La Germania è fottuta

Hans Vogel
unz.com

Per diversi aspetti la Germania si trova al centro dell’Europa. Non solo ne è il centro geografico, ma tutta la storia europea sembra ruotare intorno ad essa. In tedesco esiste il termine Mitteleuropa, che esprime in modo appropriato il ruolo centrale della Germania in Europa. A dire il vero, in una certa misura anche la Francia e l’Italia devono essere considerate parte di questo concetto, soprattutto quelle parti della Francia e dell’Italia che confinano con la Germania. La civiltà europea è stata essenzialmente plasmata dalla Germania e da questi due “junior partner”.

Da un punto di vista olistico, la posizione centrale della Germania può aiutare a spiegare perché nell’ultimo secolo gli anglosassoni (Inghilterra e Stati Uniti) hanno tentato due volte di distruggere la Germania, e con notevole successo! Ovviamente, gli Stati Uniti non sono una nazione europea, se non forse indirettamente come risultato dell’immigrazione di massa dall’Europa. Non lo è nemmeno l’Inghilterra, che, al massimo, fa parte della periferia europea. La vera periferia dell’Europa è costituita dalla Scandinavia, dalla Russia, dalla Penisola Iberica, dall’Italia meridionale e dai Balcani. La posizione insulare dell’Inghilterra la distingue fisicamente e mentalmente dall’Europa. È risaputo che gli abitanti di qualsiasi isola, per quanto piccola, si considerano tacitamente il centro dell’universo. In un certo senso, fondamentale e assai tangibile, la posizione geografica dell’Inghilterra le conferisce uno status separato, rendendola molto meno europea di quanto ami far credere.

Insieme all’alleato americano e contando sulle risorse e sulla manodopera del suo vasto impero coloniale, l’Inghilterra era stata la forza motrice dei primi due tentativi di distruggere la Germania durante la Prima e la Seconda Guerra Mondiale. Il primo, soprattutto attraverso il Diktat di Versailles, aveva portato alla distruzione della potenza militare tedesca, il secondo alla distruzione del suo potere politico. In un continente in cui, dal 1918, il fascismo e il nazionalsocialismo si erano apparentemente ben radicati, la Germania, per il suo peso economico e demografico, era di nuovo l’elemento centrale.

Dopo la seconda sconfitta della Germania da parte dell’Armata Rossa, l’URSS aveva fatto in modo che il nazionalsocialismo fosse completamente sradicato. Nella parte occidentale della Germania occupata, gli anglo-americani avevano creato un’intera struttura per impedire al partito nazista di risorgere in qualsiasi forma. La denazificazione della Germania occidentale era stata supervisionata dagli Stati Uniti, con le loro vaste e ben sviluppate agenzie di propaganda (“PR”). Poiché circa un tedesco su dieci aveva militato nel partito nazista, il primo passo di questo processo era stato ovvio: dichiarare illegale il partito nazista e punire coloro che ne erano stati membri. Poi passare al vaglio gli ex membri del partito e decidere chi uccidere (per “crimini contro l’umanità”) e chi invece avrebbe potuto dimostrarsi utile per ricostruire la Germania secondo le specifiche statunitensi. Sia per gli Stati Uniti che per l’URSS era fondamentale evitare qualsiasi confusione causata da sovrapposizioni e somiglianze tra nazionalsocialismo e fascismo da un lato, e socialismo (comunismo) e capitalismo dall’altro. Così la Repubblica Democratica Tedesca e la Repubblica Federale Tedesca a ovest erano, in un certo senso, delle vetrine per gli imperi di cui facevano parte come Stati vassalli.

Dopo il crollo del “socialismo reale” tra il 1989 e il 1991, che aveva portato all’implosione dell’URSS, per qualche tempo gli Stati Uniti avevano potuto coltivare l’idea di essere l’unica superpotenza sopravvissuta e che il mondo intero fosse ai loro piedi. Erano pochi gli americani a rendersi conto che la loro nazione stava affrontando una nuova e insospettabile sfida. Cosa poteva servire come quadro di riferimento, come guida, come indicazione per le possibili nuove direzioni da seguire? Una domanda davvero complicata, perché gli Stati Uniti si considerano al di fuori della storia, una civiltà unica e non soggetta alle leggi della storia.

[Gli USA] si erano resi conto che il fascismo, soprattutto nei suoi aspetti economici (con le grandi corporazioni che godevano di una libertà quasi illimitata e, allo stesso tempo, esercitavano un’influenza indebita su tutte le decisioni politiche) era, in realtà, un modello piuttosto attraente. Anche alcuni aspetti politici del fascismo (come la centralizzazione del processo decisionale e il completo controllo dei media) erano attraenti. Quando, subito dopo la caduta del socialismo, l’impero statunitense aveva abbracciato in pieno il neoliberismo, anche alcune politiche fasciste erano state, di fatto, inglobate nel processo.

