
Negli ultimi anni, Sherbooks Festival ha sempre cercato di creare spazi di confronto e dibattito, proponendo momenti di riflessione con le case editrici presenti. Oltre a valorizzare la letteratura working class e anticoloniale, il festival ha dato voce anche alle criticità del mondo editoriale, ai limiti imposti dalla grande distribuzione e alle difficoltà del settore. Quest’anno con il panel “I mestieri dell’editoria: dietro le quinte tra sfruttamento e precariato”, realizzato in collaborazione con Redacta, si accende il dibattito su questioni cruciali per chiunque lavori nella filiera del libro. Hanno partecipato due collaboratrici di Redacta, Matteo Pinna di Wom Edizioni e Paolo Primavera di Edicola Ediciones, con la moderazione di Giacomo Traini.
Il panel si è aperto con una riflessione più ampia sul mondo dell’editoria, che nonostante abbia visto degli aumenti nei volumi di vendita e nelle presenze alle fiere librarie, resta legato a dei meccanismi tossici, dettati sicuramente dalle problematiche della distribuzione ma non solo: è possibile quindi immaginare una editoria libera di questi meccanismi, volta alla creazione di un ambiente sano, che permetta alle piccole realtà di esistere liberamente? E se sì, in che modo?
“Se prendiamo dei modelli esterni a quelli italiani, come ad esempio il modello francese, vediamo che esiste un’altra struttura distributiva oltre quella della grande distribuzione, che ha creato una rete diversa di vendita interfacciandosi con le librerie indipendenti piuttosto che con quelle dei grandi gruppi. Ciò ha aiutato gli editori indipendenti a vivere di quello che fanno e al contempo ha permesso alle librerie indipendenti di non farsi fagocitare. Quindi un modo possibile c’è e neanche tanto lontano”, sostiene Matteo Pinna. Sottolinea poi un’ulteriore criticità che pesa sulle piccole realtà editoriali: “Nella dinamica dell’editoria c’è questo gioco: io ricopro un doppio ruolo. Da un lato, sono l’editore, quindi rappresento un assetto aziendale di tipo editoriale; dall’altro, sono anche colui che, insieme agli altri collaboratori della casa editrice, svolge tutti i lavori che poi vengono elencati all’interno di quella brossura”. Questa dinamica, che si traduce in una forma di autosfruttamento, deriva dalla necessità di gestire internamente diversi aspetti del lavoro editoriale anziché delegare a dei collaboratori. Una scelta quasi inevitabile per contenere i costi e garantirsi una presenza in un mercato dominato dai grandi editori, dove il diritto di resa e i margini di guadagno ridotti rendono la sostenibilità ancora più complessa.
“”Il problema del denaro è che dovrebbe servire a comprare il mio tempo, ma io perdo progressivamente il mio tempo man mano che vado avanti, sì con il mio lavoro, ma anche con la casa editrice per cui devo immaginare un margine di crescita,” dice Paolo Primavera, riferendosi alla problematica evidenziata da Matteo Pinna. “Non si tratta solo di economia, ma di come l’economia si riflette nello stile di vita delle persone. E questa cosa mi spaventa tantissimo.”
“Partendo dalla nostra esperienza di rivendicazione sindacale, immaginiamo un settorepiù sostenibile, in cui il modello economico non si basi sulla compressione feroce del costo del lavoro né su un uso opportunistico dei vari contratti, e dove il lavoro autonomo non venga preferito solo perché privo di regolamentazioni che lo limitino.” Redacta è una sezione del collettivo Acta, nata nel 2019 su iniziativa di alcune socie e soci con l’obiettivo di indagare le condizioni di lavoro nel settore dell’editoria libraria. “Fin dall’inizio, è emerso chiaramente come tutti e tutte condividessimo le stesse difficoltà: un senso di isolamento diffuso, un’estrema frammentazione del lavoro e compensi molto bassi, a fronte di un’elevata intensità lavorativa e di richieste di qualifiche sempre più alte”.
Da questa consapevolezza è nata l’esigenza di fare il punto della situazione. Dopo una serie di iniziative—interviste, focus group, riunioni territoriali e sondaggi—sono stati sviluppati strumenti concreti a supporto dei lavoratori e delle lavoratrici del settore, tra cui la “Guida ai compensi dignitosi”. “Questo documento stabilisce, per ogni prestazione professionale, un compenso che riteniamo equo, definendo al contempo delle tariffe orarie di riferimento.
Per la redazione della guida, ci siamo basati sul Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro per grafici ed editori, integrandolo con un principio di equo compenso che dovrebbe garantire una giusta corrispondenza tra il lavoro dipendente e quello freelance”.
Le problematiche che vengono messe in luce durante il panel purtroppo non sono delle novità per chi lavora all’interno dell’editoria libraria. Sebbene editori e lavoratori dell’editoria condividano uno stesso contesto editoriale troppo precario e poco sostenibile, esprimono esigenze e obiettivi diversi. “La lotta finale secondo me è pensare un’editoria differente come ad un’editoria che sia sostenibile, che secondo me è possibile. Quello è un obiettivo che possiamo inseguire insieme, collaborando non come entità separate, ma come delle squadre che collaborano, rispettando le diverse rivendicazioni che nascono da problematiche differenti”. dice a riguardo Giacomo Traini.
Risulta fondamentale, alla conclusione dell’incontro, la necessità di trovare un fronte comune, un punto di incontro, come risposta alla distesa frammentazione del settore, una convergenza, solidale, su un obiettivo comune.