Pepe Escobar
strategic-culture.su
La cronologia racconta la storia.
18 novembre: Ronen Bar, capo dello Shin Bet israeliano, incontra i capi del MIT, l’intelligence turca.
25 novembre: Il capo della NATO, Mark Rutte, incontra il sultano turco Erdogan.
26 novembre: i salafiti-jihadisti reclutati da Hayat Tahrir al-Sham (HTS), ex Fronte di Nusa, sostenuti dall’intelligence turca e da un’imponente coalizione di Jihadisti, lanciano un fulmineo attacco contro Aleppo.
L’offensiva con Jihadisti a noleggio ha origine nel Grande Idlibistan. È lì che si erano rintanati decine di migliaia di Jihadisti, secondo la strategia Damasco-Mosca del 2020, ora dimostratasi fallimentare, che la Turchia aveva dovuto accettare a malincuore. L’orda di questi Jihadisti in affitto è composta da decine di mercenari che sono arrrivati attraversando – ma guarda un po’ – il confine della Turchia: uiguri, uzbeki, tagiki, ucraini, persino scarti dell’ISIS-K.
Il portavoce del Ministero degli Esteri iraniano, Esmail Baghaei, ha confermato all’inizio della settimana che l’offensiva salafita-jihadista è stata coordinata da USA/Israele.
Baghaei non ha menzionato la Turchia, pur sottolineando che l’attacco terroristico era avvenuto subito dopo che Israele aveva accettato il cessate il fuoco con Hezbollah – già infranto da Tel Aviv decine di volte – e dopo che Netanyahu aveva pubblicamente accusato il presidente siriano Bashar al-Assad di “giocare con il fuoco”, cioè consentire il transito di moderni missili ed equipaggiamenti militari iraniani attraverso la Siria verso Hezbollah.
Poco prima del cessate il fuoco, Tel Aviv aveva distrutto praticamente tutte le vie di comunicazione tra Siria e Libano. Netanyahu aveva poi sottolineato che ora l’attenzione era tutta concentrata sulla “minaccia iraniana”, essenziale per distruggere l’Asse della Resistenza.
Secondo una fonte dei servizi speciali siriani, che ha parlato con RIA Novosti, i consiglieri ucraini hanno svolto un ruolo chiave nella cattura di Aleppo – fornendo droni e sistemi americani di navigazione satellitare e di guerra elettronica, e insegnando ai collaboratori siriani e agli operativi del Partito islamico del Turkestan come usarli.
Le comunicazioni dell’Esercito Arabo Siriano (SAA) sono state completamente disturbate da questi sistemi di guerra elettronica: “I gruppi d’assalto e i droni erano dotati di dispositivi GPS criptati e utilizzavano estensivamente l’intelligenza artificiale, in modo che il controllo degli UAV d’attacco e dei droni kamikaze e l’acquisizione dei bersagli fossero possibili anche a lunga distanza“.
La preparazione era iniziata mesi fa. Kiev aveva fatto un accordo diretto con i salafiti-jihadisti: droni in cambio di lotti di takfiri da armare contro la Russia nella guerra per procura USA/NATO in Ucraina.
Cosa sta facendo davvero la Turchia?
Il ruolo pratico della Turchia nell’offensiva salafita-jihadista del Grande Idlibistan è quanto di più oscuro possa esserci.
Durante lo scorso fine settimana, il Ministro degli Esteri Hakan Fidan, significativamente anche ex capo dell’intelligence, ha negato qualsiasi ruolo turco. Nessuno – a parte la sfera della NATO – crede a una cosa del genere. Nessun salafita nel nord-ovest della Siria può anche solo accendere un fiammifero senza il via libera dell’intelligence turca, visto che è il sistema di Ankara a finanziarli e ad armarli.
La linea ufficiale della Turchia è quella di sostenere l’”opposizione” siriana – salafita e jihadista – nel suo complesso, pur deplorando, appena appena, l’offensiva del Grande Idlibistan. Ancora una volta, una classica azione di copertura. Tuttavia, la conclusione logica è che Ankara potrebbe aver già seppellito gli accordi di Astana – tradendo i suoi partner politici Russia e Iran.
Erdogan e Hakan Fidan, finora, non sono riusciti a spiegare a tutta l’Asia occidentale – così come al Sud globale – come questa sofisticata operazione “Affitta-uno-Jihadi” possa essere stata messa in piedi da Stati Uniti/Israele senza che la Turchia ne fosse a conoscenza.
