Roma “Non Sulla Nostra Pelle” – Le lavoratrici e i lavoratori migranti chiedono il ritiro del decreto Cutro

Migliaia di persone hanno partecipato venerdì 28 aprile alla manifestazione “Non sulla nostra pelle“, indetta dal Movimento Migranti e Rifugiati di Napoli, l’ex OPG – Je so’ Pazzo, USB e Potere al Popolo, alla quale hanno aderito numerose organizzazioni e realtà sociali con la presenza di delegazioni da tutta Italia. Il corteo, partito da piazza dell’Esquilino alle 15, è sceso lungo corso Cavour fino ad arrivare a via dei Fori Imperiali, per concludere gli interventi a pochi passi da piazza Venezia.

Nel corteo, le donne ed i bambini del movimento di Napoli, arrivati all’Esquilino con 12 pullman, erano in prima fila, ed aprivano la strada ad altri manifestanti che le seguivano tra striscioni e bandiere. C’erano le persone che hanno percorso la rotta mediterranea, o la rotta balcanica, per trovare una nuova vita, o chi è nata o nato in Italia da famiglie di cosiddetti “stranieri” e subisce forme violente e più sottili di discriminazione. Erano tutte e tutti lì per denunciare il razzismo strutturale e pervasivo che caratterizza i pensieri e le azioni delle istituzioni e della classe politica italiana.

La musica, le voci e gli slogan gridati dal corteo, si mischiavano con le storie e i discorsi, pronunciati al microfono da vari esponenti delle organizzazioni presenti, da persone che raccontavano le loro esperienze di vita, e da giovani che rivendicavano con furore i loro diritti, i loro sogni e i loro ideali. 

Gli interventi incitavano il governo a regolarizzare tutte e tutti i braccianti, i facchini, i rider, gli operai e tutte le lavoratrici e lavoratori immigrati, di concedere la residenza e il permesso di soggiorno sulla base della presenza in Italia, di avere accesso completo al servizio sanitario, e di garantire condizioni di lavoro dignitose e sicure. Togliere la protezione speciale significa rendere i lavoratori e le lavoratrici migranti maggiormente ricattabili e sfruttabili, obbligando loro ad accettare qualsiasi lavoro.

Si è contestato il decreto Cutro, gli accordi con la Libia, la guerra alle ONG, e i tagli al reddito di cittadinanza. Si è anche chiesto a gran voce di instaurare delle vie di accesso legali e dei corridoi umanitari per scongiurare altre morti di confine, di abolire i CPR, di instaurare una politica di pace e di fermare la vendita di armi e la partecipazione italiana ai conflitti. 

L’appello alla mobilitazione del 28 aprile ha ricevuto l’adesione anche del Forum Tunisino per i Diritti Economici e Sociali (FTDES). Da una parte all’altra del Mediterraneo la lotta è la stessa: quella contro un “sistema che nega i documenti e produce clandestinità per rendere i migranti più ricattabili” – come si legge nel comunicato di adesione alla contestazione 1.

È grazie alla collaborazione tra FTDES e Movimento Migranti Napoli, che al corteo è giunto uno striscione creato durante il sit-in di protesta alla sede dell’UNHCR di Tunisi, che ha visto unirsi fino a 500 persone, tra cui famiglie, persone vulnerabili e bambini, violentemente sgomberate lo scorso 10 aprile. Le cicliche proteste di questo tipo che si susseguono nel paese richiedono l’evacuazione dalla Tunisia, vie sicure per lasciare il paese e la liberazione delle compagne e dei compagni ancora detenuti dalle autorità tunisine.

Insieme allo striscione, il corteo ha potuto ascoltare anche la testimonianza audio di uno dei manifestanti a Tunisi che ha raccontato le dure condizioni in cui è costretta la loro vita e lotta quotidiana. 

Uno spazio offerto a dimostrazione che il Movimento delle persone migranti in Italia non dimentica chi ancora si trova sull’altra sponda del Mediterraneo, che non sono più disposti, in Europa o altrove, a permettere che siano sempre altri a parlare per loro e sulla loro pelle.

Ed infatti, Non Sulla Nostra Pelle è stata una manifestazione importantissima, perché a pochi giorni dal 25 aprile e prima del 1° maggio, le strade di Roma si sono riempite di persone, lavoratori e lavoratrici, che spesso non vengono ascoltate, e che vengono strumentalizzate per fini politici.

Rimane da vedere se il governo sarà in grado di sentire le grida del 28 aprile e perlomeno non procedere allo smantellamento della protezione speciale e al potenziamento dei Centri di Permanenza per il Rimpatrio, alcuni degli aspetti critici previsti nella conversione in legge del decreto Cutro; e come punto altrettanto dirimente, se il movimento riuscirà a creare una rete trasversale e più ampia di quella che ha indetto la giornata e che poi effettivamente è scesa in strada, che sia in grado di mantenere alta l’attenzione e la pressione sulla classe politica italiana ed europea.  

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