Musica dalla parte del torto

di Giovanni Iozzoli 

Torna in pista la Banda Popolare dell’Emilia Rossa, con un nuovo disco composto soprattutto da inediti. E questa è già una buona notizia. Perchè trovare la vena e gli stimoli per produrre musica di qualità, piantata dentro una storia, una radice, un linguaggio, e riuscire a ritagliarsi una platea di attenzione, oggi, nell’iperinflazione di “proposte dal basso” , rappresenta già un bel risultato. Perchè questa è un’epoca di apparente “accesso democratico” alla produzione e alla distribuzione di beni artistici; ma è anche una stagione di spietata massificazione dei gusti e delle proposte: tutti possono dire la loro, ma pochissimi hanno davvero qualcosa da dire.

La BPER è sicuramente tra questi ultimi. È nata dalle mitologie e dalle memorie del movimento operaio ma ha sempre evitato i reducismi e le tiritere ideologiche facili facili. Il suo humus è il presente, la fabbrica e il lavoro sociale nella sua contemporaneità; la lotta di classe com’è e come potrebbe essere. Si produce buona musica ( e buona letteratura o buona poesia) quando le radici sono solide e il mercato non è la priorità. Stabilisci allora un rapporto di lealtà – anzi di complicità – con chi è destinato ad ascoltarti: e se sei nella condizione ideale, musicisti e pubblico si identificano negli stessi mondi, attraversano le medesime contraddizioni, parlano la stessa lingua, si comunicano reciprocamente le giuste sensazioni.

Parliamo di tutto ciò con il frontman Paolo Brini, anomala figura di sindacalista d’opposizione, ex operaio di una fabbrica modenese che non esiste più.

Che tipo di disco bisogna attendersi, dopo 13 anni di musica?

La nostra storia, semplicemente. SEMPRE DALLA PARTE DEL TORTO si intitolerà. Niente di più e niente di meno della continuità militante di un impegno musicale.
L’album è composto da 10 canzoni, 6 delle quali completamente inedite e 4 già pubblicate negli anni della pandemia come singoli, sulle piattaforme, ma mai su supporto fisico. Un lavoro ricco di collaborazioni con amici e compagni a cui siamo legati da una medesima visione dell’arte e del mondo. Ci saranno, tra gli altri, Zulù dei 99 Posse, i Modena City Ramblers, i Gang, Kento e Marcello Coleman.

Scegliete ancora testardamente l’autoproduzione. Perchè?

Ci piace che le persone scelgano di diventare co-produttori dell’opera, assumere il ruolo di intellettuale collettivo, indirizzarci, autorizzarci, in qualche modo, a raccontare le loro storie. E questo è il senso del crowfounding. L’album diventa un progetto vivo, non autoreferenziale. Nasce in dialettica coi nostri mondi, con quelli che da anni ci ascoltano o cominciano solo ora a darci la loro attenzione.
Questa per noi è la cosa più importante e merito di vanto. Come si suol dire “chi paga l’orchestra decide la musica” e quindi – da band autofinanziata ed autoprodotta – il modo migliore per permetterci di pubblicare liberamente la nostra arte senza scendere a compromessi è proprio avere il contributo di ognuno. Abbiamo messo come obiettivo almeno 5000 euro perché è la cifra minima necessaria per poter fare un lavoro serio e di qualità, ma in realtà il crowdfunding è il modo per chi come noi non è ben accolto (indovinate perché?) nel mondo del commercio e della distribuzione musicale, per imporre dal basso la nostra piena agibilità.

A che genere appartiene, secondo voi, la vostra musica? Come la definireste?

Definiamo la nostra musica con il termine “internazionalista”. perché l’unico vincolo che possiede è quello di porsi oltre ogni frontiera e barriera religiosa, etnica, musicale, culturale, per l’unità degli oppressi di ogni dove. Come cantava quella canzone “patria nostra è il mondo intero”

Quando siete partiti, un 25 aprile di 14 anni fa, eravate una band operaia e puramente amatoriale. Adesso, con nuovi ingressi e le collaborazioni, vi state decisamente professionalizzando. Rischiate di perdere genuinità?

Anche se, come cantiamo in una canzone del nuovo album – riprendendo una vecchia canzone dei Gang – “in fabbrica non ci voglio andare più”, purtroppo in fabbrica ci andiamo ancora tutti i giorni. Chi di noi fa il musicista di professione è come se lavorasse in catena di montaggio, dato che per guadagnare un salario decente deve dare lezioni di musica, tenere corsi, insegnare a ritmi decisamente cadenzati da TMC2. Quindi se la genuinità è determinata dalla condizione materiale, quella non è cambiata. Dal punto di vista artistico e musicale il giudizio invece è tutto di chi ascolta, fermo restando che, come insegnano gli Area, noi facciamo musica non per piacere ma per creare coscienza, per essere parte di quel “martello che deve modellare il mondo” di cui parla Majakovskij

Si può dire che esista una musica “working class”?

Il termine, almeno per quello che riguarda la scena italiana, è un po’ vago. Ci sono sicuramente band della scena punk, punk oi, per lo più storiche, che si rifanno al movimento internazionale Working Class nato tra fine anni 70 e inizio anni 80. Tuttavia oggi come oggi, se si intende un filone come quello che andava da Fausto Amodei a Paolo Pietrangeli, passando per Ivan Della Mea e il Canzoniere delle Lame, allora diciamo che noi siamo tra i pochissimi che continuano a cercare di proseguire su quella strada, anche se naturalmente con musicalità differenti.

***

Che dire di più? Basta dare un’occhiata alle tracce per capire di che musica si sta parlando.

La fabbrica di mattoni: riprende la storia reale del nonno di Paolo, partigiano, prigioniero nel campo di concentramento di Neuengamme .

AEmilia Paranoica: satira amara della ipocrisia del modello emiliano. Il riferimento del titolo, citando la canzone dei CCCP, richiama il processo Aemilia che “scopriì” la penetrazione ‘ndranghetista nella regione.

Sasà e il secondo secondino: dedicata alla strage di detenuti, consumata nel carcere di Modena l’8 marzo 2020, nei primi giorni di pandemia, per la quale lo Stato si è prontamente auto-assolto nei suoi tribunali.

Tanto per spiegare, a suon di (buona) musica che la regione progressista, civica e benpensante dei miti emiliani, ha lasciato il posto ad una realtà modernamente incattivita e socialmente mai così iniqua: gli “asili più belli del mondo” sono in via di privatizzazione, uno sciopero può portarti a rischiare la galera, il salario non basta più neanche alla sopravvivenza. Anche una band può servire a scuotere le coscienze anestetizzate e tenere vivo un prezioso deposito di memoria di classe.

Il link al crowdfunding è questo: https://buonacausa.org/cause/sempredallapartedeltorto

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