La ratio biopolitica: una introduzione teoretica

Di Matteo Parigi, pubblicato su Ideeazione

Max Weber ha dimostrato che il capitalismo non è solamente una forma di struttura economica, ma un peculiare tipo di razionalità individuale e sociale. In altre parole, non esiste il capitalismo perché vi sono individui avidi che pensano soltanto al guadagno personale, o nella misura in cui un sistema sociale presuppone una competizione tra i suoi attori, per diventare più ricchi rispetto agli altri. Questi tipi esistono da quando il mondo è mondo. Si diventa invece capitalisti, nel vero senso del termine, nel momento in cui le proprie azioni sono fondate su un certo tipo di logica, riassumibile quanto sotto:

1) Calcolo del capitale iniziale
2) Investimento del capitale per un guadagno futuro

3) Profitto/perdita ottenuto/a grazie al plus/disvalore finale

Analogamente, nonostante oggi si parli largamente di bioetica e biodiritto, nessuno sembra accorgersi della particolare ratio biomedica che straripa come una metastasi nella politica. Lacuna importante se, a maggior ragione, non si spiega quanto essa agisca allinterno della deriva distopicosanitaria degli ultimi due
anni. 
Ma prima è necessario partire dalla distinzione tra il concetto in questione e quello simile, ma non sinonimico di biopotere.


Con Biopotere si intende quell’insieme di tecniche di controllo, analisi, condizionamento, governo
utilizzate per ottenere ed esercitare potere sugli individui in quanto corpi biologici, nonché sulle
popolazioni.


La Biopolitica invece ha a che vedere, come già accennato sopra, con un tipo di razionalità politica,
la quale si configura intorno all’elemento “vita” in termini biologici, inerente all’uomo e l’ambiente.
Intorno si sviluppano quindi i concetti di sicurezza (sécuricte), popolazione, ambiente, benessere
(wealth, welfare). Nella sua essenza la biopolitica è una particolare ratio immanente ai dispositivi
governamentali, la cui assiologia filosofica e politicolegittimante risiede nella vita biologica.
Quest’ultima si afferma quindi come valore fondamentale intorno a cui l’uomo viene pensato e sul
quale il governo, nonché le varie forme di potere, cercano di fare presa, in modo sempre più sovrano.


Il circuito della biopolitica è strutturato innanzitutto sui principi fondamentali di qualsiasi sistema:

1. Unitarietà = il sistema è un ente unitario, costituito a partire da un principio fondante
2. Coerenza = non ammette contraddizioni

3. Completezza = deve colmare ogni lacuna e non lasciare vuoti


È possibile quindi delineare la sua sistematicità, secondo uno schema che ne descrive il funzionamento logico

Alla radice di entrambi i concetti fa riferimento una presa sulla vita secondo la forma del Bios (βίος) e del Zoon (ζον), ossia una biologizzazione della vita che la spoliticizza e ne fa oggetto di potere scientifico, tecnocraticamente legittimato.

Già con Machiavelli e Hobbes il pensiero politico si rende autonomo dalla filosofia classica.  Le politiche dei governanti moderni (soprattutto dopo le vicende della Gloriosa Rivoluzione) troveranno nel paradigma dell’autoconservazione (del Principe e del Leviatano) la ragion d’essere della sovranità legittima. Con gli autori antimachiavelli (Botero, La Perriere, Le Vayer, Politi) avviene poi una sottile scissione tra sovranità e governamentalità. I nuovi dispositivi di governo, lungi dall’opporsi o deviare da un potere sulle vite, come in apparenza può sembrare, installano nella società moderna quelle pratiche economicopolitiche, oltreché mediche, le quali fanno presa sugli uomini in quanto numeri statistici.


