Tonguessy per Comedonchisciotte
“Meglio è nemico di Bene” è un motto che viene troppo spesso sottovalutato, se non disprezzato. La freccia del Tempo, grazie agli enormi sforzi di chi detiene le leve, è destinata a proiettarci da un passato buio e ostile ad un futuro radioso e accogliente. Ma questo presuppone che il bene attuale possa essere migliorato, ed in questo consiste la tragedia. Ci stiamo avviando verso l’infinito, dimensione tanto inebriante quanto inesistente. Quell’infinito a cui prima o dopo approderemo si chiama perfezione. Nel frattempo godiamoci la tragedia della separazione dal bene. William Shakespeare nel suo “King Lear” scriveva: “Nella nostra ricerca del meglio roviniamo il bene”. Prima di Shakespeare ci fu Voltaire che nelle sue furiose demolizioni della teodicea aveva usato l’espressione “il meglio è il nemico del bene”, attaccando tramite Pangloss l’ottimismo di Leibnitz e del suo credere che l’attuale sia “il migliore dei mondi possibili”. Schopenhauer si chiedeva se li avesse visitati tutti, i mondi possibili, per arrivare a tale brillante conclusione. Domande oziose, degne di filosofi che perdono le proprie giornate nel tentare di organizzare i pensieri secondo criteri “migliori”. Pensieri migliori, superba tragedia.
“In alcuni punti del percorso, probabilmente, il pensiero è stato necessario ma ora è diventato un nemico dell’uomo. Ed è diventato un nemico perché il potenziale insito nel processo evolutivo… è ostacolato dalla cultura, perché la cultura ha creato l’uomo perfetto, l’uomo religioso, il perfetto gentleman e via dicendo” ha detto un antiguru visionario, in netto contrasto con i veri guru amanti della spiritualità assoluta. [1]
Ovviamente la Perfezione (con la maiuscola, mi raccomando) fa il paio con la Verità (sempre con la maiuscola). Se non si persegue la Verità è impossibile arrivare alla Perfezione. Pensateci.
“Quindi pensi davvero che esista la verità? Per carità, ognuno si senta libero di disporre della propria libertà, del proprio tempo e delle proprie energie come meglio crede. Ma per me la verità è solo un inganno, come l’illuminazione che dovrebbe colpire i bravi seguaci che seguono pedissequamente le indicazioni del guru.” [2]
Rincorrere la perfezione nella vana speranza di accedere al Satori o al Paradiso sarebbe quindi inequivocabile segno di povertà comportamentale più che spirituale, e dato che “non esiste la sublimazione, tutto questo è completamente privo di senso. I santi mentono, sono fandonie, spazzatura, non date retta nemmeno a una parola di quello che dicono” ci ammonisce U.G. Krishnamurti.
La Perfezione pretende di allontanare l’uomo da sé stesso e proiettarlo in una dimensione sovrumana, lanciarlo verso certa metafisica dove l’errore non deve più esistere. Impossibile sbagliare. Chi si accontenta dell’umanità con i limiti che le sono propri, non è degno di avvicinarsi alla Perfezione tramite la Verità. Questo comporta l’interpretazione secondo cui non solo le nostre società ma tutto il creato è stratificato: ci sono i servi della gleba (molti) e gli aristocratici (pochi) così come c’è il mondo materiale “inferiore” a disposizione di tutti i poveracci, e quello spirituale “superiore” a cui possono accedere solo pochi eletti; insomma, una fedele replica delle attuali dinamiche sociali. Solo chi avrà il coraggio di ripudiare la propria appartenenza ai bassi ceti ontologici potrà accedere alla divina supremazia che contraddistingue le elites, ieri come oggi. È l’intramontabile mito del self made man, colui che grazie alla perfetta linearità del sistema pur partendo dal basso riesce ad “elevarsi” materialmente quindi spiritualmente. Eppure il “basso” aveva una sua dignità, e non richiedeva alcuna “elevazione”, piuttosto quella cooperazione che oggi è in totale ostaggio delle ONG.
Secondo il teologo Matthew Fox, ripudiato da Ratzinger ed espulso dai Domenicani “ritenere che gli esseri debbano trovarsi lontani dalla materia per essere spirituali è, secondo me, uno dei più grandi errori del pensiero ellenistico, e ci ha predisposto a una forma di dualismo… l’idea di uno sgorgare dall’alto ci porta a screditare ciò che si trova più in basso, si tratti della terra su cui camminiamo o dei nostri chakra inferiori… i neoplatonici sviliscono la materia, sviliscono l’oscurità e sviliscono tutto ciò che si trova in basso… il presupposto neoplatonico è che bisogna essere immateriali per essere puri e splendenti. Credo che questa sia l’origine delle difficoltà dualistiche occidentali. Non credo che questa impostazione sia davvero redimibile. È la dichiarazione di una cultura che si trova a disagio con la materia, ed è supportata in questo da un’intera filosofia.” [3]
Molto tranchant, Fox non ci lascia speranza: siamo condannati a vivere da schizofrenici, ripudiando la materia di cui siamo costituiti per sperare di essere “migliori” secondo indicazioni sempre più socialmente obbligatorie.
È un discorso sconcertante: dopo tanto parlare di materialismo come male da cui scaturisce ogni devianza sociale e brutalità, ci troviamo a discutere del materialismo di Fox come redenzione all’allontanamento progressivo dalla Terra ed alla sua progressiva distruzione. Troppo marxista per essere vero. Quindi il materialismo, ovvero la ricerca della felicità attraverso la materia sarebbe un’idea possibile anche per i teologi, purché eretici. Resterebbe da chiarire la differenza tra edonismo reaganiano (un esempio tra tanti di materialismo) ed epicureismo, ovvero seguire senza ostentazione i sensi come criterio di verità e di bene. Dall’altra parte invece bisognerebbe iniziare a chiarire la differenza tra spiritualità che disprezza la materialità e spiritualità che invece la accoglie come parte integrante della vita, come parte che riesce ad armonizzare le varie realtà umane.