Proprio come dopo il 1918 e il 1945, nel 1989-91 era toccato alla Germania pagare il prezzo del collasso del socialismo. Inizialmente, tuttavia, sembrava che la Germania avesse tratto vantaggio da quel crollo, perché, dopo quarant’anni di esistenza separata, i due Stati tedeschi avevano potuto fondersi in uno solo. In cambio, però, la Repubblica Federale aveva dovuto sacrificare la sua forte moneta nazionale, il marco tedesco, e permettere l’istituzione di una Banca Centrale Europea che aveva introdotto una nuova valuta: l’euro (2002).

Col senno di poi, la riunificazione della Germania era un processo che non avrebbe potuto essere evitato. Questo non era successo finché ciascuna delle due Germanie aveva avuto un’economia forte e competitiva e un tessuto sociale solido e finché entrambe erano state necessarie come vetrina delle rivalità tra superpotenze. Pertanto, i nuovi attacchi alla Germania unita (con l’obiettivo finale di ridurla alla condizione di un piccolo e folkloristico Paese di terza categoria per divertire i turisti stranieri) si erano concentrati sull’economia e sulla società.

L’attacco alla società aveva raggiunto un nuovo livello nell’estate del 2015. “Possiamo farcela”, aveva detto la cancelliera Merkel spalancando le porte ai “richiedenti asilo”, alle “masse povere” del XXI secolo provenienti dalle nazioni del Terzo Mondo distrutte dalle bombe della NATO e dalle importazioni agricole a basso costo dall’UE. (Spesso si dimentica che le economie agricole di molte nazioni africane sono state distrutte dalle importazioni di eccedenze a basso costo prodotte dagli agricoltori dell’UE, pesantemente sovvenzionati). Poiché molti di questi nuovi arrivati sono maschi giovani, single e spesso musulmani, gli effetti sono stati devastanti, soprattutto per la sicurezza delle donne. Intere zone delle città tedesche sono ora ghetti musulmani, con cartelli stradali in arabo. In molte scuole c’è un’alta percentuale di bambini non tedeschi, nati da genitori analfabeti, mentre l’alfabetizzazione delle giovani generazioni sta diminuendo a tassi allarmanti. In altre parole, la Germania si sta rapidamente “de-tedeschizzando”.

Il governo statunitense era da tempo irritato dalla crescente dipendenza della Germania dall’energia economica e abbondante proveniente dalla Russia. Il completamento, nel settembre 2021, del Nord Stream 2, un nuovo gasdotto che attraversa il Baltico, aveva aperto nuove possibilità per l’industria tedesca e per la cooperazione russo-tedesca, tanto che il regime di Biden aveva deciso di mettere in pratica la sua minaccia di sabotare il nuovo gasdotto: il 26 settembre 2022 era stato fatto esplodere. Questo fa parte di un triplice attacco coordinato all’economia tedesca. Il primo elemento è quello di costringere la Germania ad abbandonare l’energia russa e a passare alle più costose importazioni statunitensi, il secondo è quello di distruggere le lucrose relazioni commerciali tra Germania e Cina e il terzo è quello di costringere la Germania ad aumentare le spese militari.

Ma la noce più difficile da rompere è stata la cultura popolare tedesca e il senso di orgoglio che ne deriva. Da qui la lunga offensiva americana contro la cultura popolare tedesca, offensiva che è riuscita a costringere la maggior parte dei tedeschi ad ascoltare alla radio e alla televisione musica in stile americano con testi in inglese. L’attacco alla cultura popolare è essenzialmente una guerra allo spirito tedesco, poiché la cultura popolare è solo la parte immediatamente visibile dello spirito collettivo.

Come primo passo nell’attacco alla cultura popolare tedesca, gli americani avevano iniziato a rieducarli. Per esempio, erano stati girati filmati di propaganda (“clip”) che dicevano ai tedeschi di non marciare e di camminare a passo svelto ma senza dare un’impressione troppo marziale. Alla fine, questi sforzi di rieducazione erano riusciti a convincere i maschi tedeschi a fare pipì seduti sul water. Gli americani non avevano immediatamente inondato la Germania di film hollywoodiani (come invece avevano fatto in Francia nel tentativo di spiazzare la concorrenza francese), forse anche perché gli studi UFA di Berlino producevano film popolari secondo concetti simili, con star molto più popolari di quelle statunitensi. Fino agli anni Settanta, il pubblico tedesco aveva continuato ad apprezzare i film di registi tedeschi come Rainer Werner Fassbinder, Werner Herzog e Wim Wenders. I canali televisivi tedeschi avevano prodotto molte serie molto popolari, come Derrick, che erano state esportate con successo anche in Paesi lontani, come la Cina.

