Di Franco Maloberti per ComeDonChisciotte.org
Nel 2010 lo storico Ian Morris, un inglese trasferitosi negli USA ed ora prestigioso professore all’Università di Stanford, ha scritto un libro intitolato “Why the West rules – for now” (Perché l’Occidente domina – per ora). Morris ripercorre le tappe dello sviluppo umano e identifica nell’energia l’elemento che ha determinato la supremazia dell’Occidente.
Il libro è molto accurato; riporta grafici e tabelle che indicano uno stretto legame tra l’indice di sviluppo sociale e l’energia utilizzata. L’Occidente ha da secoli usato più energia dell’oriente; per esempio, quello che Morris chiama “energia catturata” vale, per gli anni 2000, 230 kcal/persona/giorno per l’occidente e 104 kcal/persona/giorno per l’oriente, ovvero, più di due volte in meno. L’indice di sviluppo sociale ha un andamento simile. Il grafico fornito da Morris è su scala logaritmica e non consente una lettura precisa. Comunque, negli anni 2000, per l’Occidente il parametro di Morris è a circa 1000, mentre per l’oriente si ferma a poco più di 500. Anche per lo sviluppo sociale si è a circa la metà.
La ragione primaria della supremazia dell’occidente (o, come dice Noam Chomsky, dell’egemonia) è allora il maggiore uso di energia, anche se, ovviamente, si devono considerare altri fattori come i materiali rari, il dominio finanziario, l’organizzazione, la tecnologia dell’informazione e le capacità tecniche.
Il sito dell’Università di Stanford che riporta un sommario del libro di Morris inizia dicendo:
Intorno al 1750, gli imprenditori inglesi scatenarono le sbalorditive energie del vapore e del carbone, e il mondo cambiò per sempre. L’emergere di fabbriche, ferrovie e cannoniere ha spinto l’Occidente all’ascesa al potere nel diciannovesimo secolo e lo sviluppo di computer e armi nucleari nel ventesimo secolo ha assicurato la sua supremazia globale.
L’Oriente, e in particolare la Cina, fu una delle regioni dove si formarono le prime civiltà umane. Gli insegnamenti di Confucio furono la base della costruzione di una società stabile e ben organizzata. La dinastia Song a cavallo dell’anno mille unificò politicamente numerosi piccoli regni e favorì una grande crescita economica. I Song introdussero l’uso della carta-moneta per favorire il commercio di prodotti pregiati come la seta e la porcellana. Inoltre, i Song sostennero cultura e ricerca scientifica che portarono a importanti scoperte come la stampa a caratteri mobili, la bussola e la polvere da sparo. Dopo il declino conseguente l’invasione dei Mongoli, la successiva dinastia Ming restaurò le precedenti condizioni e favorì una crescita che rese la Cina la regione più tecnologicamente avanzata del mondo.
L’Occidente, dopo la scoperta di Cristoforo Colombo, ottenne notevoli risorse dalle colonie sottomesse per una maggiore capacità bellica. L’uso dell’energia per costruire cannoni consolidò il dominio al punto che alla fine dell’Ottocento le potenze occidentali europee dominarono su circa il 70% del mondo.
Sembra allora assodato che possedere, accaparrare, controllare l’energia o renderla troppo costosa per i poveri, è la strada da seguire per conservare la supremazia. Noam Chomsky nel suo best seller “Hegemony or Survival: America’s Quest for Global Dominance” descrive quanto è stato fatto dall’occidente, guidato dagli USA, per conservare l’egemonia, principalmente facendo guerre e comminando sanzioni laddove vi sono copiose risorse energetiche. Non è allora necessario ripetere quanto già ampiamente e autorevolmente scritto per le prime strategie. Per questo, il seguito di questo scritto si concentra sulla correlazione tra i cambiamenti climatici e l’ultima delle strategie: rendere l’energia troppo costosa per i poveri. È evidente che se un bene è costoso questo diventa prerogativa dei ricchi. I poveri non se lo possono permettere e ne devono fare a meno. Questo semplice concetto lo si può applicare all’energia. Il problema è che esistono fonti che, al momento e forse per tanto tempo a venire, sono disponibili in abbondanza e a buon mercato. Una prima tecnica è far credere che quella abbondanza non c’è. Si fanno previsioni catastrofiche che dovrebbero creare “spavento sociale”. La cosa non regge molto se l’occidente continua a usare l’energia come e più di prima: i paesi poveri cominciano a non preoccuparsi dell’esaurimento delle risorse energetiche, stante il fatto che i ricchi sprecano l’energia per il loro benessere. Non dico che le risorse non possono terminare, dico solo che il “dramma creato” non funziona.
