Nove motivi per smettere di acquistare fast fashion

Quanti dei vestiti che si comprano a prezzi stracciati finiscono inutilizzati in fondo all’armadio, o peggio, rovinati dopo appena qualche lavaggio? È il fast fashion, la moda ultraveloce che non è fatta per durare, ma per essere consumata rapidamente e gettata via con altrettanta velocità. Probabilmente nessun settore più del fast fashion trae così beneficio dalla nostra cultura “usa e getta”. Ecco perché acquistare con attenzione, e solo ciò di cui abbiamo bisogno, può essere un vero atto di rivoluzione nei confronti del nostro pianeta sempre più sepolto dai rifiuti tessili.

1. La moda è il secondo settore più inquinante al mondo dopo l’industria petrolifera
La produzione di tessuti è un’enorme fonte di emissioni di carbonio che rilascia nell’atmosfera 1,2 miliardi di tonnellate di CO2  equivalenti, più della somma delle emissioni del trasporto aereo e marittimo.

2. In media, gli abiti acquistati vengono indossati solo 7-8 volte
In Europa il numero medio di abiti acquistati ogni anno è di 42 a persona, ma ciò che viene comprato viene indossato pochissime volte. Inoltre, la durata media di vita degli abiti oscilla  appena tra i 2,2 e i 5 anni.

3. Ogni secondo, un camion pieno di vestiti viene bruciato o smaltito in discarica
Significa che, ogni singolo secondo, 2.625 chilogrammi di vestiti diventano rifiuti da smaltire. Si tratta di una quantità sufficiente a riempire l’Empire State Building una volta e mezza al giorno e il porto di Sydney ogni anno.

4. Ogni anno vengono usati circa 70 milioni di barili di petrolio per produrre il poliestere 
Il poliestere è un tessuto fatto di fibre di plastica ed è la fibra più comunemente usata per fabbricare i nostri vestiti. È un derivato dei combustibili fossili come gas e petrolio e, in quanto tale, ne richiede quantità enormi per essere prodotto.

5. Il poliestere impiega fino a 200 anni per degradarsi
Il poliestere – usato per confezionare la maggior parte degli abiti fast fashion – è fonte di un grave inquinamento da plastica, soprattutto considerate le enormi quantità di vestiti che ogni anno vengono buttate o bruciate nelle discariche. Se è vero che il fast fashion viene prodotto e consumato rapidamente, altrettanto non si può dire della sua permanenza sul pianeta, visto che il poliestere può restare nell’ambiente senza degradarsi per addirittura due secoli. 

6. Il poliestere rilascia microplastiche nell’ambiente ogni volta che laviamo i nostri vestiti
Nei primi 5-10 lavaggi i capi realizzati in poliestere rilasciano microplastiche; queste possono finire nei mari e, risalendo la catena alimentare, anche all’interno del cibo che mangiamo. Nel 2017, Greenpeace ha trovato microplastiche persino nelle acque dell’Antartide.

7. Per produrre un chilo di cotone servono circa 10-20.000 litri di acqua
Sebbene il cotone sia biodegradabile, è una pianta che può richiedere anche 10-20.000 litri di acqua a seconda di dove viene coltivata. Produrre un chilo di cotone, sufficiente per creare una maglietta e dei jeans, può richiedere la stessa quantità di acqua che una persona beve in 13 anni, secondo Oxfam .

8. La produzione di tessuti è responsabile del 20% di tutto l’inquinamento idrico industriale ogni anno 
La produzione tessile in generale richiede sostanze chimiche che devono essere diluite tramite lavaggio e infine smaltite. Da qui deriva un grosso problema: l’inquinamento delle acque. Cercare abiti con certificazioni come “Oeko-Tex” è utile per essere sicuri che i tessuti siano stati prodotti senza l’uso di sostanze dannose per la salute e l’ambiente.

9. La coltivazione del cotone impiega il 18% dei pesticidi e il 25% del totale degli insetticidi a livello mondiale
Secondo il documentario “The True Cost”, dedicato proprio al tema del fast fashion, oltre il 90% del cotone è geneticamente modificato e pertanto può essere irrorato con sostanze chimiche che uccidono insetti e altri parassiti. Ciò significa che moltissimi insetti vitali per i nostri ecosistemi – come ad esempio gli insetti impollinatori, dai quali dipende un terzo del nostro cibo – vengono uccisi per soddisfare la nostra frenesia per la moda.

Fonte: Greenpeace

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