L’emergenza abitativa negli Stati Uniti

Una delle principali esigenze umane è di avere una casa dove poter vivere.

Anche nel Paese che spende miliardi in armamenti, ci sono almeno mezzo milione di senzatetto. Un’ulteriore testimonianza delle drammatiche disparità economiche tra i pochi ricchissimi e il resto dei cittadini degli USA. Dove una retribuzione che in molti paesi europei consente una vita dignitosa è insufficiente per vivere nella grande città dove si lavora.

Affitti altissimi e prezzi non abbordabili per l’acquisto di un alloggio, espulsione dei poveri dai quartieri che la speculazione immobiliare vuole destinare a residenze per alti redditi, migliaia di appartamenti sfitti e carenza di appartamenti pubblici, incremento di alloggi destinati a Airbnb. Tutte cose diffuse nel mondo e che negli Stati Uniti aumentano ulteriormente le differenziazioni territoriali, le disparità razziali e la segregazione dei lavoratori, soprattutto quelli di colore. E portano ad un incremento dei senzacasa, delle tendopoli, delle persone che dipendono per un letto da strutture insufficienti.

La California è al centro dell’emergenza abitativa degli USA. Per favorire i proprietari di abitazioni e il loro “ambiente sociale”, gli stringenti regolamenti edilizi favoriscono la proliferazione di villette unifamiliari. Care, consumatrici di territorio e sempre più contrastanti con la penuria di acqua sul territorio.

Los Angeles (di qui in poi anche LA) è una conurbazione di 11 milioni di abitanti dove almeno 600.000 persone vivono in povertà e 80.000 sono i senzatetto censiti. L’acquisto di un appartamento in città costa mediamente un milione di dollari (più di 2 volte della media nazionale) e il mercato è in parte in mano a grandi speculatori immobiliari. Dal 2008 i prezzi delle case al metro quadro sono cresciuti a LA del 70% (dell’80% a San Diego e del 116% a San Francisco, che si sta trasformando in una “città per ricchi”).

A Los Angeles manca almeno mezzo milione di alloggi a prezzi accessibili ed anche gli affitti dei lavoratori sono schizzati alle stelle (fino a 3.000 dollari al mese). Per vivere in città sono consueti il doppio lavoro o la coabitazione, anche con colleghi che utilizzano il letto a seconda dei turni dell’altro. Con la caduta della moratoria per gli affittuari, decisa durante la crisi covid, aumentano gli sfratti. Mentre il salario è spesso inferiore a quello minimo di 15 dollari all’ora. Alcuni lavoratori della prestigiosa università di Berkeley, che hanno a malapena i soldi per pagare le carissime tasse universitarie, vivono nel parco vicino al campus. E non pochi sono i lavoratori che dormono in auto durante la settimana per non sobbarcarsi spese di benzina per i lunghi tragitti per il lavoro, mattutini e serali, da e per la lontana casa, imbottigliati in un pendolarismo infernale.

 

L’emergenza abitativa nelle aree più popolate è una delle cause dell’ondata di scioperi che sta investendo gli USA e, in quest’ultimo biennio, soprattutto la California. Los Angeles è teatro in questi ultimi mesi, di scioperi che coinvolgono almeno 400.000 lavoratori. Quelli conclusi ad inizio anno (lo sciopero di 5 settimane dei 48.000 dipendenti universitari, di 22.000 infermiere degli ospedali e di 30.000 lavoratori non docenti della scuola) e quelli in corso con picchetti, cortei e manifestazioni, come i 32.000 dei grandi hotel (ricordando che negli USA non esistono, se non per alcune categorie, contratti nazionali, ma solo contratti aziendali, dove la trattativa è sulla retribuzione ma anche sulle coperture sanitarie e pensionistiche). Dal 9 maggio a Hollywood sono in sciopero 11.500 sceneggiatori e dal 14 luglio 160.000 attori (i quali, salvo una minoranza iperpagata, lavorano saltuariamente a paga oraria risibile e sono anche di fronte all’utilizzo progressivo dell’intelligenza artificiale generativa che tenderà a sostituirli).11.000 dipendenti comunali hanno fatto un giorno di fermata. E dal primo ottobre si potrebbero aggiungere gli 85.000 operatori sanitari di Kaiser Permanente e i metalmeccanici delle 3 grandi imprese automobilistiche statunitensi, se entro il 14 settembre non sarà raggiunta un’intesa contrattuale.