La discriminante rimane la Perfezione, intesa come allontanamento dalla Natura che contiene ogni cosa, e che scarta ogni sfumatura facendo apparire tutto in bianco e nero.
Di Natura da violare perché distante da noi ne parlava già Cartesio. Se non facciamo parte della Natura c’è un motivo preciso: la Natura stessa è imperfetta con tutte le contraddizioni che la caratterizzano, noi no perché siamo in grado di trascendere la greve materia. Possiamo quindi, in quanto Res Cogitans, allontanarci dalla materialità che è indice di bassezza, e ascendere.
L’ascensione è una costante nelle narrazioni New Age. Si parla di interi popoli smaterializzatisi grazie all’ascensione a dimensioni superiori. Cosa voglia dire tutto questo ve lo lascio immaginare, l’importante è far crescere la narrazione di livelli “superiori” cui aspirare mentre la materialità rimane sinonimo di bassezza da cui bisogna affrancarsi.
Quindi è d’obbligo allontanarsi dal sé per ritrovare il proprio sé superiore. Ancora una volta si dichiara apertamente il proprio disagio psichiatrico: non siamo una unità ma molte sotto-unità, una delle quali (quella più in alto) vorrebbe avere il sopravvento sulle altre. Magari con lotte all’ultimo sangue. Questa faccenda mi fa pensare che alla fine il nostro Occidente, come correttamente descritto da Fox, abbia una tara ineliminabile che si diffonde ad ogni aspetto relazionale, sia per quanto riguarda il singolo che le intere società: l’elite, la parte minoritaria di un insieme, arrogatasi il diritto di dominare le altre parti si trova nelle condizioni di regnare indisturbata sul tutto. Gli strati più densi e popolosi, quelli che davvero macinano il reale, sono guardati con sufficienza se non con disprezzo mentre le rarefatte e semi deserte vette rimangono le agognate mete dell’inconscio collettivo. O del delirio collettivo, fate voi.
La parola d’ordine è sfuggire alla normalissima vita di ogni giorno e alle possibilità che ci offre e che, secondo la narrazione qui descritta, non merita alcun rispetto. E tale parola d’ordine si acquisisce tramite la Perfezione. Peccato che i perfezionisti siano sempre insoddisfatti e frustrati e che, secondo la psicologia, sul piano clinico questa caratteristica possa essere correlata a problemi come la depressione, l’ansia o i disturbi alimentari. Non a caso, infatti, a una sempre maggiore diffusione del perfezionismo – confermata anche da uno studio della Dalhousie University e della York St John University, per il quale i giovani di oggi vi sono più inclini rispetto alle generazioni precedenti – corrisponde il propagarsi dei disturbi mentali, compreso l’aumento del tasso di suicidio; circa il 30% degli studenti universitari, inoltre, soffre di sintomi depressivi, un dato nettamente più alto rispetto al resto della popolazione.
Se nel 1989 era il 9% dei ragazzi che mostrava livelli rilevanti di perfezionismo socialmente imposto, nel 2017 era salito al 18% [4], fatto che dimostra come l’universo deterministico possa anche remare contro di noi. Se in un trentennio il quoziente di perfezione è stato raddoppiato, possiamo prevedere che tra un secolo tutta l’umanità sarà definitivamente perfezionista. Ecco svelato il futuro radioso ed accogliente dell’incipit.
Uno degli aspetti più conosciuti del perfezionismo, come dicevo sopra, è il bisogno di vedere il mondo in bianco e nero (o sono il migliore o sono un perdente) creando così continui conflitti per raggiungere gli obiettivi prefissati. Che possono essere anche dimostrazioni legate al bisogno patologico di apparire il più bravo, l’eletto al cui cospetto ogni sfumatura diventa irrilevante. Si tratta di contrapporre il Bene al Male ed eliminare tutte le infinite sfumature del caso. Saddam e Gheddafi rappresentano, secondo questo pensiero dicotomico, il Male assoluto. Al contrario Madre Teresa e Ghandi sono il Bene assoluto nonostante i pregi dei primi ed i difetti dei secondi. Anche questo è frutto dell’allontanamento dalla materia, contraddittoria e ambigua al contrario dei mondi eterei “superiori” dove tutto è regolato da divine ed immutabili tassonomie.
Secondo la Treccani il perfezionismo, in psichiatria, è la “tendenza nevrotica che consiste nel richiedere da sé stessi e dagli altri prestazioni al di sopra delle proprie o delle altrui possibilità. L’attuazione, anche di compiti relativamente semplici, è costantemente spostata su un piano ideale e irraggiungibile.” [5]
Tra un secolo l’operazione sarà completata: vivremo tutti nel virtuale immaginando di essere chi non siamo, sfornando un sacco di meravigliosi atti immaginativi mentre nella realtà al massimo faremo solo stupidaggini di poco conto. Ci saremo così affrancati dalle elites (quelle che regolano i destini reali del mondo) immaginando di essere noi al posto loro, mentre la pace sociale sarà finalmente padrona del mondo.
“Le persone perfette non combattono, non mentono, non commettono errori e non esistono.”
Aristotele
Tonguessy
[1] U.G. Krishnamurti “L’inganno dell’illuminazione”
[2] ibid
[3] M. Fox-R. Shaldrake “La fisica degli angeli”
[4] https://thevision.com/cultura/perfezionismo-ostacolo-obiettivi/