E, se per caso fosse una trappola, Ankara non ha alcun potere sovrano per denunciarla.
Ciò che i fatti dimostrano è che, in pratica, è stato aperto un nuovo fronte contro l’Iran; il Divide et Impera di USA/Israele ha tutte le carte in regola per distruggere completamente l’intesa Teheran-Ankara e le risorse chiave russe – soprattutto aerospaziali – dovranno essere distolte dall’Ucraina per sostenere Damasco.
Non c’è alcun mistero: da anni Ankara muore dalla voglia di controllare Aleppo – anche indirettamente, per “stabilizzarla” e fare affari (a vantaggio delle aziende turche) e anche per consentire il ritorno di molti rifugiati aleppini relativamente ricchi attualmente in Turchia. Parallelamente, l’occupazione di Aleppo è anche un progetto americano: in questo caso per indebolire seriamente l’Asse della Resistenza a vantaggio di Tel Aviv.
Altra novità: il sultano Erdogan – ora partner dei BRICS – è, ancora una volta, costretto a prendere decisioni difficili. Peggio ancora: nei confronti di due membri chiave dei BRICS. Mosca e Teheran si aspettano parecchie spiegazioni dettagliate. Non c’è nulla che Putin aborrisca di più di un vero e proprio tradimento.
Erdogan ha preso l’iniziativa e ha chiamato Putin, in un vero e proprio colpo di scena: si è concentrato sulle relazioni economiche tra Russia e Turchia. Dopo lo tsunami di sanzioni contro la Russia, la Turchia è diventata il ponte chiave e privilegiato tra Mosca e l’Occidente. Inoltre, gli investimenti russi in Turchia sono consistenti: gas, nucleare, importazioni alimentari. Entrambi gli attori hanno sempre affrontato la guerra in Siria in relazione alla geoeconomia.
Le turbe di Jihadisti in affitto sono inarrestabili
Nel frattempo, i fatti sono di nuovo implacabili. HTS, l’ex Fronte Al-Nusra, potrebbe non essere propriamente ISIS, è piuttosto un ISIS turco. Il comandante Abu Mohammed al-Joulani, emiro di questo ultra-losco rebranding, ha abbandonato tutte le varianti di al-Qaeda più l’ISIS per formare HTS. Comanda una schiera di Jihadisti in affitto, per lo più provenienti dall’Heartland. Ed è un beniamino del MIT turco. Ergo, un beniamino di Israele/NATO.
Secondo il think tank turco SETA, la CIA e il Pentagono, ciascuno con la propria rete, hanno armato 21 delle 28 milizie siriane, salafite ecc. successivamente organizzate dal MIT turco in una sorta di “esercito nazionale” mercenario nel Grande Idlibistan.
L’analista siriano Kevork Almassian ha mostrato come i proverbiali “ex funzionari israeliani” abbiano ammesso di aver fornito alla banda del Grande Idlibistan fondi, armi, munizioni e persino cure mediche.
L’ex colonnello dell’esercito israeliano Mordechai Kedar ha ammesso apertamente di aver sostenuto i “ribelli” per “rimuovere il triangolo di Hezbollah, Iran e Assad”. I “ribelli”, ha detto, hanno persino manifestato il desiderio di “aprire ambasciate israeliane a Damasco e Beirut”.
HTS è l’ultima incarnazione di uno dei giocattoli preferiti dell’Occidente collettivo: il “ribelle moderato” (ricordate Obama/Hillary?) La fedeltà è quasi al 100% ad Ankara. Odiano sciiti e alawiti – e gestiscono una vasta rete carceraria.
Sono i salafiti-jihadisti di HTS che hanno forzato la resa completa di Aleppo – senza combattere – e che si sono filmati davanti alla leggendaria cittadella. Dal 2012 al 2016, poche decine di soldati SAA erano riusciti a difendere con successo la cittadella, anche quando erano completamente circondati.
Dall’inizio della guerra nel 2011, Damasco non aveva mai conosciuto una sconfitta così devastante come la caduta di Aleppo. L’Iraq aveva vissuto qualcosa di tragicamente simile con la conquista di Mosul nel 2014. È lecito affermare che la maggioranza assoluta dei siriani è contraria all’accordo Russia-Turchia-Iran del 2020, che, di fatto, ha impedito la liberazione di Idlib: un grosso errore strategico.
