La mattina di martedì 28 giugno a Nanterre, nella banlieue nord-ovest di Parigi, un poliziotto ha sparato a bruciapelo a Nahel, un fattorino di 17 anni, dopo avergli gridato “Ti sparo in testa”. Un video amatoriale girato con uno smartphone è diventato presto virale e ha smentito la versione della polizia, che ha cercato di far passare l’accaduto come “legittima difesa”, come ha fatto per ogni crimine di polizia per decenni.
La reazione all’ennesimo omicidio di Stato è stata immediata. A partire dalle banlieues parigine, in tutta la Francia si è propagata un’ondata di protesta rabbiosa, con scontri diffusi con le forze dell’ordine, saccheggi e numerosi edifici simbolo del potere politico e poliziesco che sono stati dati alle fiamme. Nella sola giornata di ieri si contano oltre 150 persone arrestate, ma il numero è assolutamente parziale.
Il problema della violenza a sfondo razziale della polizia in Francia è sistemico. Non è cambiato nulla dalle marce del MIB (Mouvement de l’Immigration et des Banlieues) negli anni ’90, dalle rivolte dopo l’omicidio di Zyed e Bouna nel 2005, dall’omicidio di Lamine Dieng nel 2007 o di Adama Traoré nel 2016. La situazione è addirittura peggiorata. Le esecuzioni sono regolari e la loro frequenza è aumentata dal 2017 con l’articolo L435, che ha esteso il quadro giuridico della legittima difesa, facendola diventare una vera e propria “licenza di uccidere” per la polizia. In questo, le tragiche statistiche non mentono: almeno 30 morti nel 2019, 46 nel 2020 e 53 nel 2021. Solo nel 2022, 13 persone sono state uccise per aver opposto resistenza all’arresto.
In un comunicato diffuso da “ami-es des Soulèvements de la Terre”si legge: «le forze di polizia, che sono in gran parte allineate con l’estrema destra, agiscono sempre più come una sorta di milizia di fazione. Sanno di essere indispensabili ai governi capitalisti per reprimere tutte le forze che cercano di opporsi alle loro politiche di distruzione sociale ed ecologica, tutti i corpi che si sollevano, i territori che costruiscono mondi abitabili».
Quello che è accaduto a Nahel non è un “abbaglio” o un errore. È sintomatico di un ordine statale razzista fondato sulla violenza contro le persone razzializzate e tutti i corpi considerati non conformi. Questa violenza, che mutila, confina e uccide, è stata a lungo sperimentata nelle colonie e nei quartieri popolari. Ora si è diffusa a macchia d’olio contro gli ambienti militanti, i movimenti sociali, i gilet gialli, le lotte ambientaliste.
Nel frattempo, la rivolta prosegue e il Ministro dell’Interno Darmanin ha annunciato il dispiegamento di 40.000 agenti di polizia in tutto il Paese, mentre il governo sta facendo tutto il possibile per “fare appello alla calma” e trasformare il fatto in un incidente isolato. La madre di Nahel ha indetto una “marcia bianca” per oggi pomeriggio (29 giugno), e ci saranno molte manifestazioni e atti di solidarietà in serata e nei giorni a venire.