Perchè non è Natale tutti i giorni?

Passate le feste, rientrati tutti nei ranghi, si prosegue la vita di sempre, spesso simile a una fotocopia, in attesa di prossime feste, ponti, domeniche. Ma viene da chiedersi: perché il Natale piace così tanto pressochè a tutti, tranne rare eccezioni?
Lasciamo stare per un attimo quello che è diventato il Natale, cioè l’apoteosi del consumismo, e analizziamo altri aspetti che ne fanno la festa più attesa, almeno nella parte del mondo che gli dà significato. Gli aspetti da considerare sono tre: libertà, dono, relazioni.
A Natale ci sono giorni di vacanza quindi si è liberi dal lavoro (e dalla scuola, amaro antipasto della coercizione lavorativa) e l’elemento libertà è sempre molto gradito a conferma che spesso le attività o i lavori che facciamo non ci piacciono granchè, se poi siamo tanto contenti di andare in vacanza o avere giorni di festa. Di per sé non è una novità particolare, perché pure in estate si va in vacanza e anche per più giorni, ma in estate non ci sono gli altri due elementi fondamentali che sono appunto il dono e la relazione.
Il dono che è l’emblema del Natale, piace non perché è Natale ma perché da sempre contraddistingue qualsiasi comunità umana e crea legami. Donare qualcosa a qualcuno poi ci dà gioia perché, anche se ce lo siamo dimenticati, vedere contento qualcuno grazie a noi ci fa sentire bene e questo succede perché, fino al momento in cui ci cableranno tutti, è insito nella nostra natura.
Poi ci sono le relazioni e si vede pure dalle pubblicità, cartina di tornasole di ciò che funziona per la vendita e che sfrutta in maniera nauseante ogni sentimento sano e innato. E quanto questo aspetto sia forte (benchè usato strumentalmente), lo dimostrano appunto le pubblicità di tavolate con nonni, nonne, bambini, parenti, amici ecc.
Le relazioni ripropongono quella tipica convivialità italiana che piace a tutto il mondo, dove le persone stanno bene insieme se le metti intorno a un tavolo con del buon cibo. Ed era la stessa condivisione familiare, anche allargata, che prima della follia consumista c’era più
spesso e non si doveva certo aspettare solo una volta l’anno per riunirsi.
Appurato ciò, la domanda che viene spontanea è: ma perché non potrebbe essere Natale tutti i giorni? Perchè dobbiamo aspettare una volta l’anno per avere quello che da sempre ci ha contraddistinto? Almeno fino a quando ai valori umani abbiamo sostituito i valori monetari. Fino a quando la comunità era preponderante e nelle popolazioni progredite, cioè quelle indigene, il dono, che fosse materiale o un supporto, è sempre esistito e non perché si volesse qualcosa in cambio ma perché era normale farlo, come è normale respirare. Ogni comunità sapeva che donando si innescava un circuito virtuoso nel quale si sarebbe ricevuto, non necessariamente dalla stessa persona, in un costante scambio di considerazione e collaborazione con l’altro. E il paradosso è che questo avveniva quando le persone avevano molto meno di quello che hanno adesso, sia in fatto di soldi che di beni materiali.
La possibilità poi di essere liberi dalla schiavitù volontaria di lavori e attività che non piacciono è attualmente possibile e in questa scelta ci potrebbero rientrare anche la riscoperta delle relazioni perché lavorare meno e meglio, permette di avere più tempo per gli altri e se stessi. Tempo per la convivialità, tempo per coltivare e cucinare buon cibo insieme, tempo per stare insieme, molto più che pochi giorni all’anno dove la mancanza di tutto questo è così marcata che quei giorni bisogna per forza strafare. Mancano così tanto nella quotidianità le relazioni, la libertà e il dono che proprio a Natale si finisce per fare un oscena orgia di spreco.
Se fosse un Natale quotidiano sobrio ma ricco di relazioni, libertà, “doni”, sarebbe una bella conquista per noi e per il pianeta, tra l’altro meno sommerso da rifiuti e più leggero. E non sarebbe nemmeno difficile farlo, infatti questo è uno degli obiettivi della proposta di ecovicinato dove si vuole recuperare proprio il senso di comunità, l’importanza delle relazioni, del dono, facendo anche lavori sensati e che liberino tempo. Non è così utopico, basta guardare un po’ indietro, recuperarne il positivo e costruire un futuro migliore.

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