C’è di peggio – perché il problema, in realtà, era iniziato nel 2018, quando i turchi non erano nemmeno ad Afrin, e la liberazione di Hama/Idlib era stata interrotta per liberare i sobborghi di Damasco. È da lì che decine di migliaia di Jihadisti erano stati trasferiti a Idlib.
Nel 2020 era già troppo tardi: Idlib era difesa nientemeno che dall’esercito turco.
L’Esercito Asrabo Siriano, per quanto riguarda Idlib, ha dimostrato di essere un vero e proprio disastro. Non ha aggiornato le sue difese, non ha integrato l’uso dei droni, non ha preparato una difesa tattica contro i droni FPV kamizake e da osservazione, non ha prestato attenzione alle decine di spie straniere. Non c’è da stupirsi che la turba degli Jihadisti in affitto non abbia trovato resistenza e abbia conquistato la maggior parte di Aleppo in 48 ore.
Dopo l’accordo del 2020, l’Iran e le forze filo-iraniane avevano lasciato la Siria, soprattutto le province di Aleppo e Idlib. Questi settori erano passati sotto il controllo dell’Esercito Arabo Siriano. Per quanto riguarda le imprese russe, non particolarmente desiderose di essere sanzionate facendo affari con Damasco, erano state snobbate dai clan, dalle tribù e dalle famiglie locali.
Questa volta, era chiaro da mesi che HTS stava preparando un’offensiva. Erano stati inviati avvertimenti a Damasco. Ma i siriani si sono fidati dell’accordo con la Turchia e dei rapporti ristabiliti con le nazioni arabe. Un grosso errore.
Tutto ciò comporta almeno due serie lezioni per la Russia. D’ora in poi, qualunque cosa accada, Mosca dovrà tenere a freno queste incestuose – e corrotte – reti siriane se vuole contribuire effettivamente alla difesa della sovranità del Paese. E quello che è successo a Idlib dimostra che la guerra contro i banderisti di Kiev dovrà arrivare fino al Dniester, e non fermarsi ai confini della repubblica di Donetsk.
La guerra sulla strada – in un crocevia di connettività
Finora, HTS e le bande di Jihadisti in affitto non hanno commesso molti errori. Stanno cercando di occupare tutte le strade che convergono su Aleppo per imporre ulteriori battaglie il più lontano possibile dalla città, in modo da avere il tempo per una occupazione completa.
La guerra in Asia occidentale è un problema di strade. O con i cavalli nel deserto o con le Toyota. Non ci sono molte mine e non c’è fango come in Ucraina. La guerra siriana è quindi in costante movimento – e sempre sulla strada. HTS sta già utilizzando l’autostrada M4 da Idlib e avanza su tratti della cruciale M5 da Aleppo a Damasco.
Nel frattempo, stanno prendendo forma i lineamenti di una controffensiva. Dall’Iraq, decine di migliaia di milizie sciite, yazidi e cristiane di Kata’ib Hezbollah, della Brigata Fatemiyoun e di Hashd al-Shaabi (le Unità di Mobilitazione Popolare, PMU, molto esperte nella lotta all’ISIS) sono entrate in Siria nel nord-est attraverso il valico di al-Bukamal.
La 25esima divisione/Forze Tigre del rispettato comandante Suhail Al-Hassan, di fatto le migliori forze siriane, è in movimento insieme alle milizie tribali.
La Siria è un crocevia di connettività assolutamente fondamentale che ricorda le antiche vie della seta. Se l’accoppiata Stati Uniti/Israele realizzasse il suo eterno sogno di un cambio di regime a Damasco, bloccherebbe il punto di transito cruciale per l’Iran verso il Mediterraneo orientale.
Inoltre, permetterebbe al Qatar di costruire finalmente un gasdotto per fornire gas naturale all’Europa attraverso la Siria, uno degli espedienti di Brzezinski per sostituire il gas naturale russo – un dossier che avevo già esaminato in dettaglio già 12 anni fa.
Le tattiche dello Stato profondo statunitense non sono esattamente una novità: cercare di sviare la Russia concentrandosi sulla Siria, indebolire Mosca e alleggerire la pressione sull’Ucraina, proprio prima della firma dell’importantissimo partenariato strategico globale Russia-Iran.
