La storia delle occupazioni padovane raccontata in un podcast

Lunedì 8 luglio a Sherwood Festival c’è stata la presentazione in anteprima assoluta del podcast “Spazi Occupati”, una serie curata dal centro studi e documentazione Open Memory che racconta la storia degli spazi sociali e autogestiti a Padova tra anni ‘70 e ‘80.

Giuseppe Cutrì spiega come è nata l’idea: «Nell’ottobre 2022 cadeva il 35 anniversario dell’occupazione del Pedro e come Open Memory abbiamo scritto un articolo che raccoglieva una selezione di volantini sulla storia delle occupazioni a Padova che precedono il 1987».

Nasce così l’idea di approfondire la questione e sono stati contattate persone che erano state in vario modo protagoniste di quella stagione, talvolta pagando questo impegno anche in termini di libertà personale: «La documentazione fa la storia, le testimonianze orali sono il racconto personale di chi ha vissuto quegli eventi. I due tipi di fonti sono complementari, perché le testimonianze orali soffrono della memoria approssimativa e quindi vanno verificate coi documenti».

Ci sono voluti 8 mesi per finire le interviste, fatte negli studi di Radio Sherwood. Questo lavoro si è intersecato col l’uscita di Arcella 13, il romanzo scritto da Elisa Falcioni e Luca Zanghetto ed edito da Red Star Press in collaborazione con il centro studi Open Memory

La puntata zero del podcast è stata presentata nel dicembre 2023, «poi abbiamo scritto una narrazione ed estratto delle clip dalle interviste, sono letti dei passaggi dal libro Arcella 13 e ad ottobre presenteremo l’intera serie al centro sociale Pedro».

Lia Toller, una delle compagne che ha collaborato alla creazione del podcast, ne inquadra la tematica centrale: le occupazioni e la socialità avvenuta al loro interno. «Gli spazi vengono occupati in tutta la città, ma l’Arcella fa da apripista, un quartiere pieno di contraddizione, prevalentemente operaio, con una piccola componente piccolo borghese. C’erano diverse fabbriche in mezzo al quartiere e le case operaie. Era un quartiere fordista, ma si avvicinva già al “modello Veneto”, anche nel senso critico dell’espressione, perché c’erano già molti piccoli laboratori».

Veniva chiamata “città satellite”, perché era separata dal resto della città dalla linea ferroviaria e si vedeva una certa carenza di servizi. Erano gli anni dell’inflazione a due cifre e la componente proletaria sentiva particolarmente il problema del caro vita. «Dal punto di vista della socialità, ci si divideva tra patronato e bar, non c’erano spazi in cui si potessero prendere iniziative in modo autonomo. E questo era un problema in presenza di una grande componente giovanile, che viveva un clima di rivolta contro quella cappa democristiana incentrata su chiesa e famiglia».

Si metteva in discussione il modello della famiglia autoritaria e patriarcale: «qui il femminismo ha una forte importanza, nel rifiuto dell’immagine della donna e delle imposizioni che le venivano imposte». C’era poi una componente più politicizzata e organizzata che cominciava a lottare in quartiere, per esempio per la riduzione delle bollette o poi facendo il blocco delle macchinette obliteratrice negli autobus. C’era una componente che lottava nelle fabbriche e un’altra nelle scuole e nelle università. La maggior parte erano azioni dirette volte a prendersi le cose senza negoziare prima, come ad esempio entrare ai concerti “a spinta”. «La devianza creativa si salda con la militanza politica proprio per la lotta per gli spazi autonomi, per fare cultura e politica in modo autonomo. Poi ci sarà anche l’antifascismo, ma all’inizio è qui che si salda una lotta antisistemica».

Interviene poi Elisa Falcioni, autrice come detto di Arcella 13: «Noi ci trovavamo sempre nella stessa zona, non eravamo ancora politicizzati. Poi si unì a noi un compagno già attivo nei Collettivi Politici Padovani e ci propose di aprire una lotta sugli spazi. La maggior parte di noi aderì con entusiasmo. Facemmo una serie di occupazioni, alcune simobliche, duravano per poco tempo. Altre invece sono state più durature, che ci hanno permesso di aprire il quartiere a iniziative molto belle».

Si facevano feste, concerti, proiezioni di film, rappresentazioni teatrali e ovviamente non mancavano mai i dibattiti. «In certi casi siamo riusciti a mettere su un a libreria, ma la prima cosa che apriva era sempre il bar, che ci permetteva di finanziarci. Una sera organizzammo una serata di liscio, che ci portò anche gli anziani del quartiere. Noi evitavamo la parrocchia come il diavolo, quindi restava solo il bar e la strada. Ma attivandoci siamo riusciti a dare vita a tutte queste iniziative».

Francesco Ruzzarin ha curato lo speakeraggio e tutta la parte tecnica del podcast, dal montaggio all’inserimento della musica: «Il linguaggio musicale cerca di seguire la narrazione dei fatti. Le tematiche sono principalmente politiche, la rivoluzione, l’antifascismo, vedi per esempio il brano di Francesco De Gregori Le storie di ieri, del 1975.

Conclude la presentazione Maurizio Galeazzo: «Quello che avete ascoltato è certamente una narrazione di parte, di chi si è organizzato per soddisfare i propri bisogni personali e soprattutto collettivi». La serie si compone di 5 puntate: il primo episodio “Gioia e rivoluzione” descrive le storie di un gruppo di giovani che cerca spazi sociali. La seconda puntata parla delle occupazioni negli anni ’70 a Padova e provincia, tra cui la prima fatta nel 1972 dai compagni dei Comitati di Linea e quella del 1976 in via Ticino, dove attualmente c’è il Pedro. La terza puntata, dal titolo “Occupiamo tutto” racconta le occupazioni dal 1977 al 1980, mentre la quarta puntata (“La lunga marcia”) va dal 1980 al 1983, anni in cui sono avvenute le occupazioni del centro sociale Bronx e del Nuvola Rossa. L’ultima puntata, “verso il Pedro”, racconta la battaglia per l’occupazione dell’area di via Ticino colminata nel 1987 con la nascita del Pedro.

«L’obiettivo era di costruire una narrazione che partendo dalle narrazioni personali di chi ha vissuto quel periodo costruisse una memoria collettiva, quindi chiediamo a tutti coloro che vogliono essere intervistati o hanno materiali rilevanti a palesarsi. Nei prossimi mesi verrà messo online l’archivio di Open Memory, con i materiali che abbiamo digitalizzato finora».

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