzi scomparsi, arrivando anche a decretare la fine della cosiddetta “verdad historica” e a produrre lenti ma importanti avanzamenti nelle indagini.
Ora, con questo attacco si ripropone la doppia faccia di questo governo: come con gli ambientalisti, gli indigeni, le femministe o i migranti mentre a parole si professa per i diritti di tutte e tutti coi fatti non tollera nessuna critica al suo operato mandando le forze armate a reprimere ogni protesta e contemporaneamente accusando ogni oppositore di essere un conservatore. È così con gli ambientalisti e gli indigeni che manifestano contro le grandi opere devastanti come il mal chiamato Tren Maya, è così con le femministe che manifestano contro l’inazione del governo di fronte ai femminicidi, è così con i migranti a cui il governo ha mandato contro tutta la forza militare possibile per fermare il loro passaggio nel paese e compiacere così il vicino del nord. Oggi il governo di López Obrador mentre da una parte si schiera con le vittime di Ayotzinapa, dall’altra parte manda a massacrare e a rinchiudere con accuse pesantissime studentesse e studenti la cui unica colpa è aver manifestato perché il diritto allo studio fosse aperto a quanti non hanno accesso ai mezzi informatici e di rete.
Per il momento il presidente non si è espresso sulla vicenda, ma presto o tardi dovrà rendere conto dell’operato del suo governo perché, come sostengono gli stessi studenti di Mactumactzá, «in Chiapas è più pericoloso essere normalista che narco».