Ma per gli Stati Uniti ci sono complicazioni. L’Arabia Saudita, che all’inizio della guerra in Siria era un accanita sostenitrice del terrorismo, aveva cambiato politica dopo il coinvolgimento della Russia, nel 2015. E ora Riyadh è anche un partner dei BRICS, anche se ancora in bilico. L’Arabia Saudita, l’Egitto e gli Emirati Arabi Uniti, in modo significativo, stanno sostenendo Assad contro i sicari di HTS.
La Siria è assolutamente cruciale per la strategia globale della Russia in Africa-Asia occidentale. Damasco è un collegamento chiave della Russia con l’Africa – dove Mosca sta di fatto dispiegando tutta la sua potenza globale, come ho potuto constatare di recente in Sudafrica, con alcune intriganti aggiunte sotto forma di vere e proprie controsanzioni nei confronti di oligarchi occidentali, le cui posizioni in tutta l’Africa vengono seriamente compromesse.
I membri dei BRICS, la Russia e l’Iran, non hanno altra scelta: devono risolvere, con qualsiasi mezzo necessario, l’incompetenza mostrata da Damasco e dall’Esercito Arabo Siriano, in modo da poter mantenere il loro accesso al Mediterraneo orientale, al Libano, all’Iraq e oltre. Tutto questo implica una mossa molto seria: la Russia deve distogliere risorse chiave dalla battaglia in Novorossia per preservare una Siria relativamente sovrana.
Come sonnambuli verso la Prima Guerra dei BRICS
Allo stato attuale, l’Esercito Arabo Siriano sembra aver creato una linea di difesa, ancora fragile, nei villaggi a nord di Hama. Il famoso gen. Javad Ghaffari, ex numero due del gen. Soleimani, specialista su tutti i fronti della guerra al terrorismo, è arrivato dall’Iran per dare una mano. Tra l’altro, nel 2020 voleva arrivare fino a Idlib. Per questo Assad aveva chiesto la sua rimozione, Damasco aveva optato per il congelamento della guerra. Ora la situazione è completamente diversa.
La turba di Jihadisti in affitto/NATO Grande Idlibistan non ha difese aeree. Ora vengono colpiti praticamente senza sosta dai jet russo-siriani.
La situazione ad Aleppo è drammatica. Le bande di teroristi guidate da HTS hanno il controllo di quasi tutta la Zona Rossa e i rari settori non ancora invasi sono sotto assedio. Stanno avanzando anche sul fronte di Aleppo-Raqqa, ma lo stanno facendo anche i curdi sostenuti dagli Stati Uniti: questo significa che è un’avanzata della NATO. Nel deserto tutto è inquietantemente silenzioso. L’esercito russo aveva solo 120 uomini ad Aleppo. I sopravvissuti se ne sono andati. Che cosa aspetta la Russia? Il miglior scenario possibile a medio termine sarebbe quello di concentrarsi su Lattakia, insegnare ai soldati siriani come combattere alla russa e indirizzarli su come liberare correttamente la propria nazione.
Il passo immediato è rendersi conto delle terribili conseguenze dell’aver offerto un rifugio sicuro a decine di migliaia di terroristi nel Grande Idlibistan già nel 2020.
Il passo successivo è comprendere appieno che, se Mosca negozierà una sorta di Minsk-3 con la NATO, che è essenzialmente ciò che vorrebbe Trump, Kiev diventerà Idlib 2.0. E le turbe di banderisti faranno in modo che ci siano nuove Aleppo – cadute – all’interno della Federazione Russa.
La Maggioranza Globale dovrebbe essere in pieno allarme. L’attacco al Grande Idiblistan fa parte di una complessa operazione interconnessa – con il caos utilizzato come strumento preferenziale – volto a mettere sottosopra l’Asia occidentale e a, letteralmente, incendiarla. E questo potrebbe metastatizzarsi nella Prima Guerra dei BRICS.
Pepe Escobar
Fonte: strategic-culture.su
Link: https://strategic-culture.su/news/2024/12/04/the-syria-riddle-how-it-may-turn-into-the-first-brics-war/
04.12.2024
Scelto e tradotto da Markus per comedonchisciotte.org
Pepe Escobar è un analista geopolitico e autore indipendente. Il suo ultimo libro è Raging Twenties. È stato politicamente cancellato da Facebook e Twitter. È possibile seguirlo su su Telegram.