In questi giorni gli attacchi delle destre a Tomaso Montanari – che ha tutta la nostra solidarietà – hanno riportato in auge (per una volta fuori stagione, cioè lontani dal 10 febbraio ) la querelle sulle foibe. In rete molte persone hanno linkato le inchieste e ricerche apparse su Giap nel corso degli anni, soprattutto a opera del gruppo di lavoro Nicoletta Bourbaki.
A lungo siamo stati davvero in pochi a contrastare – sfidando l’assurda accusa di «negazionismo»* – la narrazione “foibologica”. Narrazione risalente alla propaganda dell’occupante nazista in Istria, poi ripresa e rifinita negli atelier del neofascismo postbellico e divenuta storia di Stato a metà degli anni Zero del XXI secolo, con l’istituzione del Giorno del Ricordo.
Ricorrenza che non a caso fu piazzata proprio in quel punto del calendario, il 10 febbraio. In quella data, nel 1947, fu firmato il Trattato di Pace, che pose fine anche sul piano diplomatico alla seconda guerra mondiale e, tra le altre cose, privò ufficialmente l’Italia delle sue colonie in Africa, nel Mediterraneo e nei Balcani.
Gratta gratta – ma non serve nemmeno grattare molto – insistere solo su quanto fu «tragica» quella data significa esecrare l’esito della guerra, cioè rammaricarsi per la sconfitta del nazifascismo. A riprova di ciò, basti far notare che l’ideologia da Giorno del Ricordo rimuove del tutto i crimini fascisti in Jugoslavia e più in generale le politiche imperialistiche dell’Italia sabauda e poi sabaudo-fascista.
Negli ultimi anni, per fortuna, sono aumentate di numero e di volume le voci critiche sulla “foibologia”, e di questo non possiamo che essere lieti.
Sfugge ancora a molti, tuttavia, che la foibologia è una vera e propria fantasia di complotto – antipartigiana, antislava, nazionalista e revanscista – e come tale andrebbe presa in esame. Una fantasia di complotto con tanto di matrice esoterica e occulta.
La storia di come nacque la foibologia – nonché del ruolo che vi ebbe la X Mas insieme a un gruppo di paragnosti e avvistatori di angeli – è ancora sconosciuta ai più.
Sorprendentemente, la voragine sui cui bordi si è formata la foibologia come la conosciamo oggi non sta in Istria né nei dintorni di Trieste, bensì in Veneto: è il Bus de la Lum.
Questa storia l’ha ricostruita per noi nel 2016 Lorenzo Filipaz, membro del gruppo Nicoletta Bourbaki. La sua inchiesta in due puntate, a sua volta parte di una tetralogia sulle “nuove foibe”, merita una nuova segnalazione. Ecco la prima puntata, la seconda è linkata in fondo.
Buona lettura.
* Sull’uso strumentale e indiscriminato dell’accusa di negazionismo e sul progressivo svuotamento di senso di tale concetto cfr. la riflessione nel pdf scaricabile qui.
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