Qualche giorno fa è partita la raccolta di firme per il referendum che chiede l’abolizione delle norme che hanno introdotto il green pass. L’iniziativa, come abbiamo spiegato in un precedente articolo, è promossa da un comitato promotore costituito da cittadini, professionisti, studenti e che ha un comitato organizzativo costituito dall’avv. Olga Milanese; dal prof. Luca Marini docente di diritto internazionale alla Sapienza di Roma, già vice presidente del Comitato Nazionale per la Bioetica; dal prof. Francesco Benozzo, docente di filologia romanza all’Università di Bologna e responsabile scientifico di centri di ricerca internazionali di antropologia, linguistica e consapevolezza civica.
Ma non sono poche le voci anche di chi si è dichiarato critico nei confronti di questa iniziativa e di chi invita a non firmare.
“La scuola che accoglie”, per esempio, ha diffuso la lettera sottoscritta da un gruppo di docenti che ha sintetizzato alcuni punti sottolineati da più parti.
«Qualsiasi referendum che metta ai voti le libertà fondamentali è un referendum inutile e pericoloso. Ci sono princìpi che non si possono votare, si chiamano diritti: ‘l‘Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro’ non sul green pass, che sospende il lavoro a chi ne è sprovvisto, condannandolo all’indigenza. Il diritto al lavoro per tutti i cittadini italiani non può e non deve dipendere dall’esito di un referendum – si legge nella lettera – Le attuali disposizioni sul green pass sono incostituzionali, dunque temporanee, vincolate alla scadenza dello stato di emergenza. Lo stato di emergenza terminerà il 31 dicembre 2021 o verrà prorogato al massimo di qualche mese. Al suo termine decadranno anche le attuali disposizioni incostituzionali sul green pass in Italia, insieme agli organi creati per la gestione della pandemia: il comitato tecnico scientifico e la struttura commissariale».
«Non firmare per il referendum abrogativo del green pass non significa essere favorevoli al green pass – prosegue la lettera – significa aver compreso che il referendum è inutile perché si andrebbe a votare fra il 15 aprile e il 15 giugno 2022, quando gli attuali provvedimenti sul green pass non saranno più in vigore da mesi e perché il suo esito rischierebbe di indurre il governo a trasformare il green pass da strumento emergenziale temporaneo a provvedimento strutturale. È improbabile che lo stato di emergenza venga prolungato oltre qualche mese. Solo per mezzo di una nuova legge (incostituzionale) sarà possibile estendere la sua durata per un periodo più lungo.È invece probabile che il governo tenti di rendere strutturali le attuali disposizioni sul green pass oltre la loro scadenza, ma per farlo serviranno nuove leggi (incostituzionali) promulgate dalla futura maggioranza».
La tv ByoBlu ha poi raccolto alcuni altri pareri su questo referendum.
QUI la posizione dell’avvocato Lillo Massimiliano Musso
QUI la posizione dell’avvocato Giuseppe Palma
QUI la posizione del docente universitario Paolo Gibilisco
QUI la posizione di Diego Fusaro
E qui di seguito vi proponiamo la nota di replica alle critiche diffusa dal comitato promotore costituito dall’avvocato Olga Milanese e dai professori Luca Marini e Francesco Benozzo.
«Ci giungono da più parti notizie circa le perplessità e le critiche espresse da alcuni in ordine all’opportunità, all’efficacia e alla “matrice” politica dell’iniziativa referendaria da noi intrapresa.
Premettiamo, per sgombrare subito il campo da questo argomento, che si tratta di un referendum voluto, organizzato e promosso da comuni cittadini per i cittadini, al di fuori di qualsiasi matrice politica. I promotori si sono mossi a livello individuale e si sono incontrati strada facendo, pubblicando libri, organizzando o partecipando a interventi pubblici, rivolgendo manifesti e appelli alle più alte cariche dello Stato: e subendo sulla pelle, da più di un anno e mezzo, le conseguenze delle loro reazioni a questa grottesca deriva antidemocratica. Del resto, che l’iniziativa referendaria non goda dell’appoggio di alcun partito politico lo dimostra proprio la “trasversalità” dei rilievi mossi ai promotori.
Passando alle critiche in ordine all’opportunità dell’iniziativa referendaria, è appena il caso di ricordare che quella più diffusa, secondo cui “il Green Pass è illegittimo e basta, e fare un referendum vuol dire solo legittimarlo”, sembra ignorare o dimenticare che l’illegittimità di un provvedimento può essere accertata e dichiarata soltanto in sede giurisdizionale, e non – per quanto ciò possa a taluni dispiacere – sui social media. Per tacere del fatto che il referendum è in generale uno strumento di democrazia partecipativa, di interlocuzione diretta e formale tra cittadini e istituzioni, e che questo referendum in particolare è volto ad abrogare – e non a legittimare – la normativa sul Green Pass.
Un’altra diffusa critica è quella secondo cui “se fallisce il referendum, il Green Pass diventerà obbligatorio per 5 anni o definitivo”. A parte il malaugurio, questa critica offre in realtà lo spunto per ricordare – a quei pochi che davvero non lo sanno – che il Green Pass è già obbligatorio, perché introdotto in forza di provvedimenti normativi adottati dal Governo, perfettamente vigenti, alcuni dei quali convertiti in legge da parte del Parlamento.
