Marcello Pamio
Nel 1958 il visionario ingegnere Giorgio Rosa ebbe l’idea di progettare una sorta di isola artificiale da collocare al largo di Rimini fuori dal territorio italiano, oltre quindi le 6 miglia nautiche (11,112 km).
Con pochissimi mezzi, andando avanti e indietro due o tre volte alla settimana, in un paio di anni, Rosa, dopo molti sopralluoghi e studiando il sistema migliore per ancorare la sua piattaforma al fondale, riuscì nell’impresa titanica costruendo l’isola a 11 km e 600 metri dalla spiaggia, cioè 500 metri oltre il limite delle acque territoriali italiane, quindi in extraterritorialità.
I lavori subiscono una battuta d’arresto dovuta a problemi logistici ed economici nel luglio del 1962, quando inoltre le autorità italiana hanno intimato ai costruttori la rimozione di ogni ostacolo alla navigazione. Giorgio però non si perde d’animo e dopo aver contattato le Capitanerie di Porto di Rimini, Ravenna e Pesaro per opzionare gli spazi in banchina, ottenere i rifornimenti di gasolio e il permesso alla costruzione della struttura presso i Cantieri Navali e la pubblicazione dell’avviso ai naviganti per la segnalazione della presenza di strutture, riesce a far ripartire i lavori di realizzazione nel 1964.
Superati alcuni problemi tecnici e finanziari, fu avviata la costruzione della struttura che richiese diversi anni, anche perché a causa delle condizioni del mare e del meteo non era possibile lavorare molte ore alla settimana nei pressi della piattaforma.
I lavori di Giorgio Rosa non passarono naturalmente inosservati e verso la fine del 1966 la Capitaneria di porto di Rimini e la polizia intimarono di fermarsi, ma l’ingegnere proseguì riuscendo nell’opera di costruzione e il 20 agosto del 1967 aprì al pubblico la sua isola, anche se c’era ancora molto lavoro da fare per ampliarla e migliorarla.
La piattaforma aveva una superficie di circa 400 metri quadrati (sospesa a 26 metri di altezza dal livello del mare)e nei progetti c’era un ampliamento con un secondo piano per raddoppiare lo spazio a disposizione.
Le problematiche con lo Stato italiano (e non solo) crescevano ogni giorno e così il primo maggio del 1968 Rosa dichiarò unilateralmente l’indipendenza della sua isola artificiale, nominandosi presidente.
La “Repubblica” fu proclamata il Primo maggio 1968. «Eravamo in sei. Medici, commercialisti, gente normale» ricordava l’ingegnere.
Chiamò il microstato “Repubblica Esperantista dell’Isola delle Rose” (“Esperanta Respubliko de la Insulo de la Rozoj”) e la dotò di una lingua ufficiale, appunto l’Esperanto, di un governo e di una propria valuta, però mai stampata.
Aveva vari servizi come un ristorante, una discoteca, un bar, un negozio di souvenir e un ufficio postale.
Il mese seguente tenne anche una conferenza stampa per comunicare al mondo la costituzione del nuovo stato.
Persone da tutto il mondo andavano a Rimini per vedere l’isola dei sogni, e moltissimi chiesero perfino la cittadinanza al nuovo Stato!
Ma il governo italiano ritenne che la sua isola minasse la sicurezza nazionale, per cui arrivò dall’alto l’ordine di demolizione. Fu organizzato un blocco navale e si mossero addirittura i servizi segreti.
Assalto militare
Il 25 giugno 1968 carabinieri, finanza, polizia e ispettori delle Imposte assaltarono e presero possesso dello “Stato”, facendo “prigioniero” il custode, Pietro Bernardini (un naufrago approdato sull’Isola e che si era stabilito prendendo in affitto una stanza sulla piattaforma).
La “Repubblica” andò in esilio anche se proseguì una dura battaglia legale, che a poco servì. Rosa inviò un telegramma di protesta al presidente della Repubblica Giuseppe Saragat, senza ottenere risposta. Nelle settimane seguenti ci furono alcune interrogazioni parlamentari a riguardo e l’invio a Rosa di diverse proposte di acquisto della piattaforma.