Subito dopo la guerra, i tedeschi erano troppo impegnati a rimuovere le macerie delle loro città bombardate e a riprendersi la vita per sviluppare un interesse per la musica americana e i testi in inglese. Avevano invece dei sogni. Di luoghi lontani dove la vita era facile e splendeva il sole, come Tampico in Messico, come nelle canzoni in stile Schlager del 1946 (“carichi di liquore ogni giorno, ogni uomo ha tre donne e può permettersi di costruire una casa”). Per molto tempo i tedeschi avevano sognato questi luoghi e, fino agli anni Sessanta, avevano cercato di trovarli soprattutto in Italia, intorno al Lago di Garda, durante le loro vacanze estive. La musica americana era diventata la norma in Germania solo all’inizio degli anni Novanta. A volte era successo anche il contrario, come quando nel 1962 l’americano Gus Backus era diventato una star dello Schlager tedesco, naturalmente cantando testi in tedesco. Questo di per sé era stato un segnale forte di quanto la lingua e la cultura tedesche fossero attraenti. Oltre a Backus, c’erano cantanti italiani, israeliani, greci, croati, olandesi, francesi, belgi e cechi che cantavano lo Schlager in tedesco, accolti con favore da un pubblico che li apprezzava. Non è più così, ora che la cultura musicale e popolare si è quasi completamente anglicizzata.

Oltre alla musica, per molto tempo gli sport tedeschi avevano goduto di un’ampia popolarità e i successi internazionali di sportivi tedeschi occidentali, orientali e di tutte le squadre sportive avevano galvanizzato la Repubblica e la nazione e rafforzato un certo senso di germanità. Nel 1954 la nazionale tedesca di calcio aveva vinto la Coppa del Mondo sconfiggendo la forte squadra ungherese. Ho sempre sospettato che, a qualche livello della gerarchia, fosse stata presa la decisione di far vincere la Germania. Non c’era modo migliore, a parte una vittoria in guerra (che era sfuggita due volte alla Germania), per ripristinare l’autostima nazionale, o almeno attenuare il dolore. Nel 1974, quando il torneo era stato organizzato in Germania, la Germania-occidentale aveva nuovamente vinto la Coppa del Mondo. Alle Olimpiadi del 1960 di Roma, la squadra tedesca unita (RFT e DDR) si era classificata al quarto posto, con un record di 12 medaglie d’oro. Alle Olimpiadi di Montreal del 1976, le squadre della RFT e della DDR messe insieme si erano classificate al primo posto con 50 medaglie d’oro e un totale di 129 medaglie. Da allora, la Germania è scesa nella classifica generale del medagliere, conquistando solo il 9° posto alle Olimpiadi del 2020 (2021). Nel calcio, la nazionale tedesco-occidentale ha vinto il campionato UEFA (europeo) solo tre volte in diciotto tornei. L’attuale nazionale tedesca, un tempo composta esclusivamente da tedeschi veri, ha un capitano turco e una mezza dozzina di tedeschi “neri”. Per molti tedeschi nativi è piuttosto difficile identificarsi con una nazionale di questo tipo. Tuttavia è un riflesso fedele di una popolazione di cui il 30% ha un “background migratorio”.

L’attacco distruttivo alla Germania non avrebbe prodotto alcun risultato tangibile se gli angloamericani non fossero riusciti a sovvertire la coscienza collettiva tedesca, o la mente tedesca, se preferite. Insistendo costantemente sul senso di colpa tedesco per la Prima e la Seconda Guerra Mondiale e per ogni misfatto reale o immaginario nei confronti di qualsiasi gruppo di persone, ai tedeschi è stato inculcato un vero e proprio complesso di colpa. Ciò è particolarmente evidente tra i millennial tedeschi e nella Generazione Z. A differenza dei loro omologhi di altre parti d’Europa, questi giovani tedeschi quasi si spezzano sotto il peso dei loro sensi di colpa. Sono talmente in preda ai sensi di colpa da non essere nemmeno in grado di sostenere alcuna battuta su questi temi, per quanto innocente. Nessuno di loro riesce ad afferrare l’idea di non essere assolutamente responsabile delle azioni reali o immaginarie dei propri nonni e bisnonni. Se a ciò si aggiunge che tra le giovani generazioni tedesche il wokeness, il terrore per il riscaldamento globale e la folle toria del gender hanno attecchito più saldamente che altrove in Europa, è ovvio che per la Germania è finita.

Inoltre, con un governo composto da incompetenti, imbecilli e traditori che eseguono fedelmente gli ordini di Washington DC, è evidente che la Germania sta rapidamente diventando l’antitesi del Paese che era un tempo. Anche i treni non sono più in orario!

Dopo due guerre e circa un secolo di sabotaggi, gli anglosassoni sono finalmente riusciti ad avere la meglio sulla Germania. L’esortazione di Theodore W. Kaufman del 1941 è stata quasi portata a termine: La Germania deve morire!

Hans Vogel

Fonte: unz.com
Link: https://www.unz.com/article/germany-destroyed/
30.07.2024
Scelto e tradotto da Markus per comedonchisciotte.org

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