L’Italia e le politiche economiche dei patrioti al governo: stiamo svendendo tutto

Di Katia Migliore per ComeDonChisciotte.org

In questi giorni ci si chiede quale sia la differenza tra le politiche economiche di questo governo e quello di un Monti o un Draghi qualsiasi. In effetti non si vede alcuna differenza, semplicemente perché non c’è.

Partiamo dalle dichiarazioni di queste ore di Giorgetti:

Siccome, come tutti sappiamo, noi siamo un paese chiamato a mettere a posto i conti, tutti quanti, come dice l’articolo 53 siamo chiamati a concorrere…

Sarà una chiamata di contribuzione per tutti, non semplicemente per le banche, ma sarà ragionata e razionale.

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Ora, ci sarebbe da chiedere alcune spiegazioni, al nostro Ministro dell’economia e delle finanze. Prima di tutto, CHI ci chiama. Le nostre politiche di bilancio alle esigenze di chi stanno servilmente rispondendo? La risposta è ovvia, ma pertinente, perché ciò che un Governo fa dovrebbe avere un senso nell’ottica non solo dei trattati internazionali, ma anche in funzione del bene della nazione. Dove sia l’interesse nazionale nella scelta di tassare le nostre attività produttive, ci chiediamo.

E perciò, perché, dopo la iattura Monti & Draghi, dobbiamo essere ancora qui a sentir parlare di politiche di austerità, che è ormai assodato che non portino a nulla se non alla distruzione del tessuto economico italiano? E ancora: il bilancio non conta quando si tratta di finanziare la guerra all’Ucraina o la sua eventuale ricostruzione?! O in quel caso, gli strumenti di aggiramento delle rigide regole comunitarie sono consentiti, o anche auspicati?

Fateci capire, signori al Governo, per quale motivo tutti noi dovremmo fare sacrifici, se poi quando la UE e gli USA per qualche grande battaglia di “ideali” chiamano, i soldi li trovate, eccome.

Il cappio al collo ce lo avete messo quando avete ri-approvato per l’ennesima volta il Patto di stabilità: l’intesa a livello di ministri dell’Economia e delle finanze è stata raggiunta il 20 dicembre 2023, con il titolare del Tesoro, appunto, Giancarlo Giorgetti, nel complesso “soddisfatto per quanto strappato a livello negoziale”.

Art. 53. Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva. Il sistema tributario è informato a criteri di progressività.

Ma il punto non è citare l’articolo 53 della Costituzione, semmai è far finta di non capire che il limite sia stato raggiunto, sapendo perfettamente che il sistema richiede sempre nuove tasse, voracemente, e che tra un anno saremo esattamente punto e a capo.

Una nazione che si tassa nella speranza di diventare prospera è come un uomo in piedi in un secchio che cerca di sollevarsi tirando il manico. (Winston Churchill)

La staticità della domanda interna di cui ormai da anni soffre il paese*, dovrebbe essere la prima preoccupazione del nostro governo, non il pareggio di bilancio imposto dalle regole europee. Gli Stati NON sono aziende, è bene ricordarlo ogni tanto.

Keynes stesso aveva sottolineato l’importanza che può avere la domanda effettiva come stimolo alla ripresa dell’attività e all’investimento. Da questa considerazione aveva ricavato la necessità che lo Stato dovesse intervenire con la spesa pubblica, anche affrontando un deficit di bilancio per creare reddito e conseguente domanda di beni, quando la domanda del mercato non fosse sufficiente a occupare tutti i fattori di produzione disponibili. Qui in Italia c’è ancora un sacco di gente convinta che il problema non siano le tasse (comprese imposte e tariffe), nel senso che non vanno aumentate, quanto piuttosto le spese. C’è gente, anche osservatori di rilievo, che citano l’argentino Milei come esempio da seguire, come se lo smantellamento dello Stato fosse la garanzia per un naturale assestamento dell’equilibrio fiscale.

Nel 2024, c’è gente che ci governa che non ha capito che lo Stato DEVE sostenere le spese che sono indispensabili per il buon funzionamento economico e sociale che coinvolga con i suoi effetti la qualità di vita della popolazione, altro che le tasse.