«Mi dissero che l’ordine era partito da Washington: costituivamo un precedente pericoloso, temevano una piccola Cuba in Adriatico», aveva rivelato lo stesso Rosa, il quale però ha anche ricordato che all’epoca in Italia “comandava la Democrazia Cristiana” e quindi è impossibile che non sia stato lo zampino del Vaticano…
D’altronde la libertà fa paura, fa tremare i polsi a tutti quei governi e quegli stati che vivono grazie alla schiavitù!
Dal punto di vista propagandistico le autorità e i servizi segreti hanno dovuto ideare una coltre negativa attorno all’esperimento sociale, creando ad arte assurdi sospetti sull’isola nata come stratagemma per non pagare le tasse; come base di appoggio per i sommergibili russi; come casinò galleggiante, ecc.
Ad agosto il Ministero della Marina mercantile inviò alla Capitaneria di porto di Rimini un dispaccio in cui veniva richiesto a Rosa di demolire la piattaforma. L’ingegnere presentò un ricorso che fu respinto nonostante l’interessamento di alcuni esponenti politici e nel novembre del 1968 a Rimini furono sbarcati a terra tutti i materiali trasportabili trovati sull’Isola delle Rose, in vista della demolizione con esplosivo della piattaforma.
Lo smantellamento avvenne nei primi mesi del 1969. L’11 febbraio i sommozzatori della Marina Militare Italiana collocarono 675 kg di esplosivo sui pilastri dell’Isola. Col primo carico di esplosivo l’isola non crollò ma il Governo italiano ci riprovò due giorni dopo con oltre 1.000 kg riuscendo a deformare la struttura della piattaforma. Quest’ultima cedette definitivamente il 26 febbraio a causa di una forte burrasca.
Nei mesi successivi l’Isola viene smantellata e fisicamente eliminata in maniera completa.
La vicenda ebbe numerosi strascichi, anche perché non aveva precedenti nella nostra storia giuridica.
Le polemiche continuarono anche dopo il pronunciamento del Consiglio di Stato, secondo il quale le pretese di indipendenza e sovranità accampate dai proprietari della piattaforma erano infondate, e sapete per quale motivo? Secondo loro, anche fuori dall’Italia i cittadini italiani dovevano sottostare alle loro leggi statali!
La Repubblica Esperantista dell’Isola delle Rose non fu mai riconosciuta da alcuno stato del mondo nel suo breve periodo di vita.
Bandiera della Repubblica
La micronazione aveva come simbolo uno stemma su cui erano rappresentate tre rose rosse, con uno scudo bianco a fare da sfondo. La bandiera era arancione con al centro lo stemma della repubblica.
L’inno era un brano tratto dalla prima scena del terzo atto dell’Olandese volante di Richard Wagner (“Chor der Norwegischen Matrosen”). La valuta scelta dal governo fu il Mill, con un cambio alla pari rispetto alla lira italiana. La repubblica non produsse mai banconote e monete della propria valuta, ma solamente alcuni francobolli. Uno dei quali mostrava la cartina dell’Italia con in evidenza la posizione in cui si trovava la piattaforma.
Questa è l’unica guerra d’aggressione della Repubblica Italiana nella storia, e per evitare che casi simili potessero succedere di nuovo l’ONU ha spostato il confine delle acque territoriali da 6 a 11 miglia nautiche di distanza dalla costa dello Stato in tutto il mondo, mentre il Consiglio d’Europa ha dichiarato di non avere elementi sufficienti per potersi esprimere sulla controversia.
A Giorgio Rosa lo Stato italiano ha poi chiesto il pagamento della demolizione dell’isola per 11 milioni di lire.
Nel 2009 sono stati ritrovati sul fondo del mare alcuni resti della struttura e dei muri dell’isola, un mattone originale è a tutt’oggi conservato da Lorenzo, il figlio di Giorgio e Gabriella.
Giorgio Rosa è morto all’età di 92 anni il 2 marzo 2017, ma il suo folle sogno libertario è rimasto nella storia del Paese.
Hanno distrutto e affondato l’Isola
ma non potranno mai spegnere l’idea e bloccare la Libertà!
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