Una versione raffinata della strategia dello “spavento sociale” è far credere che l’energia a basso costo crea danni. Bisogna convincere la gente che usarla è una azione efferata che danneggia tutti quanti. Per questo, le persone che vivono nell’occidente “danno l’esempio” e, casomai, si spostano in bicicletta nelle zone RTL, e usano rigorosamente energia rinnovabile il cui accesso è una barriera quasi insormontabile per i paesi poveri.
Uno “spavento sociale” lo si ebbe tempo fa quando si diffuse la notizia che c’era un buco dell’ozono sopra l’Antartide. Questo accadeva dopo che nel 1913 due fisici francesi scoprirono l’esistenza dello strato di ozono attorno alla terra. Questo elimina una banda ultravioletta della luce solare e determina benefici. Successivamente si scoprì che il cloro nell’aria distrugge l’ozono e si suppose che i clorofluorocarburi (CFC), stabili nella bassa atmosfera, si degradino in presenza di radiazioni nella stratosfera, rilasciando del cloro. Non risulta che ci siano stati esperimenti che hanno verificato le ipotesi fatte anche da Molina e Rowland. Questi scrissero nel 1974 un articolo di solo due pagine che, tra l’altro, non forniva alcuna spiegazione scientifica. In seguito, sono state fatte molte misure sulla concentrazione dell’ozono, usando all’inizio misure fatte da terra, poi con strumenti messi su satelliti e infine con misure su palloni che raccoglievano l’aria mentre viaggiavano. Quanto questi metodi diversi siano tra loro concordi non è chiaro. I valori “misurati” poi hanno “alimentato” modelli predittivi che man mano che venivano “raffinati” aumentavano la prevista riduzione dell’ozono. Ma, come ricordato dal famoso fisico John von Neumann, i modelli possono predire di tutto. È ben noto il suo aforisma:
With four parameters I can fit an elephant, and with five I can make him wiggle his trunk. (con quattro parametri posso rappresentare un elefante, con cinque gli posso fare agitare la proboscide)
Sono iniziate accese discussioni scientifiche con previsioni della riduzione dell’ozono da valori catastrofici a trascurabili quantità spiegabili, come dicevano alcuni, con il fenomeno chiamato circolazione di Brewer-Dobson. Comunque, tutte le teorie e modelli non avevano alcuna scientificità dato che non è possibile cambiare le concentrazioni di CFC e vedere se le conseguenze verificano la teoria o, peggio, il modello. Non sono state fornite solide spiegazioni del fatto che il buco si apra e si chiuda in pochi e ben definiti mesi dell’anno e non è stato sperimentata né tantomeno quantificata la decomposizione dei gas CFC ad alta quota. La controversia ha visto l’intervento della stampa “scientifica” e popolare che ha semplificato, volgarizzato e reso drammatiche le prospettive. Nella vicenda molti scienziati hanno tenuto una posizione ambigua e hanno ottenuto attraverso la NASA ingenti finanziamenti per la ricerca sull’atmosfera polare. Ovviamente, la dove c’è abbondanza di finanziamenti c’è anche abbondanza di argomentazioni scientifiche che, in genere, sono quelle “aspettate” di chi le finanzia. Le revisioni degli articoli erano spesso simili alla valutazione di un goal quando è fatta da un tifoso della stessa o dalla squadra avversaria. Quello che comunque risulta è che il buco è sostanzialmente stabile da decine di anni con un valore vicino ai massimi, (25 milioni di km quadrati) nel 2022. Questo nonostante, la NASA a trionfalmente annunciato (senza spiegazioni) all’inizio del 2023 che il buco scomparirà entro quarant’anni. Non sarà forse che quei signori hanno sentito la necessità di far credere che, nonostante i dati contrastanti, la medicina che venne impartita un tempo ora funziona?
