Many Against Eni – Mobilitazione di Rise Up 4 Climate Justice in quattro angoli d’Italia

“Serve una giusta transizione ecologica”. “Abbiamo bisogno di abbandonare il fossile. La giustizia sociale è una condizione da raggiungere anche attraverso la giustizia climatica”. 

Se si conviene su queste premesse – tratte dal documento di approfondimento verso #ManyAgainstENI, la settimana di mobilitazioni contro ENI in tutta Italia – ne deriva che il quadro che va delineandosi con il PNRR e i fondi destinati allo “sviluppo sostenibile” è uno scenario insufficiente. Per questo motivo oggi Rise Up 4 Climate Justice ha lanciato una giornata di mobilitazione nazionale con l’hashtag #ManyAgainstENI, una giornata in cui indicare con chiarezza uno dei maggiori nemici del clima, responsabile di decenni di politiche fossili scellerate. 

Attaccare il meccanismo finanziario che permette alle multinazionali energetiche di individuare vere e proprie zone di sacrificio significa smantellare alla radice il principio su cui queste si basano. Un meccanismo che prevede da un lato al promozione di un’immagine green e l’attuazione di politiche di mitigazione, dall’altro la prosecuzione del business as usual con pratiche altamente pervasive e inquinanti in territori marginali. 

Per sottolineare l’insostenibilità delle politiche di ENI, soprattutto nel momento in cui sta per accedere ai fondi previsti dal Recovery Fund, oggi in quattro città in tutta Italia sono state costruite giornate di mobilitazioni. 

A Milano oltre duecento persone sono entrate nel cantiere ENI in cui vengono costruiti i nuovi uffici dirigenziali della multinazionale. Dall’ultimo piano del cantiere vengono calati tre striscioni di oltre venticinque metri ciascuno contro i “fossil criminals”. La sede centrale viene indicata in questa giornata come simbolo delle politiche di ENI, che oggi decide i piani di investimento e spartizione degli utili del prossimo anno.

Con il blitz, parte dell’attività del cantiere viene interrotta, rallentando i lavori. L’occupazione del cantiere è durata più di un’ora, durante la quale gli attivisti e le attiviste hanno attraversato l’infrastruttura di dimensioni notevoli. L’uscita è stata accompagnata dal coro “we are unstoppable, another world is possible“, parole d’ordine internazionali delle mobilitazione anticapitaliste sul clima.

La raffineria di Stagno è un caso paradigmatico del modello di finta transizione voluta dal governo Draghi e dalle multinazionali del fossile. 

Da un lato, si vuole realizzare un progetto di “bio-raffineria”, dall’altro, resta ancora la possibilità che Eni riceva soldi pubblici per realizzare un “gassificatore di rifiuti”, che oltre a mantenere un modello di smaltimento del rifiuto invece che di riciclo – tramutare rifiuti in in metanolo, poi immesso nell’atmosfera – è un impianto pericoloso non solo per i residui prodotto – CO2 – ma anche per le lavorazioni finali. Per entrambi questi progetti, sono previsti almeno 500 milioni di fondi pubblici presi dal Recovery Fund. 

Il presidio di oggi nei pressi di Livorno è stata l’occasione per avviare una vera discussione partecipata sulla transizione e sull’utilizzo dei soldi del PNRR, che il governo Draghi ha progettato all’oscuro di tutti. 

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