La brutalità e la velocità con cui è intervenuta la polizia ha sorpreso grosse fette dell’opinione pubblica in Germania, non solo un intervento muscolare inusuale, ma a stupire, soprattutto, è stata l’arbitrarietà con cui si è limitata la libertà di stampa e le incursioni effettuate nel cuore della notte. Non ci si aspettava uno sgombero così rapido, che altro non fa che chiarificare – ulteriormente- la necessità di proteggere gli interessi corporativi del colosso energetico Rwe, che opera per espandere il sito estrattivo della più grande miniera di carbone d’Europa.
Lützerath porta con sé una forte contrapposizione, da una parte è la battaglia “cruciale” per il clima, sostengono gli ambientalisti. Ma anche una battaglia “simbolo” per i compromessi a cui si va incontro per la sopravvivenza energetica, sostiene la politica.
La lotta contro la società energetica RWE ha una sua storicità, il villaggio di Lützerath e le frazioni circostanti vivono sotto la minaccia di sfratto da anni. Molti villaggi e parti importanti della foresta di Hambacher – solo l’ultima parte minore è stata salvata nel 2018 – sono già stati distrutti dalle miniere a cielo aperto di RWE. Le proteste contro questo ultimo progetto nel Nord Reno-Westfalia, nella Germania occidentale, sono iniziate mesi fa, ma da dicembre e poi gennaio, si sono fatte sempre più pressanti con l’inizio degli sgomberi da parte della polizia, le prime rimozioni delle barricate.
Allo stesso tempo, vi è una chiara rottura con i Verdi, oggi al Governo in Germania, che con una piroetta di 360 gradi sono passati dal no strenuo al carbone a sostenere il colosso energetico RWE. Nei giorni passati sono arrivate diverse immagini di azioni davanti alle sedi del Partito dei Verdi, dai Düsseldorf ad Aquisgrana, passando per Lipsia,
In generale è l’intero apparato istituzionale tedesco a essere in difficoltà: da un lato deve mantenere gli impegni presi in campagna elettorale per la riduzione dei gas serra, prima di tutto la chiusura delle centrali di carbone nel Nord Reno Westfalia entro il 2030. Dall’altro giustifica l’ennesimo intervento con la necessità di far fronte alla crisi energetica provocata dalla guerra in Ucraina.
La grande manifestazione prevista ieri ha raccolto la partecipazione di moltissime realtà ambientaliste e sociali da tutta la Germania, coinvolgendo un’enorme fetta della società civile. Già dalla mattina migliaia di persone hanno raggiunto il campeggio climatico a Keysenberg, dal quale è partito il corteo in direzione di Lützerath, che ha raccolto più di 35 mila persone, comprese le delegazioni di diversi gruppi e movimenti per la giustizia climatica europei.
Una grossa parte del corteo ha deviato dal percorso ufficiale per costeggiare la miniera e, unendosi ad altre migliaia di solidali, ha superato il concentramento finale dove avrebbero dovuto parlare figure di spicco tra cui Greta Thunberg, per proseguire con determinazione verso Lützerath, nonostante i divieti delle forze dell’ordine.
Un’immagine cupa, un blocco della polizia esteso per centinaia di metri attorno al perimetro esterno del villaggio, in difesa, questo sicuramente, di chi vuole saccheggiare i territori. Quello che è successo dopo però ha in qualche modo ridisegnato la giornata, quando la marea ambientalista ha fronteggiato i cordoni della polizia, mettendo in pratica diverse modalità di ingaggio senza entrare in contraddizione tra loro. Dal lancio di fuochi d’artificio a pratiche di disobbedienza civile, dai tentativi di avanzare in maniera pacifica con le mani alzate fino a tentativi di sfondamento del blocco, passando per il lancio di zolle di terra e infiltrazioni attraverso i buchi del cordone delle forze dell’ordine: questo insieme eterogeneo di sensibilità e modalità d’azione ha reso impossibile la gestione della situazione da parte della polizia che è stata costretta ad arretrare di centinaia di metri verso Lützerath.
Il livello impressionante di militarizzazione dell’area ha impedito di avanzare oltre; il violento dispiegamento di polizia ha infatti messo in campo centinaia di metri di cancellate, circa ottomila uomini, molti idranti e agenti a cavallo.
La giornata è continuata con un pressing costante sulle linee della polizia, che hanno reagito con violente cariche durante tutto il corso della manifestazione. La conquista dell’area, distante pochi metri dal villaggio di Lützerath, ha permesso di portare solidarietà diretta a chi ancora resiste nelle strutture sopraelevate, nelle casette sugli alberi e nei monopiedi.
La giornata di ieri ha mostrato la determinazione di un movimento climatico internazionale che riesce a raccogliere la solidarietà e la partecipazione di realtà di lotta tra le più diverse, unite dalla volontà di attaccare le contraddizioni di un sistema che scopre sempre più limiti e storture ad ogni metro che ci avvicina all’orlo di quel baratro chiamato crisi climatica e sociale. Per l’ennesima volta si è dimostrato come i continui tentativi di attacco ai territori e alla vita da parte di un sistema capitalista estrattivista, patriarcale e colonialista non passeranno sotto silenzio.