Chiediamoci ora se i cambiamenti climatici hanno stimolato (o sono stati finalizzati a) uno “spavento sociale”? Ci sono molte analogie con il caso del buco dell’ozono, prima di tutte l’impossibilità di verifica dei modelli seguendo le regole del metodo scientifico. Il povero Galileo dopo un periodo di gloria è ancora bistrattato e il suo metodo è sostituito da “verità fittizia da modello”! C’è l’uso di serie storiche grandemente approssimate e totalmente insufficienti per supportare modelli talvolta fantasiosi e infarciti di parametri; c’è l’erogazione di finanziamenti enormi, forse “polarizzati” per sostenere le aspettative della NASA e ONU; ci sono la gratificazione sociale, il prestigio, i viaggi in posti ameni per conferenze e dibattiti o, al contrario il disprezzo per affermazioni opposte al corrente mainstream; c’è la volgarizzazione giornalistica dei risultati pubblicati; infine, c’è l’utilizzo strumentale di ragazzini e ragazzine con la faccia feroce, ma con conoscenza scientifica nulla. Tutti questi elementi sono a favore dell’ipotesi che, per conservare l’egemonia energetica, si sia favorito uno “spavento sociale”.
Il risultato non è dei migliori, il buco dell’ozono era apparso come un fatto irreale e per certi versi poco interessante. Così, l’attenzione dei media si è rivolta presto verso altri problemi ambientali tipo le piogge acide, lo smaltimento di scorie nucleari e i dibattiti sui siti per rifiuti tossici. Invece, l’incessante ed eccessivo martellamento comunicativo sul riscaldamento climatico, poi “ridotto” a cambiamento climatico, ha generato una forma di religione con adepti ideologizzati e radicalizzati nelle azioni. Le conseguenze: la credenza che l’uomo è superpotente e che può danneggiare o migliorare la natura con giustificazione delle decisioni conseguenti. Queste vanno, però, nella direzione opposta: favoriscono il declino dell’occidente. Abbandonare gas e petrolio, che sono energia a basso costo, significa metterli a disposizione dei paesi “sottomessi”. Questi, consumando più energia, progrediscono socialmente e si riscattano.
D’altra parte, quanto potrebbe interessare ad un povero dell’oriente la salvaguardia del globo. Mettiamoci nei suoi panni e scopriremo che considera tutte queste preoccupazioni come capricci di ricchi che non hanno problemi di pranzo e di cena. In effetti, se si guarda la tabella del consumo pro-capite di energia elettrica (2020) si vede che a fronte degli 11700 KWh pro-capite annui degli USA e dei più modesti 6500-7000 europei abbiamo i 3991 della Cina i 2783 dell’Iran o gli 857 dell’India.
Quanto sopra indicato suggerisce che, forse, è bene abbandonare l’ideologia climatica e cancellare le decisioni che ci danneggiano (tipo la decarbonizzazione, l’uso esclusivo di energie rinnovabili, la soppressione di animali “inquinanti” a favore del cibo artificiale) per dedicarsi a metodi che preservano lo sviluppo sociale ma usano molto meno energia. Mettere il surplus a disposizione degli altri favorirebbe così pace sociale e benessere generalizzato.
Di Franco Maloberti per ComeDonChisciotte.org
07.02.2023
Franco Maloberti Professore Emerito presso il Dipartimento di Ingegneria Elettrica, Informatica e Biomedica dell’Università di Pavia; è Professore Onorario all’Università di Macao, Cina.