Il vicepresidente del sindacato UNITE HERE local 11 che organizza i picchetti di fronte agli hotel (in gran parte sostenuti da donne latinoamericane) ha dichiarato: “stiamo lottando per stabilire in che tipo di città vogliamo vivere, chi potrà viverci e chi sarà costretto ad andarsene”. Il Sindacato sostiene in trattativa l’imposizione di una tassa del 7% sugli ospiti che soggiornano in hotel onde finanziare l’alloggio della forza lavoro, nonché la proposta dell’uso delle camere d’albergo non utilizzate per ospitare temporaneamente i senzatetto. Chiede inoltre alle Istituzioni di riconvertire poi a edilizia popolare, come dopo le Olimpiadi del 1984, il villaggio olimpico che sarà creato, al posto dei quartieri di abitazioni popolari demoliti, per il campionato del mondo di calcio del 2026 e le olimpiadi del 2028, che si svolgeranno a LA.

Non sono però all’altezza della drammatica esigenza di alloggi, soprattutto nelle grandi città, con provvedimenti che mettano in discussione la rendita e la speculazione immobiliare, né il governo federale, dove in Parlamento il Partito Repubblicano è vigile custode dell’ortodossia liberista per cui il sostegno va dato alle imprese e non ai cittadini, né i singoli stati dell’Unione. A Los Angeles, a fine agosto, la tassa sulle transazioni immobiliari superiori a 5 milioni di dollari approvata dal Consiglio comunale per un programma di assistenza agli affitti non prevede alcun fondo per la realizzazione di alloggi sociali a prezzi accessibili.

  Anche a New York, poveri e lavoratori a basso reddito non se la passano bene. Nel maggio di quest’anno, la città, notoriamente progressista, come d’altronde la California, ha cassato molte delle agevolazioni per chi affitta, come le garanzie di sfratto solo per giusta causa, i vaucher per i senzacasa, gli impegni di costruire qualche migliaio di nuovi alloggi popolari, i limiti agli aumenti del canone delle locazioni. Ne è seguita un’impennata degli sfratti di una città che ha la più alta % di affittuari della nazione ed almeno 75.000 persone che ogni notte sono alla ricerca di un ricovero gratuito. Secondo la Coalition for the Homeless, il numero dei senzatetto a New York City è aumentato del 112% nel decennio ’10-20. Una buona parte del mercato immobiliare è in mano a speculatori. Lo è anche l’ex presidente Trump, il cui padre, costruttore di case popolari nelle periferie di NY, e restìo ad affittarle alle minoranze etniche, fu accusato di odio razziale da Woody Guthrie

Alcune città che vogliono difendere la loro immagine turistica hanno soluzioni più drastiche per affrontare il problema dei senzacasa. A San Francisco, ad esempio, chi dorme nella propria auto di notte è punibile con 1.000 dollari o con sei mesi di prigione. Sebbene raramente utilizzata, la norma è fortemente dissuasiva, così come le azioni  aggressive della polizia negli sgomberi delle tendopoli. Sgomberi che una decisione federale del 2019 ha imposto che dovrebbe essere accompagnata dalla disponibilità di un posto in ricovero pubblico ma quelli necessari sono meno della metà degli homeless di città.

 

Associazioni di senzacasa oppure contro gli sfratti sono presenti in molte città degli USA e operano per organizzare mobilitazioni dal basso che portino i governi ad affrontare quella che dev’essere considerata una necessità collettiva e non un problema individuale. Alcuni episodi recenti testimoniano di un diffuso attivismo.