Sulla durata temporale del Green Pass è, del resto, difficile pronunciarsi: vuoi perché i cittadini – compresi i promotori del referendum – non hanno la sfera di cristallo per prevedere le mosse del Governo, come l’ultimo anno e mezzo ha ampiamente dimostrato; vuoi perché il Green Pass è stato istituito con legge e atti aventi forza di legge e non con un DPCM e, pertanto, non solo non decadrà con la cessazione dello stato di emergenza, ma sarà sempre possibile estenderne la validità ai prossimi 5 o 10 o 20 anni, fino a renderlo definitivo per tutti. Che è proprio ciò che il referendum vuole evitare, andando a colpire gli atti istitutivi della misura.
In questo senso, anche l’ulteriore critica secondo cui “lo stato di emergenza termina il 31 dicembre e poi niente più Green Pass”, perde ogni utilità.
E veniamo all’efficacia del referendum. Che quest’ultimo si concretizzerà in uno sforzo molto oneroso, quasi una sfida titanica, lo sappiamo bene, ma crediamo in tutta onestà che questa sfida vada intrapresa senza esitazioni e con ogni mezzo lecito. E quindi vorremmo spiegarvi la prospettiva corretta in cui, a nostro avviso, inquadrare l’iniziativa referendaria sul Green Pass.
In primo luogo, va appena ricordato che, di fronte ad un atto legislativo o avente forza di legge – quale il Decreto Legge istitutivo del Green Pass – l’ordinamento italiano mette a disposizione dei suoi cittadini una serie di rimedi tra cui, appunto, i referendum abrogativi. Questa proposta di referendum, in particolare, non costituisce un punto di arrivo, ma una delle diverse iniziative che i promotori stanno promuovendo per combattere il nuovo totalitarismo, e si inserisce in un quadro organico di azioni, di cui è utile esaminare la tempistica.
Se riusciremo a raccogliere le firme necessarie per andare alle urne, ciò non avverrebbe comunque prima dell’aprile 2022. Può sembrare un’attesa lunga, in cui ciascuno di noi sarà chiamato a resistere e ad agire nei modi più lucidi e consapevoli; ma nel frattempo il Comitato organizzativo avrà studiato altre azioni, quali i ricorsi in sede giudiziaria, anche internazionale, oltre a quelle iniziative di dialogo “politico” che normalmente dovrebbero intercorrere tra i cittadini e i loro rappresentanti.
Se uno di questi tentativi andrà in porto, il problema potrebbe dirsi, ottimisticamente, risolto “alla radice”. Se, invece, tutti questi tentativi dovessero fallire, il referendum abrogativo dell’aprile 2022 costituirà davvero l’ultima chance per chi, come noi, intende opporsi ad un odioso strumento di discriminazione personale e sociale.
Per allora, gli italiani avranno vissuto un nuovo anno di torture, avranno testato il fallimento del Green Pass come strumento di limitazione dei contagi e non ne potranno più di portare al collo un cappio che si stringe e si allarga a piacimento di un Governo privo di qualsivoglia legittimazione popolare: fatti, questi, che potrebbero far crescere il fronte del no al Green Pass e determinare un’ampia partecipazione popolare al voto referendario.
Se anche il referendum fallirà, le avremo davvero tentate tutte e non avremo perso niente; ma se il referendum avrà successo, sarà perché abbiamo piantato oggi i semi di quel successo.
La vera sfida è riuscire a raccogliere in un lasso di tempo molto breve le firme necessarie: i numeri ci sono, ce lo confermano i gruppi con cui siamo in contatto, le piazze che continuano a riempirsi, gli studenti che iniziano ad alzare la testa, le offerte di collaborazione dei tanti che vogliono aiutarci, ciascuno nella propria città. Certo, i tempi sono stretti, ma occorre comunque tentare.
E, a questo riguardo, valga un’ultima osservazione, che intende rispondere anche ad altre critiche. Perché proporre il referendum ora e non dopo, tenuto anche conto dei possibili, ulteriori provvedimenti che il Governo potrebbe adottare (come, ad esempio, quelli sull’obbligo vaccinale)? Semplice. Perché dopo non sarà possibile: a causa delle scadenze incrociate derivanti dalla normativa referendaria e dalla scadenza della legislatura, infatti, non sarà più possibile presentare proposte referendarie fino alla metà del 2024.
Pertanto, a chi parla di rischi connessi all’iniziativa referendaria rispondiamo semplicemente che l’unico modo per non correre rischi è sedersi a braccia incrociate e adeguarsi alle disposizioni governative, proprio mentre le si giudica illegittime e proprio quando è il momento di lanciare un segnale chiaro e forte al Governo e allo Stato.
E che i cittadini avallano questo odioso strumento di discriminazione proprio nel momento in cui si servono del Green Pass: non quando lo contestano.
Ecco perché ci stiamo provando, qui e ora; ecco perché ci serve anche l’aiuto di quanti contestano il Green Pass”.
Olga Milanese, Luca Marini, Francesco Benozzo».
QUI la videointervista all’avvocato Milanese realizzata da ByoBlu