Pubblichiamo un testo del collettivo universitario di Venezia Lisc attorno alla vicenda che ha coinvolto in questi giorni Patrick Zaki. Oltre a gioire per la sua libertà e a chiedere ancora una volta giustizia per Giulio Regeni, il testo invita a ragionare sulle tante contraddizioni insite nel rapporto politico e commerciale tra Italia ed Egitto e a non abbassare la guardia sulle critiche al dittatore egiziano Al Sisi.
Ci siamo prese alcuni giorni per riflettere sulla conclusione della vicenda Zaki poiché non è semplice mantenere lucidità di fronte a questa libertà tanto agognata. Consapevoli che ogni scelta, ogni direzione, ogni accordo – soprattutto nell’ambito dei diritti umani – è frutto di precise scelte politiche, riteniamo sia giusto contestualizzare questa notizia.
La grazia a favore di Patrick arriva a seguito di alcuni incontri che la presidente del consiglio Giorgia Meloni ha avuto con il presidente egiziano Al-Sisi, incontri che sono solo un frangente del rapporto che la presidente porta avanti e rafforza dall’inizio del suo mandato.
Il Presidente egiziano Al-Sisi è un dittatore che porta avanti una politica fascista, e al quale Meloni non può che ammiccare, come hanno fatto altri governi italiani prima del suo. I rapporti con l’Egitto, infatti, sono sempre stati strategici per l’Italia e viceversa, poiché regolano commercio di armi e dei combustibili fossili (gas in particolare). Ricordiamo bene quello sugli armamenti fra Italia ed Egitto, utilizzato vigliaccamente per barattare la verità per Giulio Regeni.
Sapere che Patrick Zaki sia libero e che gli sia stato risparmiato altro tempo in carcere ci solleva, e speriamo che molte altre voci che sono state zittite e represse dal regime egiziano vengano liberate al più presto. Tuttavia sappiamo bene che gli atti “di buona fede” da parte di Al-Sisi hanno un prezzo.
Ricordiamo bene quando Fratelli d’Italia – che ora vanta il suo impegno per la libertà di Zaki- si sia astenuto per conferirgli la cittadinanza italiana quando il ragazzo era in carcere in Egitto. La credibilità del governo italiano vacilla sempre più, e continua a chiudere gli occhi, stringendo accordi con Paesi in cui i diritti umani sono solo un miraggio di pochi.
Per citare alcuni esempi: l’accordo Italia-Libia dello scorso novembre, o il più recente memorandum con la Tunisia. Attraverso la firma del memorandum Italia-Tunisia si mette infatti a sistema la violenza della Guardia Costiera tunisina contro le persone migranti e le deportazioni al confine con la Libia e l’Algeria.
Ben lontane dal vantare un governo che protegge la dignità e i diritti umani, siamo perfettamente consapevoli che la vicenda Zaki verrà strumentalizzata dal Governo per farsi paladino di una causa mai presa in considerazione, mentre continuerà a firmare accordi in cui i diritti e la libertà umana non vengono neanche contemplati.
Come studentesse universitarie, siamo amareggiate anche perché in tutti questi anni gli atenei italiani, tra cui Ca’ Foscari, non hanno mai intrapreso alcuna azione concreta per dimostrare solidarietà e per chiedere giustizia per Giulio e libertà per Patrik. Lo fanno adesso, certo, sommessamente, prestando il fianco acriticamente alla vittoria politica e mediatica del governo Meloni.
Infatti, come collettivo universitario, assieme ad altre componenti universitarie e cittadine abbiamo dato vita in questi anni ad importanti manifestazioni di opposizione alla situazione in Egitto, soffermandoci più volte sul fatto che le istituzioni di formazione del libero pensiero, quali le Università, non possano in nessun modo astenersi dal prendere una posizione forte e decisa su queste vicende.
Negli scorsi anni, abbiamo infatti chiesto a Ca’ Foscari una presa di posizione effettiva tramite un appello. Le nostre richieste riguardavano l’affissione del banner che chiede verità e giustizia per Regeni e libertà per Zaki e l’interruzione di qualsiasi collaborazione con aziende coinvolte direttamente o indirettamente nella vendita di armi all’Egitto, o negli affari ed interessi economici.
Eppure, il nostro appello è stato deliberatamente ignorato, in quanto abbiamo ricevuto solo rifiuti e il silenzio di rettori che ora si dicono sollevati alla notizia della grazia. Abbiamo quindi deciso di colmare quel vuoto e quel silenzio istituzionale, appendendo al balcone della sede centrale di Ca’ Foscari il banner, che ci è stato prontamente rimosso.
Ci uniamo al grido di gioia e di speranza per la libertà di Patrick, affinché non debba più tornare in quelle carceri, ma ci chiediamo se il ruolo di emancipazione, libertà, baluardo di sapere ed uguaglianza che dovrebbe avere l’Università sia stato rispettato.
Affinché le parole che abbiamo scritto prendano forma nella nostra pratica quotidiana di studentesse, studenti, ricercatrici, ricercatori, cittadini e cittadine, continueremo a chiedere verità e giustizia per Giulio, e per tutte le voci oppresse che aspettano di tornare in libertà.
Dall’Egitto alla Libia, dall’Italia alla Turchia, dal Kurdistan al Messico, libertà per tutte le voci dissidenti, che sognano e lottano per un mondo diverso. Con la gioia di vedere Patrick libero, con la rabbia della verità ancora nascosta per Giulio.
Ciao Patrick, bentornato!