“Cancellare l’affitto” è diventato uno slogan dei movimenti degli inquilini in tutto il Paese, stimolando numerosi scioperi degli affitti. Anche sulla scia di attivisti per la casa di City Life/Vida Urbana, che a Boston hanno organizzato picchetti anti-sfratto sin dagli anni Settanta. E di Moms 4 Housing, un collettivo di madri senzatetto o in emergenza abitativa  che dal 2020, anche con l’occupazione di una casa vuota da cui sono state sfrattate militarmente, lotta per la moratoria degli sfratti a Oakland (California).

In un grande complesso di appartamenti a Chinatown a LA, gli inquilini hanno dato recentemente fuoco in cortile agli avvisi di sfratto, con un preavviso di tre giorni, che richiedevano esborsi  immediati degli arretrati fino a 16.000 dollari pena lo sgombero. Cifre simili sono richieste nel Paese a migliaia di persone per recuperare la moratoria covid.

Il 5 settembre, di fronte al Campidoglio di Lansing, la capitale del Michigan, si è svolta la manifestazione Rent is too damn high (“l’affitto è dannatamente alto”), a cui hanno partecipato parecchie centinaia di persone. Gli affitti nello Stato sono cresciuti negli ultimi anni anche a causa dei progetti di gentrificazione urbana e del blocco dei controlli sulle locazioni e impongono al tipico affittuario un’entrata di almeno 22 dollari l’ora per permettersi un alloggio di base in uno Stato dove il salario minimo è tuttora bloccato alla misera cifra di 10 dollari all’ora. La richiesta del movimento per la casa del Michigan è l’aumento dei fondi per l’edilizia sociale, anche per i senzatetto, “sotto il controllo democratico della comunità da parte di entità cooperative e senza scopo di lucro”.

A New Haven nel Connecticut il sindacato degli inquilini Blake Street Tenants Union ha affrontato la grande proprietà immobiliare, la quale, dopo aver trascurato per due anni gli appartamenti, ha chiesto un aumento dell’affitto del 30% ed ha inviato avvisi di sfratto a metà degli affittuari per dividerli. Un corteo di oltre 300 appartenenti a Sindacati locali degli inquilini e dei lavoratori ha marciato il 28 agosto verso la sede della proprietà degli alloggi, firmando un’intesa per il ritiro degli sfratti e l’impegno a negoziare sui problemi degli appartamenti.

 Abbiamo sopra ricordato che la piattaforma per il rinnovo del contratto delle dipendenti degli hotel di LA rivendica anche proposte per il diritto alla casa dei settori disagiati della società. E questo avviene con cortei e manifestazioni che, ribaltando il tradizionale aziendalismo dividente i lavoratori, tipico degli Stati Uniti, vedono la presenza anche di Sindacati e singoli lavoratori di altri settori. L’unità sui problemi del posto di lavoro e della società è basilare per rafforzare il movimento dei lavoratori in collegamento con le comunità di cittadini.

Immagine di copertina: manifestazione per il diritto ad abitare tenutasi ad agosto davanti al Campidoglio del Michigan (dalla pagina facebook pagina facebook di Rent is too damn).

Fonti principali:

C.Bernd, Housing Activists Unite to Fight Mass Evictions and Defund Police, Truthout, 2.7.2020

F.Costa, Decalifornication, The Passenger: California, Iperborea

New York City housing situation grows increasingly desperate, World Socialist Web Site, 5.2023

E.Grande, Il degrado di San Francisco e le fortune di Trump: tutta colpa degli homeless!, Volere la luna, 30.8

Rent is too damn high’ coalition calls sept. 5 rally at Michigan Capitol, People’s World,17.8 e C.D. Carlson, Collective bargaining for housing: Connecticut Tenants Union wins landmark fight against mega-landlord, 8.9

M.Gustavussen, The eviction crisis is about to hit Los Angeles, Jacobin,7.9

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