«Dalla Valle che resiste, in marcia verso San Didero. I popoli in rivolta continuano a scrivere la storia».
Parte dal Festival Alta Felicità – giunto ormai alla sua sesta edizione – la marcia popolare verso il neo presidio – l’ultimo messo in piedi dal movimento No Tav – di San Didero.
La piccola frazione valligiana vede ormai all’orizzonte ogni giorno non un cantiere – nessun lavoro in corso per il nuovo autoporto, a pochi chilometri da quello attualmente funzionante -, ma solo un immane spreco di risorse economiche e ambientali che sono sotto gli occhi di tuttə.
Un deserto di ferro, cemento filo spinato costato cinque milioni di euro di fondi pubblici, controllato costantemente dalle Forze dell’ordine, pagate per supervisionare il nulla che gli speculatori dell’Alta Velocità hanno voluto creare, facendone ricadere il prezzo su una popolazione che da decenni vive una situazione di costante militarizzazione ed esproprio delle risorse.
A 32 anni dalla prima mobilitazione, la lotta No Tav non si limita “solo” a reclamare i soldi rubati alla comunità, a chiedere la messa in sicurezza del territorio e la bonifica delle aree inquinate.
La mobilitazione di oggi vuole invece essere una risposta collettiva alla farsa della “transizione ecologica” portata avanti dal governo Conte prima e Draghi poi.
Il corteo, partecipato da migliaia di persone, è giunto fino alle recinzioni del cantiere di San Didero. Gli attivisti si fanno annunciare con le prime battiture mentre decine di poliziotti in assetto antisommossa presidiano l’area, alcuni manifestanti hanno iniziato a provare a tirare giù le reti con delle corde ma sono stati respinti dalle forze dell’ordine con l’idrante, è bastato poco che si è passati al fitto lancio di lacrimogeni.
Un gruppo di manifestanti è andato oltre l’A32, sul lato opposto al cantiere, e il lancio di oggetti da quella posizione ha costretto Sitaf a chiudere l’autostrada all’altezza di Avigliana. Le forze dell’ordine sono intervenute per respingere i manifestanti di nuovo con lancio di numerosi lacrimogeni, che hanno provocato un incendio a pochi metri dal presidio.
«5 milioni spesi per tirare su un fortino vuoto e altri 49 previsti per un autoporto – affermano i No Tav – è una vergogna. Ettari di alberi abbattuti e territorio devastato, come sempre per l’interesse di pochi!».