
Sabato 15 marzo, Padova ha riaffermato la sua forte identità antifascista, opponendosi fermamente al corteo di CasaPound. La città ha risposto compatta e determinata, testimoniando ancora una volta il suo spirito di resistenza. Nonostante la volontà dichiarata del movimento neofascista di attraversare il centro storico e la tentata prova di forza della Questura di impedire qualsiasi manifestazione in contemporanea, oltre mille persone si sono riunite in Piazza Antenore, davanti alla Prefettura, negando di fatto qualsiasi agibilità di piazza alle poche decine di militanti di estrema destra giunte da tutta Italia. La mobilitazione non si è limitata a una manifestazione statica: il presidio si è trasformato in corteo, attraversando con decisione le vie cittadine. Quando è calata la sera, un’altra manifestazione antifascista, lanciata da CGIL e ANPI, ha ribadito il messaggio, percorrendo il centro per riaffermare che Padova non accetta il fascismo, né nelle sue strade né al governo.
A caratterizzare la protesta è stata l’ampiezza e la varietà delle realtà presenti: movimenti sociali e componenti istituzionali hanno marciato fianco a fianco, uniti dall’obiettivo comune di opporsi allo slogan provocatorio di CasaPound, “Antifascismo=mafia”. La cittadinanza ha respinto con forza il tentativo di legittimazione politica dei neofascisti, ribadendo che Padova appartiene a chi la vive e non a chi la invade per un giorno. “Padova è di chi la vive, chi si organizza, chi la abita, non di chi viene una volta all’anno a chiamarsi vittima” dice infatti l’intervento d’apertura, che continua sottolineando che “i fascisti di strada e di governo in questa città non hanno cittadinanza”. La città Medaglia d’oro alla Resistenza ha espresso la sua vera natura, anche di fronte alla Questura, che, oltre ad aver accettato e concesso a CasaPound di entrare pubblicamente in città, ha cercato per tutta la settimana di impedire l’espressione politica e sociale della Padova vera e migliore.
L’antifascismo, in questa occasione, non è stato solo un gesto di opposizione, ma l’affermazione di una visione alternativa del mondo. Una società che rifiuta la logica del “me ne frego” per abbracciare il concetto del “mi prendo cura”, alla base di qualsiasi idea di giustizia sociale e lotta trasformativa. Dalle parole pronunciate sul palco sono emersi valori di solidarietà, transfemminismo, diritto allo studio, salute dal basso e sport popolare, ma è emerso con forza anche il rifiuto del riarmo europeo proposto da Ursula Von der Leyen e approvato pochi giorni fa dall’Europarlamento. Nonostante la pioggia, il clima di gioia e determinazione ha prevalso, con danze e cori che hanno animato la piazza in un contrasto netto con la rigida e cupa marcia degli squadristi.
Durante la manifestazione non sono mancate critiche al governo Meloni e alle sue politiche repressive e autoritarie. In particolare, si è puntato il dito contro il DDL sicurezza, citato come esempio emblematico dell’attuale deriva repressiva e manifesto politico-ideologico dell’attuale governo: “Proprio da Padova lo scorso 26 ottobre è partita la sfida dell’opposizione sociale al governo Meloni, segnata da un percorso nazionale capace di portare a Roma 100 mila persone il 14 dicembre. E a Roma ci torneremo in massa, il giorno in cui il Ddl entrerà al Senato per l’approvazione definitiva”.
Il tentativo repressivo del governo contro l’antifascismo si è manifestato con particolare evidenza a Padova. Emblematico è il caso dei dodici militanti del CSO Pedro, colpiti dai fogli di via dopo aver reagito a una provocazione di CasaPound lo scorso 15 febbraio. In quell’occasione, il movimento di estrema destra si trovava in piazza per rilanciare il concetto di remigrazione, una proposta di deportazione forzata rivolta a tutte le persone non bianche.
La protesta ha puntato il dito anche contro le Zone rosse introdotte dalla Direttiva Piantedosi, misure che, oltre a colpire principalmente persone razzializzate e già marginalizzate, inglobano non solo aree strategiche come la stazione, ma anche spazi sociali e di solidarietà. In piazza è stato denunciato con forza come l’obiettivo del governo sembri essere quello di marginalizzare sempre più ogni forma di supporto dal basso.
Il messaggio emerso da Padova è forte e chiaro: l’antifascismo non è solo memoria storica o celebrazione, ma una pratica viva e concreta, da portare avanti ogni giorno. In vista del 25 aprile, l’obiettivo è costruire una ricorrenza partecipata e consapevole, non solo commemorativa ma anche come momento di riflessione politica e sociale.
Di fronte all’avanzata della destra, la città reagisce, si organizza e non fa passi indietro. CasaPound, incapace di mobilitare una partecipazione significativa, è stata sconfitta dall’energia di chi, ogni giorno, lavora per costruire una Padova più giusta e accogliente. La giornata non è stata solo una manifestazione, ma un atto di resistenza e un forte segnale di ripartenza per nuovi percorsi politici e sociali condivisi.