In migliaia hanno partecipato ieri al corteo “Fermare l’escalation” tenutasi a San Piero a Grado, nel cuore dell’hub militare che circonda la città di Pisa. La manifestazione è il frutto di un percorso che affonda le sue radici nell’opposizione a una nuova base militare, inizialmente prevista nel parco naturale di Coltano, che ha mobilitato da subito numerosi comitati ambientali e associazioni locali. Il grande radicamento territoriale di questo percorso si è intrecciato nel tempo con una visione più generale e complessiva contro l’escalation militare a cui stiamo assistendo in questi anni, figlia di un riassetto globale del capitalismo che vede proprio nella guerra il suo fondamento.
Tutto questo ha consentito al Movimento No Base di mantenere alto il livello di mobilitazione e partecipazione nonostante il progetto definitivo abbia in parte accantonato l’ipotesi iniziale di cementificare il parco di Coltano e si concentra sull’ampliamento del CISAM, il centro di ricerca della Marina Militare che si trova appunto a San Piero in Grado, a pochi passi da Camp Derby.
Il nuovo progetto è stato venduto dalle istituzioni come meno impattante, ma proprio il corteo di ieri ha smascherato questa falsa narrazione. In primo luogo perché andrebbe a distruggere l’area boschiva del parco naturale di Migliarino, San Rossore e Massaciuccoli; inoltre perché per i tre corpi speciali dei carabinieri (G.I.S., Tuscania, Cinofili) verrà costruito un autodromo a Pontedera e delle residenze militari a Coltano, con tanto di esproprio di edifici storici e pubblici.
Nonostante il progetto sia stato approvato di recente ed abbia avuto l’avallo del tavolo interministeriale, la manifestazione di ieri dimostra che la partita è ancora aperta. «Opporsi alla guerra e alle basi significa mettere in pratica un conflitto che non sia solo enunciato» sono le parole ripetute spesso dal furgone di testa. Ed è per questo che il corteo non si è fermato alla fine del percorso autorizzato, ma ha proseguito fino alle reti che perimetrano la base CISAM: decine di metri di filo spinato sono cadute, a poca distanza dalle forze dell’ordine in tenuta antisommossa, e sono state piantate all’interno dell’area militare bandiere della pace e del Movimento No Base. «Abbiamo liberato il parco dall’occupazione militare, abbiamo portato la nostra rabbia e la nostra determinazione oltre le reti, ma è solo l’inizio di una lunga battaglia per far sì che questo territorio non sia più una zona di guerra».
In precedenza il corteo si era fermato davanti a Camp Derby, nella quale è custodito il più grande arsenale statunitense al di fuori dei suoi confini. Da qui partono ogni giorno armi che vengono utilizzate in Medio Oriente, in particolare contro la popolazione palestinese.
Proprio la guerra in Palestina e le altre guerre genocide contro popolazioni inermi, sono state un tema ricorrente durante la manifestazione, con rappresentanti della comunità palestinese e di quella curda che hanno preso parola per dire che è sempre più necessario costruire ponti tra le comunità resistenti di tutto il mondo per liberarsi dalla guerra. Altri interventi hanno sottolineato il legame della battaglia antimilitarista con quella di genere, ambientale, sui luoghi di lavoro e di formazione, al fine di risignificare politicamente il “pacifismo” e di intrecciarlo con il conflitto sociale.