Esistono migliaia di storie individuali di esperienze collettive che ignoriamo quasi completamente. Esistono protagonisti senza nome sparsi in diverse parti del mondo, seminati in diversi momenti storici, tutti però accumunati dal vivere sulla propria pelle oppressioni e lotte che noi in genere ascoltiamo o leggiamo distrattamente sui media, ma che per loro sono realtà concretissime. Questa serie di racconti brevi ci trascina nel mondo quotidiano di queste persone e, attraverso i loro ricordi, frammentati e incompleti come quelli di tutti, ci permette di ricostruire la loro storia e di approfondire contesti lontani dalla nostra conoscenza diretta. La ventesima puntata della rubrica “Suture, a cura di Valeria Andreolli.
Ti spremi il contenuto del tubetto sulla mano destra. La crema è densa e bianca, come il colore della tua maledizione. Il bianco, che è la somma di tutti i colori, per te è invece la somma di tutti i guai, per te è un’assenza, quella della melanina, il pigmento che, negli altri, colora la pelle, i capelli, gli occhi, e che il tuo corpo non riesce a produrre. Essere nato in una parte di mondo dove il nero è il colore dominante non ha aiutato certo a passare inosservato. E gli occhi della gente che per strada ti guarda come volesse mangiarti non ti danno tregua neanche negli incubi che popolano il buio delle tue notti.
Cominci a spalmarti la crema solare sul braccio sinistro, facendo attenzione a non dimenticare neanche un centimetro di pelle. Troppe volte hai già provato il dolore del sole. Le ustioni cicatrizzate che hai sul viso lo dimostrano, risalgono ai tuoi primi anni di vita, a quando tua madre ti lasciava per ore a cuocere sotto le radiazioni solari, convinta che così saresti finalmente diventato un bambino normale e che ciò avrebbe richiamato tuo padre, che alla vista di un figlio con la pelle di un colore diverso dal suo aveva ricoperto di insulti te, tua madre e il missionario del villaggio giunto da fredde terre lontane, era uscito di casa e non era più tornato. I piani di tua madre non si erano mai avverati: tuo padre non aveva mai fatto ritorno e tu non eri mai diventato nero.
Ti sarebbe piaciuto avere un padre, qualcuno che ti facesse forza il primo giorno di scuola, quando i compagni di classe ti indicavano con il dito ridacchiando come fossi un alieno proveniente da chissà quale pianeta e ti sussurravano nelle orecchie zeru zeru, fantasma, invisibile. Ti sarebbe piaciuto avere qualcuno che ti rassicurasse del fatto che tu non eri un fantasma, che non eri invisibile, anche se innumerevoli volte hai sognato di avere questo potere magico e scomparire dalla vista di tutti, come quando siedi al primo banco e la maestra scrive sulla lavagna a caratteri enormi solo per te e per i tuoi occhi deboli troppo sensibili alla luce. Ti sarebbe piaciuto avere un padre che si prendesse cura della tua autostima. Perché tua madre si era sempre dovuta occupare della tua integrità fisica in maniera tanto assidua e zelante che non aveva avuto tempo e forza per dedicarsi ad altro. Negli ultimi tredici anni, ogni singola notte, aveva dovuto dormire con un occhio aperto a vegliare che tu fossi ancora nel letto a fianco a lei, tutto intero.
Il braccio sinistro ora è completamente unto, è il turno di quello destro. Negli ultimi tempi tutte le attenzioni che tua madre ti rivolge continuamente hanno cominciato ad infastidirti, ormai stai diventando grande, vorresti cominciare ad avere una tua autonomia e non sentirti addosso perennemente il suo sguardo vigile. Così un giorno hai deciso di dirglielo. In quel momento hai visto il suo volto cambiare espressione come le prime volte che le chiedevi “perché io sono bianco se tu sei nera?”. Ti ha fatto sedere e guardandoti dritto in quegli occhi chiari ti ha raccontato che la tua vita è in pericolo ogni giorno, che esiste gente bramosa di rubarti i capelli, le gambe e queste braccia che stai cospargendo di crema ora, gente che potrebbe infilarsi di notte dentro il vostro letto e tagliarti un arto a colpi di machete, gente che crede che la mancanza di un pigmento faccia di te un semidio e che il tuo sangue, la tua pelle e le tue ossa siano la ricetta perfetta per elisir e talismani che procureranno ricchezza e fortuna. Ti ha raccontato storie disgustose di stregoni e riti propiziatori, ti ha parlato delle tue braccia e delle tue gambe come di gioielli preziosi che si comprano e vendono a prezzi follemente alti in mercati sotterranei, neri più della pelle che sogni di avere. Ti ha detto che lei spera con tutto il cuore che presto raggiungerai una tua indipendenza, ma che ha paura che le troppe credenze infondate ancora saldamente radicate nei vostri connazionali possano ostacolarti. Ti ha detto che potrai trovarti di fronte a datori di lavoro spaventati che il bianco che ti porti addosso possa essere trasmesso a colleghi e clienti, che potrai incontrare donne riluttanti all’idea di costruire una famiglia con te per la paura di vivere nell’ansia di generare figli portatori della tua stessa maledizione, perché proprio qui, dove essere albino è così difficile, i bambini incapaci di produrre melanina nascono con più frequenza rispetto a tutto il resto del mondo.
Anche il braccio destro è stato completamente irrorato di crema in ogni suo poro, ora è il turno del viso. Devi sbrigarti perché altrimenti gli altri ragazzi cominceranno la partita senza di te e tu a muovere le gambe per colpire la palla sei fortissimo, in barba a stregoni, trafficanti e amputatori senza scrupoli.
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** Pic Credit: Gianluigi Guercia