A Napoli sono state quattro sino ad ora le mobilitazioni per la difesa e l’estensione del reddito di cittadinanza. Mobilitazioni figlie di una necessità reale, quella di provvedere a sé stessi e alle proprie famiglie.
La povertà relativa del Mezzogiorno d’Italia al 2021 era pari al 21,2%, un dato che fa il paio con altri due: quello del lavoro nero concentrato per il 44% al Sud Italia e quello dei percettori di reddito, circa il 67% sul totale della popolazione che ne usufruisce o ne usufruiva fino a poco tempo fa. Questi dati raccontano non soltanto la necessità di mantenere delle forme di welfare – che per altro Oltralpe rappresentano la prassi, mentre in Italia la guerra ai poveri piuttosto che alla povertà fa da padrona – ma raccontano anche e forse soprattutto quanto la così detta Questione Meridionale sia rimasta una questione atavica nel nostro paese.
Non è un caso infatti che la protesta di lunedì 28 agosto abbia avuto luogo a Napoli, Palermo, Catania e Cosenza, quattro città del Sud che vivono quelle contraddizioni più complesse circa la marginalità e la povertà.
È a Napoli che il corteo composto da più di 500 persone ha bloccato diversi punti della città, tra cui l’uscita della tangenziale di San Giovanni a Teduccio nella zona est della città, eludendo il blocco imposto provocatoriamente dalla Questura vista la natura simbolica e pacifica dell’azione.
Un’azione appunto che ha creato disagi e ingorghi in uno dei principali snodi del porto commerciale della città, rivendicando il diritto al lavoro certo ma chiarendo la necessità di un reddito universale, che sia di sostegno a quelle centinaia di migliaia di persone che vivono condizioni di marginalità che il governo Meloni non intende né vedere né tanto meno assumersi.
Non ha tardato ad arrivare infatti il tweet del Ministro Salvini, il quale ha chiarito che è “intollerabile” forzare i blocchi delle forze dell’ordine e che se sei in condizione di lavorare ma rifiuti un impiego “non vedi più un euro”.
Ed è forse proprio questa retorica irricevibile – oltre che pericolosa – e che assume sempre i toni della punizione nei confronti di chi ha la colpa di essere povero a raccontare plasticamente quanto questo governo di fascisti sia dalla parte della ricchezza, dell’opulenza a tutti i costi, ove mai non fosse bastata l’ultima performance del sempre brillante ministro Lollobrigida circa “i poveri che mangiano meglio dei ricchi”.
A Napoli si dice che “a famm’ fa’ ascì o’lup a int’o bosco“, la fame fa uscire il lupo dal bosco.
Il governo Meloni in questo momento si sta assumendo la responsabilità politica di gettare il Sud in una condizione di ulteriore svantaggio, senza tenere conto dei tanti, troppi ricatti a cui tantissimə cittadinə sono costrettə a cedere su di un territorio dove nei centri cittadini la gentrificazione e la turistificazione stanno sì prendendo corpo snaturando le città, ma con l’ulteriore aggravante di alimentare criminalità organizzata, racket, lavoro nero senza che vengano garantiti gli strumenti minimi di emancipazione personale pur lavorando all’interno del redditizio settore turistico.
Quel che è certo è che la piazza dello scorso 28 agosto non sarà di certo l’ultima; dopo anni passati a sentirsi chiamare fannulloni tutte le persone che percepivano o percepiscono ancora il RDC – unitamente a centri sociali, disoccupati organizzati, studenti, studentesse, comitati di base – non hanno certamente intenzione di arrestare la loro lotta per una vita dignitosa libera dalle maglie del lavoro nero, sottopagato e privo di qualsiasi tutela.