Radicalizzazione online: tra alt-right ed estremismo di stampo islamista

Nello scorso articolo ci eravamo lasciate parlando dell’aumento dell’estremismo violento di destra sia negli Stati Uniti che in Europa e di come questo fenomeno stia acquisendo un carattere transnazionale. Avevamo anche accennato a come l’estremismo violento di destra sembra aver sviluppato una stretta interdipendenza con l’estremismo di matrice islamista, soprattutto in relazione a quelle che sono le analogie nella propaganda online.

Facciamo un passo indietro:

Prima di capire quali sono le analogie tra l’estremismo violento di destra e l’estremismo di stampo islamista, e come questi due fenomeni si influenzano e alimentano a vicenda, dobbiamo porre alcune basi per il discorso.

In primo luogo bisogna segnalare come negli ultimi anni abbiamo assistito all’emersione su internet di una sensibilità anti-establishment che si è espressa, anche, in una sorta di cultura fai-da-te fatta di meme e user generated content. Come spiega magistralmente Angela Nagle nel suo libro “Kill all normies” nel mondo online sono state combattute delle vere e proprie guerre culturali che, il più delle volte, non sono neanche state intercettate dal mainstream. In questa dimensione si è fatta strada una lotta al politically correct che ha spinto alla produzione di meme, connotati da un umorismo nero e da una trasgressione fine a se stessa. Questi meme sono stati spesso caratterizzati da un’irriverenza così esasperata da rendere complesso comprendere quanto il contenuto fosse realmente legato a un’idea politica e quanto invece fosse fatto solo per il “LOL”. Questo processo, tanto comunicativo quanto politico, si è nutrito del rifiuto di quel  conformismo intellettuale liberal, che caratterizza sia l’establishment politico che i media mainstream. In questo quadro chiunque si rilevi indifferente a questi temi è considerato come basic bitch o normie, in italiano normaloni, che secondo questa visione sarebbero i cd. conformisti,ossia persone che hanno omologato il loro pensiero, comportamento e abitudini al contesto sociale in cui vivono. In ogni caso è stato in mezzo a una di queste guerre online, che Trump è stato eletto Presidente e quello è stato in il momento in cui ciò che definiamo alt-right è diventata così importante. 

I meme, gli algoritmi e le echo chambers:

L’alt-right si fa strada a colpi di meme, parte da 4chan, passa per Reddit e Twitter, e arriva al mainstream grazie al meme di Pepe the Frog, che durante le presidenziali del 2016 negli Stati Uniti dominava l’immaginario comune. Se è vero che la comunicazione basata sulle immagini e l’ironia dei meme hanno aiutato l’alt-right ad avere così tanto seguito, è anche vero che non si può non considerare il fatto che fosse anche assente una componente libertaria e di sinistra in questo panorama. Successivamente la diffusione dei meme è stata favorita dall’avvento dei social media e dal fatto che questi abbiano perso tutti i loro layer, su altre piattaforme come 4chan, infatti, i meme erano caratterizzati da moltissimi layer (livelli di ironia) che li rendevano difficilmente comprensibili e accessibili a chiunque non frequentasse quello spazio online. 

A questo si è aggiunto il fatto che gli algoritmi, che governano le piattaforme, osservano gli autori e giocano un ruolo importante nel creare connessioni tra le persone che condividono gusti, posizioni, tendenze e in questo modo incrementano la creazione e il consolidamento delle cd. “bolle ideologiche”. Così concetti come il nazionalismo, il conservatorismo, il suprematismo bianco vengono fomentati all’interno di una echo chamber, ossia una camera dell’eco online, che amplifica un certo tipo di idea che è in grado di rinforzarsi a sola, grazie al meccanismo per cui si avrà una risposta a una risposta a una risposta, che molto probabilmente ogni volta sarà più radicale, arrabbiata e provocatoria, della precedente. Proprio in questo senso possiamo arrivare ad affermare che l’estrema tossicità di questi meccanismi giocano un ruolo fondamentale nel processo di radicalizzazione.

Ma lasciamo un attimo da parte l’alt-right e spostiamo l’attenzione sull’estremismo di stampo islamista: 

Nello specifico parliamo di Al-Qa’ida e dello Stato Islamico, due gruppi che pur essendo in una fase discendente e di riorganizzazione, continuano a mantenere saldo il loro rapporto con i propri seguaci e a questo fine, infatti, continuano a puntare tutto sulla propaganda e il proselitismo online. 