La popolazione indica infatti un insieme indistinto di dati demografici, rilevati e ricomposti in categorie quali l’età, il peso, l’etnia ecc. La politica, a partire dai primi fisiocrati (Quesnay, Abeille et.al.), non agisce tanto sulla superficie popolata da sudditi legali, parti in causa di un patto con il signore feudale o il monarca. Essa si occupa di dati, i quali indicano cose o stati di cose, come direbbe Wittgenstein. È la popolazione che racchiude in sé l’insieme logico dei dati umani ed è per tale motivo il vero oggetto del governo, secondo le
parole di Quesnay. I governanti devono regolare forze biologiche, energie utili alla potenza nazionale.


La società (societas) non nasce in opposizione a questa capillare influenza da parte del potere pubblico; non si allontana in alcun modo dallo stesso tipo di razionalità; la società liberale il campo strutturalmente più agevole alla ratio biopolitica: è infatti in seno alla e per la società liberale che nasce il diritto occidentale moderno. Questo, creando una sfera privata di diritti naturali pretestuosi di garanzia e tutela, pone le basi per l’intervento statale proprio su di essi. O meglio, come ricostruisce Michel Foucault, la società, con Adam Smith, Locke, e il liberalismo anglofrancese, parte dal presupposto di doversi autoregolare a discapito dell’intervento statale. Come? Grazie alla mano invisibile del mercato. Ma nel momento in cui tale provvidenza fallisce (e lo fa regolarmente), sarà esattamente lo stato, insieme a tutti i dispositivi governamentali (istituzioni, uffici, cliniche, polizia, scuole) a doversi attivare affinché la naturalità dei meccanismi della società si resettino e continuino a funzionare. Si ha quindi una naturalità biologica (habeas corpus; istituzioni clericali prima, penitenziarie e mediche dopo) e dei processi economicosociali (fisiocrati; liberali) sul quale il potere deve governare.

Governare non è lo stesso che regnare o dominare. Quest’ultimi sono pratiche fondate sul potere disciplinare, il cui idealtipo estremo è rappresentato dal Panopticon di Bentham (non è un caso che i primi ospedali moderni e le prigioni ricalcassero la stessa planimetria). Governare significa in senso stretto avere influenza, condizionare il corso degli eventi, indirizzare determinate forze verso una direzione voluta o favorevole; non a caso si dice(va) laissez faire.


La morale è che non governa solo lo stato o l’apparato pubblico ufficiale, ma, come già accennato, ogni ambulatorio medico, ospedale, clinica psichiatrica, ufficio burocratico ecc. esercita potere, anzi, direttamente sui corpi, al contrario dello statoapparato. Fintanto che non risultano ostativi alla ricchezza generale, i corpi sono allo stesso tempo oggetti di intervento e giustificazione del potere. La politica, quindi, è tale se e solo se ottempera al fine biologico autoconservativo: deve mantenere, gestire, regolare, lasciar fare il più possibile un insieme di forze naturali.


La stessa autoconservazione, infatti, si trova minacciata, laddove emerge un qualsivoglia patogeno: esterno nel caso di guerre, pandemie e rapporti di forza geopolitici; interno nella stragrande maggioranza dei casi, ossia terroristi, epidemie, conflitti sociali, pressioni politiche dal basso. La possibilità di cambiamento in sé, di alternativa, fare e pensare altrimenti diviene il rischio anomalo e potenzialmente patogeno per il sistema della popolazione, lo status quo. Ed è lì che interviene il Pharmakos (φαρμακός), ciò che si oppone al corpo estraneo, immunizza il corpo sociale.


Al giorno d’oggi è stato possibile toccare letteralmente sulla propria pelle lo sconfinamento della razionalità biopolitica odierna. In nome di un presunto patto (covenant), solo se anche tutti gli altri si vaccinano (cedono i loro diritti naturali) posso avere la sicurezza della salute mia e del corpo sociale (dei miei e altrui diritti). La politica si è schiacciata totalmente sul mero dato biologico materiale. Rispetto al classico binomio Libertà Sicurezza, si è sbilanciata ciecamente (e falsamente) sulla seconda, a discapito di un necessario ripensamento della politica nel suo senso più nobile, che riguardi luomo in connessione col vero significato della vita umana.

Fonte: https://www.ideeazione.com/la-ratio-biopolitica-una-introduzione-teoretica/

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