I fatti sono evidenti: la sola idea di tassare i profitti delle imprese fa scivolare la Borsa di Milano che chiude a -1,5%, la peggiore in Europa. Vedremo oggi come si muoveranno i mercati, mentre i partiti di governo si mobilitano nel tentativo di smorzare gli allarmi. L’inasprimento della tassazione non è la soluzione, ormai questo è chiaro a tutti.

Niente nuove tasse” … anche perché qualche fibrillazione arriva da dentro la maggioranza con il portavoce di Fi, Raffaele Nevi, che sostiene con forza: “Forza Italia è sempre stata e rimane contraria ad innalzare la tassazione in Italia”.

Non significa nuove tasse, insiste anche il sottosegretario al Mef Federico Freni. “Non fanno parte del Dna di questo governo, lo abbiamo detto due anni fa e lo ribadiamo, evitiamo boutade”, precisa parlando del percorso di risanamento nel quale l’Italia è impegnata con l’Ue. Ad esempio, la crescita per quest’anno – ribadisce Giorgetti – dovrebbe confermarsi all’1%, “o un risultato molto molto prossimo a quel target”, come da previsioni. E i dati di finanza pubblica – aggiunge – “per quest’anno andranno meglio” di come abbiamo comunicato ai mercati e alla Commissione”, visto che l’obiettivo di deficit del 4,4% “sembrava irrealistico e ora è stato aggiornato al 3,8%, quasi un unicum nel contesto europeo”. “Stiamo dimostrando che non soltanto rispettiamo” quanto detto “ma facciamo meglio”, quindi bisogna mantenersi credibili proseguendo con l’atteggiamento “prudente e responsabile”, sostiene Giorgetti. E’ per questo che per finanziare la manovra bisognerà reperire risorse da “tutto il sistema Paese”, cioè “i privati, le aziende e soprattutto la PA che sarà chiamata ad essere più performante e produttiva”. (ANSA)

E quindi, il compitino s’à da fare, per farsi dare una bel dieci dalla maestra.

Ma non va meglio sul fronte degli investimenti, che a una lettura più approfondita appaiono evidentemente delle PRIVATIZZAZIONI, con conseguente accaparramento di fette consistenti del patrimonio italiano.

Microsoft investirà 4,3 miliardi di euro nei prossimi due anni per potenziare l’infrastruttura di intelligenza artificiale e la capacità cloud in Italia. E per suggellare l’intesa la premier Giorgia Meloni riceve a palazzo Chigi il presidente del colosso tech americano Brad Smith, salutando con “soddisfazione” l’operazione che “contribuirà a consolidare il ruolo dell’Italia come hub digitale nel mediterraneo”. E’ un altro tassello nel puzzle di accordi – e affari – del capo del governo che hanno subito un’accelerazione prima negli incontri del G7 a Borgo Egnazia. Poi la scorsa settimana in occasione degli incontri con numerosi ceo di ‘big tech’ a New York culminata con la premiazione all’Atlantic Council da Elon Musk, di cui si vocifera di un interesse a fornire copertura satellitare in alcune zone tramite Starlink. E con una possibile, grossa operazione che potrebbe riguardare un nome di spicco della grande finanza americana, Blackrock, secondo alcune interpretazioni interessata a giocare un ruolo nella privatizzazione di FS. (ANSA)

Stiamo svendendo tutto, e certi nomi roboanti non vengono certo in Italia per fare beneficienza, perciò non c’è nulla da festeggiare: il governo Meloni ha dato il via libera al più grande fondo del mondo per superare la soglia del 3% in Leonardo, ora si guarda a Poste Italiane e FS.

Qualcuno sostiene che l’Italia, con i suoi 2.800 miliardi di debito, non può permettersi il lusso di scegliere, ed è perciò costretta a svendere tutto. La verità è che il nostro paese, aderendo all’UE e sottomettendosi alle sue regole, e rinunciando soprattutto ad avere la sua Banca centrale e la sua moneta sovrana, si è consegnata mani e piedi a politiche e uomini d’affari stranieri. Una vera e propria colonizzazione, con l’obiettivo del predominio assoluto, con buona pace della nostra classe politica.

La soluzione arriverà, come sempre, inevitabilmente nella Storia, sperando però che non sia davvero troppo tardi per il nostro disgraziato Paese.

Di Katia Migliore per ComeDonChisciotte.org

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