All’interno di #ReaCT2021, il rapporto sul terrorismo e il radicalismo in Europa, è stata sviluppata un’analisi complessiva della presenza online di questi gruppi, la quale ha evidenziato un notevole intensificarsi di queste attività, in particolare durante la pandemia. Nello specifico alcuni militanti dello Stato Islamico hanno proseguito con una narrazione sempre più aggressiva e conflittuale individuando il Coronavirus come un “soldato di Allah”, quindi un alleato capace di offrire una opportunità per colpire duramente gli infedeli. La propaganda di Al-Qa’ida, invece, si è concentrata su narrative molto più concilianti nei confronti dei non musulmani, tant’è che sono stati rivolti molti inviti alle nazioni occidentali ad aderire all’Islam, visto che la pandemia ha reso impotenti le loro economie e indebolito i governi.
In realtà anche Al-Qa’ida, come scritto nel documento “The Way Forward: A Word of Advice on the Coronavirus Pandemic”, pubblicato a Marzo 2020, ha a sua volta affermato che il Coronavirus è una punizione divina per la decadenza morale e intellettuale dell’Occidente. Proprio per questo ha fatto appello generale alle masse del mondo occidentale affinché abbraccino l’Islam.  

Analogie tra l’estremismo violento di destra e quello di matrice islamista. Grazie all’intenso uso della propaganda online queste forme di estremismo sono riuscite a diventare un fenomeno globale, quando originariamente erano caratterizzate da una dimensione locale. Inoltre l’estremismo violento di destra sembra imitare tecniche e narrazioni molto simili ai gruppi di Al-Qa’ida e dello Stato Islamico. Se da una parte la propaganda politica riguarda la presunta “sostituzione etnica ai danni dell’uomo bianco” e dall’altra, invece, si parla di una “guerra dell’Occidente contro l’Islam”, in entrambi i casi si ritiene che l’unica risposta legittima a questi attacchi sia quella del ricorso alle violenza.
Tutte e due le formazioni ricorrono ad un uso intenso dei social media a fini propagandistici e spesso pubblicano veri e propri manifesti politici, mentre i gruppi di stampo islamista diffondo video di martirio, quelli di estrema destra trasmettono in diretta streaming i loro attacchi.
Pensiamo a Brenton Tarrant, l’attentatore di Christchurch, in Nuova Zelanda, che assaltò due moschee uccidendo quasi 50 persone. Tarrant aveva pubblicato su 8chan un manifesto di 74 pagine in cui spiegava le sue ragioni, sui caricatori del fucile che ha utilizzato c’era scritto il nome di Luca Traini, l’attentatore di macerata, una figura di cui difficilmente avrebbe avuto conoscenza senza 4chan. La diretta video dell’attentato compiuto da Tarrant è studiata nei minimi dettagli proprio con l’obiettivo di diventare virale, ce ne accorgiamo dalla musica che ascolta durante la guida in auto, ripresa da alcuni contenuti YouTube di vari streamer, ma anche dalla scelta della diretta in prima persona, per cui guardando quel video sembra di essere in un videogioco. Complessivamente lo scopo di questo tipo di comunicazione è quello di creare una narrazione precisa e imitabile, dando una giustificazione ideologica a questi atti e idolatrando via via i “martiri” della causa.
A questo si aggiunge il fatto che le due formazioni si rafforzano a vicenda: da un lato gli estremisti di destra si scagliano contro gli “invasori della comunità musulmana”, dall’altro per gli estremisti di matrice islamica gli estremisti di destra rappresentano tutto l’Occidente. A ogni episodio di violenza, le due narrazioni si autoalimentano, basta vedere quelle che sono le reazioni in seguito a episodi di attacchi terroristici anche in Europa, che scatenano subito messaggi di odio verso la comunità musulmana con cui si invocano pene severe, controlli più rigidi e espulsioni di massa delle comunità migranti. Viceversa nel caso dell’attentato di Tarrant, per esempio, questo scatenò migliaia di reazioni da parte dello stato Islamico e di Al-Qa’ida, che invocavano violente ritorsioni. Questi meccanismi sono chiaramente amplificati dai social media e hanno come effetto quello di aumentare il numero di individui radicalizzati, alimentando il processo di “othering”. Quest’ultimo è un meccanismo in base al quale alcuni individui, o gruppi, sono definiti come non conformi con le norme sociali di riferimento, in pratica si tratta dello scontro “noi/loro”, quello che in italiano definiremmo un processo di alterizzazione.

Il contesto attuale. In un contesto di crisi politica, sociale ed economica, come quello in cui troviamo, che è stato aggravato dalla Pandemia da Covid-19, il tessuto sociale è sempre più fragile. Negli ultimi anni abbiamo assistito all’ascesa di esponenti politici di estrema destra che hanno fatto dell’estremismo violento un concetto mainstream, alimentando i processi di radicalizzazione fin qui descritti. Più questi processi di polarizzazione si amplificano, più sono capaci di produrre fratture irreversibili nel tessuto sociale. Credo fermamente che continuare a relegare questo tipo di fenomeni ed episodi, alla sola risposta poliziesca, giudiziaria e repressiva, sia una strada inutile, se non controproducente, sarebbe invece necessario un intervento diverso, in particolare politico, culturale e sociale.  

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